Dai silenzi al blues. La fotografia di Riccardo Varini

Originale introspettiva nel’universo dell’artista reggiano

Valentina Barbieri

Appoggiamo lo sguardo al buco della serratura: silenzio, bellezza, tempo, carta cotone, blues, paesaggio. Tutto contenuto in un battito fotografico di Riccardo Varini, artista orgogliosamente reggiano. La sua galleria “Torno subito” è un colpo di chiaro, una collezione di bianchi e sfumati che appianano la frenesia quotidiana in una dimensione sospesa.

Fotografo da più di trent’anni, ha ereditato dal padre Luigi l’amore per la pianura padana e la semplicità. Pittore mancato, come lui stesso si definisce, è fedele al chiarismo e alla sobrietà del pittore conterraneo Gino Gandini, della scuola di Morandi. Influenzato dalla fotografia di Luigi Ghirri fin dal loro primo incontro avvenuto nel 1984, Varini ha sempre mantenuto la sua unicità rarefatta. Le sue opere sono state archiviate al CSAC(Centro studi e archivio della comunicazione dell’Università di Parma) dopo le valutazioni positive del professore Arturo Carlo Quintavalle e Gloria Bianchino. Inoltre nel 2009 il suo progetto “Silenzi” è stato il più votato dal pubblico e dalla critica in occasione di “Fotografia Europea Reggio Emilia”. La mostra personale Foto-grafie inaugurata alla libreria galleria Einaudi di Mantova ha riscosso recentemente grande successo.

In occasione di Fotografia Europea 2012 è in corso alla Biblioteca delle arti da giovedì 10 maggio la mostra “Zero-uno, visione di uno spazio comune” realizzata dai fotografi Cna, tra cui lo stesso Riccardo Varini. Inoltre alla galleria “Torno Subito” è stata inaugurata la mostra “Storie di blues”, a cura di Riccardo Varini con Lorenzo Immovilli, Tosi Dischi 2.0, Kayman Records. Durante le serate d’inaugurazione sono previsti anche concerti blues dal vivo.

Ricucire l’anagramma dell’opera di Varini è come cercare di fare spazio in un luogo emotivo e spaziale in perpetua metamorfosi. Proprio perché l’apparente igiene spaziale dei suoi scatti nasconde una meditazione lenta sul divenire, instancabile e sconvolgente.

La fotografia  nasce dal SILENZIO “ Quando suono flamenco mi sanguinano le dita. Quando scatto, faccio un passo indietro. Devo essere solo, in tensione con il mondo. E mi concedo una pausa per pensare, non per stupire”.

Alla ricerca della BELLEZZA “ Che è vocazione. Essenziale eleganza e sobrietà. Senza frastuoni, senza orpelli inutili”.

In lotta contro il TEMPO “ La società oggi è in preda alla più triste schizofrenia dell’immagine. Tutti si sentono appagati con un clic. Nessuno stampa. Nessuno più si ritaglia il tempo del ricordo e della riflessione davanti ad una fotografia. Io sono lento, metodico”.

Su CARTA COTONE “che è il mio supporto da una decina di anni. I colori sulla carta cotone appaiono acquerellati, mai accesi.”.

Al ritmo di BLUES “ Note sanguigne, sofferenti. Vive nella loro profondità melanconica.Come nel flamenco, nel duende”.

Dentro al PAESAGGIO “Che per me è tutto. Non paesaggio descrittivo, ma emotivo. L’oggetto è un pre testo, è punto di partenza per dire altro. Le immagini le ho dentro e cerco l’accordo con la natura, con il luogo che possa esprimere quell’emozione precisa.”

In ricordo di LUIGI GHIRRI “ Un filosofo che andava oltre le regole della composizione. Un pionere, mai arrogante. Un poeta”

Anche per Riccardo Varini la fotografia è innanzitutto poesia dell’anima. Sintesi, mai asettica. Perché un campo innevato disturbato da un solo albero in lontananza è profonda concentrazione di sentimento. Mai astinenza dal sentire.

Come “i colori brillanti che non trasmettono calore” di Edward Hopper. Pittore statunitense al centro del nuovo studio di Varini sulle “Stanze” della solitudine e dell’emozione.

Conclusa l’esperienza mantovana, Riccardo Varini dal 4 al 6 maggio è stato ospitato al MIA-Milan Image Art Fair di Milano, dove ha ricevuto un doppio riconoscimento. Inoltre il celebre “alberino” di Varini(Silenzi, 2009) è recentemente apparso sul sito web di Le Monde.

E così il fotografo reggiano continua senza sosta a “guardare il guardare” con garbo per restituirci non luoghi eterni.

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