Vorrei innanzitutto ringraziarvi per avermi e averci consentito di essere qui oggi a condividere con voi un momento di felicità.
È bello constatare che la prima unione civile della storia di questo Paese venga celebrata in un luogo così ricco di significati come la Sala del Tricolore. Conosciamo la storia di questa sala, sappiamo cosa accadde qui il 7 gennaio del 1797: ricordarlo non vuole essere un dato retorico, che ogni tanto noi abbiamo il dovere di rammentare formalmente a chi passa di qui, circa il significato di quella che oggi è la sede della principale istituzione pubblica della città, il Consiglio comunale.
La storia di questa città non di rado ha incrociato la storia politica di questo Paese, a volte anticipandola, anche con momenti di sacrificio e di dolore. Qui il 7 gennaio 1797 si pose un importante passo in avanti nella celebrazione del congresso della Repubblica Cispadana, dando i natali al Primo Tricolore: fu un passo importante e fondamentale che dopo lungo tempo ci portò alla democrazia passando per l’antifascismo, la Liberazione e il percorso dell’assemblea Costituente. Reggio Emilia, però, è stata anche la città di altri momenti altamente significativi della storia democratica di questo Paese. È stata la città dei Martiri del 7 luglio, la città di un impegno costante e unitario della cittadinanza nello spingersi sempre più avanti nel livello di civiltà politica e democratica, questo sia nella storia della nostra comunità, sia in quella del nostro Paese. Il fatto che noi oggi siamo qui con voi, a celebrare la prima unione civile non di Reggio Emilia ma dell’Italia intera, e che siamo qui in un luogo così simbolicamente importante, è la dimostrazione che ancora una volta Reggio Emilia è stata all’altezza della situazione e pronta, nel momento in cui bisognava essere pronti per fare un passo avanti, nella conquista e nel riconoscimento di nuovi diritti.
Piergiorgio e Marco, io vorrei ringraziarvi anche per il vostro impegno personale anche in quella che è stata oggettivamente una battaglia politica per arrivare fin qui. Una battaglia che ha consentito e consente oggi, seppur con grande ritardo, di approdare a una grande conquista di civiltà, che riconosce e attua pienamente il principio di uguaglianza. E ben sappiamo quanto la democrazia si nutra del principio di uguaglianza e di un’aspirazione continua verso tale diritto, che non è mai definitivamente compiuto. Questo è capacità di riconoscere un valore più alto alla dignità della persona e contrasto a ogni forma di discriminazione. Penso di poter capire quanto sia stato impegnativo e doloroso, per chi ha combattuto questa battaglia, arrivare fin qui. Quando si celebra un matrimonio, e mi è capitato di celebrarne altri in questo luogo, si capisce che non è mai un momento formale o un atto contrattuale. Credo che lo sia tanto per chi arriva al matrimonio da un percorso di tipo religioso come per chi vi arriva attraverso un percorso civile, perché questo giorno consacra un principio, che è un progetto di vita fondato sul legame e gli affetti, su sentimenti forti e profondi. E quindi su un legame d’amore. Non c’è niente di più bello del diritto di amare e non c’è niente di più brutto di non avere il diritto di amare. Soprattutto per questo abbiamo impiegato davvero troppo tempo per superare ostacoli in questo Paese.
La famiglia in tutte le sue forme, le famiglie, è l’unità elementare da cui si propaga il sistema delle relazioni civili e sociali che tiene unita una comunità. Credo di poter dire che forse mai come in questa fase della storia, non solo di questo Paese ma dell’Europa intera e del mondo occidentale, sono sottoposti a grande pressione quelli che per tanto tempo sono stati i cardini fondamentali intorno ai quali si è costruita l’idea di democrazia, fondata sulla civiltà delle relazioni e sul riconoscimento dei diritti e delle libertà. Essere qui oggi a celebrare un passo avanti di civiltà sulla frontiera dei diritti civili è perciò un messaggio di grande speranza e fiducia, la dimostrazione che ce la si può fare anche se, come si è detto più volte, i diritti non te li regala nessuno e bisogna combattere per poterseli conquistare, senza dare mai per scontato che siano conquistati una volta per tutte.
Io credo che intorno a un legame familiare ci siano anche altri valori che accompagnano un progetto di vita fondato sull’amore, valori che ci tengono insieme tanto nella contingenza quotidiana, nelle piccole scelte di ciascuno di noi, quanto nei grandi e significativi momenti della storia collettiva delle persone. Questo credo sia un valore profondo che dobbiamo considerare per dare senso e significato a questo momento. Piergiorgio, nel libro che mi ha regalato, scrive che questo Paese arriva in ritardo a questo momento perché c’è stata anche una mancanza di sensibilità, e dentro la mancanza di sensibilità c’è una mancanza di umanità e dunque anche di senso politico. E quando c’è mancanza di senso politico c’è mancanza della capacità di comprendere ciò che serve per tenere insieme in modo civile una grande comunità di donne e di uomini. E quindi questo giorno ci dice che l’impegno per una visione progressiva dell’uomo non è mai definitivamente compiuto, che l’esperienza di Marco e Piergiorgio è sì un’esperienza individuale e di coppia, che si colloca però nel solco di un’esperienza collettiva. I grandi cambiamenti democratici e civili di una comunità sono sempre figli di una grande esperienza collettiva. Questo, almeno dal mio punto di vista, è il senso profondo di questo momento, di cui noi vi ringraziamo.
Voglio chiudere queste mie considerazioni leggendo alcune parole scritte dal primo parlamentare gay della storia degli Stati Uniti d’America, Harvey Milk, che disse: ‘Non occorrono compromessi per dare alle persone i loro diritti, non occorrono soldi per rispettare l’individuo, non occorrono accordi politici per dare alle persone la libertà. Non occorre un’indagine per rimuovere la repressione’.
Grazie, e buona fortuna a nome di tutta la città del Tricolore.