Mai birdwatching è stato più fruttuoso, specie nell’applicazione dei sistemi complessi in fisica. Nella fattispecie il volo degli stormi di storni che il recente premio Nobel Giorgio Parisi ha osservato a lungo e per anni nei cieli romani all’imbrunire, chiedendosi la ratio fisico-matematica di quelle rapidissime variazioni, dato che su quella etnologico-biologica era già stato ampiamente scritto.
L’ouverture ornitologica, non casuale ma per arricchire di elementi vitali ed esistenziali il lungo percorso che porta infine al più ambito dei riconoscimenti scientifici, è servita qualche sera fa alla fisica teorica Raffaella Burioni (peraltro sorella del noto virologo Roberto, oggi star tv), ospite del Rotary, a tratteggiare personalità e bagaglio culturale del suo mentore nonché professore con cui ha discusso la tesi di laurea, il Nobel Parisi appunto.
Anche il curriculum della Burioni è di tutto rispetto: oggi è professore ordinario di Fisica teorica all’università di Parma ma è stata, tra l’altro, tra i fondatori della Società italiana di Fisica statistica. Proprio questa branca della Fisica, la fisica statistica dicevamo, anche applicata ai sistemi biologici (Parisi ha vinto in soldoni il Nobel grazie all’applicazione delle sue scoperte al sistema dei cambiamenti climatici), è il suo pane quotidiano. E l’intervento della Burioni davanti all’interessatissima platea rotariana, si è snodato soprattutto sull’importanza dei modelli scientifici teorici capaci di fondare il loro potere descrittivo-esplicativo sull’esemplificazione dei fenomeni.
Dai voli pindarici a quelli degli storni parisiani il passo non è stato affatto breve (ma da Galileo in poi ha ricevuto una bella sferzata). Ed oggi quelle traiettorie, che restano parzialmente avvolte nel mistero, sono ancora lì a testimoniare non tanto o non solo dell’importanza della scienza (dato ormai assodato), ma soprattutto della necessità che le sue scoperte non si fermino mai