di Piero Meucci
Firenze – Come si può non essere curiosi di approfondire l’esperienza politica di Giuseppe Conte, ora impegnato a dare un senso alla sua scelta di diventare il capo politico del Movimento 5 Stelle dopo esserne stato il garante, il notaio, poi ancora arbitro fra le diverse componenti interne e alla fine persuasore e stimolatore di un’alleanza di centrosinistra con il Pd?
Scusate l’anacronismo, ma certo analoga curiosità suscitarono a suo tempo le ascese fulminee dei generali napoleonici diventati re come quelle di tanti homines novi che le circostanze storiche portano al vertice del potere. La differenza è che Conte ha dovuto imparare la scienza del governo affrontando emergenze come il crollo del ponte Morandi e una di quelle grandi catastrofi naturali che accadono ogni due o tre generazioni come la pandemia.
A metter a fuoco a tutto tondo la personalità di Conte, professore e avvocato pugliese di 57 anni, e i tratti salienti della sua duplice esperienza di guida di un governo di destra (dal 1 giugno 2018 al 4 settembre 2019) con la Lega e uno di sinistra (dal 5 settembre 2019 al 13 febbraio 2021) con il Pd e Leu ci aiuta un libro uscito da poche settimane per i tipi di Ets di Pisa: “Giuseppe Conte, il carattere di una politica”, scritto da Rita Bruschi e Gregorio De Paola. La prima filosofa e psicologa, il secondo filosofo, docente e saggista: nessuno dei due, come è scritto nella bandella del volume “è iscritto a partiti o movimenti politici” e tutti e due “amano definirsi cittadini”.
Gli autori non nascondono fino dall’inizio l’approccio positivo e una forte simpatia verso il loro personaggio e il movimento che lo ha espresso: “Il cittadino Presidente ha incarnato un modo di fare politica che si è rivelato capace oltre che di conseguire importanti risultati per le sorti del Paese, anche di suscitare e sostenere il sentimento della speranza di un paese migliore costruibile con l’impegno, la competenza, la lealtà, la responsabilità, la sincera dedizione, da parte di tutti, ma specialmente di chi ha ruoli di potere”.
Da studiosi comunque attenti ad argomentare le loro tesi in modo il più possibile convincente, Bruschi e De Paola costruiscono il loro giudizio attraverso un’amplissima analisi dei messaggi che hanno riempito in questi due ultimi anni i social e che in grande maggioranza enfatizzano l’onestà e l’approccio etico di Conte alle scelte di governo, “mantenendo la bussola della priorità assoluta dell’interesse generale”. Un consenso che viene tuttora registrato dai periodici sondaggi demoscopici che lo vedono ai primi posti insieme a Mario Draghi nel favore dell’opinione pubblica.
Guardando alle parabole politiche di altri homines novi della recente storia politica italiana (qualche esempio: Mario Segni, Antonio Di Pietro, Mario Monti), l’interrogativo fondamentale che si pone con lui è come sia riuscito uno sconosciuto a rimanere nella posizione più alta di governo per un tempo non breve.
Per dare una risposta gli autori hanno analizzato circa trecento discorsi e centinaia di video con interviste e conferenze stampa. Prova ne è l’ingente quantità di citazioni che contiene il volume di più di 300 pagine. Così come hanno preso in considerazione tutti gli aspetti dell’immagine pubblica e privata dell’uomo Conte, dalla sua dichiarazione dei redditi fino alla sua attitudine di vestire in modo impeccabile e alla sua abilità nel fare il nodo doppio della cravatta.
Una ricostruzione pezzo per pezzo della personalità e del pensiero del loro oggetto di studio, mettendo a frutto le loro competenze filosofiche e psicologiche. Come farebbe un avveduto collegio di difesa in un immaginario processo che vede Conte nella veste di imputato e gli avversari politici e parte della stampa in quella dell’accusa.
Che il loro oggetto di studio sia un outsider che ragiona con un rapporto diverso verso il potere è una verità incontrovertibile. Così come indiscutibile è la sua onestà e il suo spirito di servizio. In discussione rimane tuttavia la questione sull’efficacia della sua azione di governo. Bruschi e De Paola non hanno dubbi: “Piaccia o no, uno sconosciuto privo di precedenti esperienze politiche si è rivelato all’altezza del compito e ha saputo condurre il Paese con innegabile attitudine e perizia, come minimo non inferiori a quelle di diversi suoi predecessori”.
In questo giornale abbiamo già scritto che Conte “premier della porta accanto” è stato sicuramente il personaggio giusto al momento giusto soprattutto per la sua capacità “tranquilla” di portare gli italiani ad accettare le durezze di un regime di confinamento per combattere la calamità pandemica. E’ stato in grado di ridare autorevolezza alle istituzioni e alla dialettica dei partiti. Non da ultimo con il rispetto delle forme, il riferirsi costante alla fiducia e alla responsabilità, l’attenzione a qualunque interlocutore e le reazioni sempre misurate. Mettendo così in fuori gioco un esponente della politica della prepotenza verbale come il suo (diventato) arcirivale Matteo Salvini.
Resta però da dimostrare che in questi tre anni di presidenza “per caso” il professor Conte abbia imparato a fare politica. La gestione della crisi, prima interna e poi esterna, aperta da Matteo Renzi e Italia Viva, è stata tutt’altro che priva di errori, confrontata alla determinazione delle forze che si stavano muovendo intorno a lui. Forse è stata insufficiente la capacità di mettere a fuoco ciò che non corrispondeva più all’evolversi delle necessità e delle esigenze di settori fondamentali per la ripresa del post pandemia: in primo luogo la gestione delle ingenti risorse messe a disposizione dell’Unione europea.
Dagli errori e dalle cadute comunque si impara molto di più di quando soffia il vento favorevole. Ora nella complicata sfida di fare del Movimento 5 Stelle una forza politica strutturata e ben organizzata perché funzioni il processo di formazione delle opinioni e delle posizioni, Conte cercherà di far valere ciò che ha imparato in tre anni nel centro del potere.
“Essersi trovato catapultato direttamente al vertice dell’esecutivo – scrivono gli autori nell’ultimo capitolo del libro “Una particolare idea di politica” – ha consentito a Conte di non essere costretto, per così dire a sporcarsi le mani, a conquistare rango e consensi ricorrendo a slogan semplificatori e demagogici, né a sgomitare e scendere a compromessi per scalare faticosamente i gradini della gerarchia dentro i partiti più o meno padronali”.
Un politico di razza deve però conoscere anche quella cucina meno nobile, dove ci si può sporcare le mani. La vera grandezza è mantenersi integro e restare fedele ai propri ideali anche in quegli angoli oscuri della gestione del potere. L’approccio al suo nuovo lavoro è stato perfettamente in linea con il personaggio delineato nel libro di Bruschi e De Paola: “Le parole che avete usato sono state giudicate aggressive – ha detto all’assemblea degli eletti del M5S – l’assalto al palazzo non poteva essere giocato di fioretto, ma ogni fase ha la sua storia: servono ora le parole giuste, non bisogna sottovalutare il loro potere trasformativo”.