Cuochi coi nervi a pezzi: il critico mascherato Visintin a S.Vittoria

image1Uno spettro vestito di nero e con il volto coperto si aggira nel cortile di Palazzo Greppi, ma non è un fantasma. E’ la cattiva coscienza del mondo tutto pignatte, lustrini e pailettes degli chef stellati Made in Italy, è il giustiziere di tutte le fuffe, l’inflessibile e beffardo fustigatore dei molti vizi e delle fragili virtù della ristorazione italiana.

È Valerio M. Visintin, il critico mascherato del Corriere della Sera, che difende il proprio anonimato col passamontagna per evitare di essere riconosciuto dai ristoratori che deve recensire.

Invitato da Boorea e dalla Cooperativa Comunità di Santa Vittoria, con la fattiva complicità del Comune di Gualtieri, a presentare il suo nuovo libro, fresco fresco di stampa, “Cuochi sull’orlo di una crisi di nervi“, il celebre critico di cui nessuno conosce il volto non ha deluso le attese.

Può sembrare curioso, ma a pensarci bene non lo è troppo, che la prima presentazione nazionale del libro sia avvenuta in un paesino, che è sì periferia di una città, Reggio Emilia, a sua volta periferica rispetto ad altre più celebrate capitali gastronomiche italiane (Modena, Parma), ma che è anche stato culla del movimento cooperativo, a cavallo tra il XIX e il XX secolo, con la gloriosa Cooperativa Braccianti di Santa Vittoria.

IMG_2635A Palazzo Greppi, con lo stesso tono scanzonato che permea le pagine del libro, Visintin ha fatto letteralmente a pezzi le icone più venerate dell’alta cucina italiana.

Bottura,il Massimo nazionale, uno che dedica i suoi piatti a Pollock ed esige che gli addetti di sala della Francescana sappiano tutto dei futuristi russi (ah, ma non è Lercio), infila a go-go la parola ‘cultura’ in ogni frase che pronuncia. Ma “un pool di cervelloni della Pennsylvania University – spiega Visintin – ha preso in esame i sermoni emanati urbi et orbi dallo chef Bottura Massimo negli ultimi due anni. Dallo studio risulta che, sostituendo il vocabolo ‘cultura’ con ‘sarchiapone’, non vi sarebbe alcuna alterazione del pensiero botturiano”.

IMG_2636Lo chef vegetariano Leeman prega davanti all’acqua perché è convinto che le preci la rendano più buona, “ma nel suo ristorante – dice Visintin – le preghiere le ho sempre limitate a quei terribili momenti che intercorrono in attesa del conto”.

Poi ci sono le foodblogger col tacco 12, le ‘groupie del food’, che Visintin chiama ‘fuffblogger’ per il contenuto spesso vacuo delle loro recensioni, e gli “invitati speciali’, sottospecie di scrocconi pronti a barattare una recensione favorevole con un pranzo gratis. Quindi ci sono ‘quelli che aspettano ‘Identitá Golose’, la mega kermesse di eventi, showcooking e umanità varia ordita dal giornalista Paolo Marchi, che Visintin ama scrivere con la k al posto del ch. Visintin denuncia col sorriso sulle labbra, che possiamo solo intuire sotto il passamontagna nero, ma con parole pesanti come mazzate, le commistioni di interessi tra giornalisti che fanno consulenze per gli chef e chef che fanno lauti affari insieme ai giornalisti. Nel libro non mancano neanche le indicazioni dei casi nei quali è consigliabile alzare i tacchi e andarsene a gambe levate dal ristorante.

“Vi domandano se volete un aperitivo? Si tratta, con ogni probabilità, di un’offerta ingannevole, che ritroverete sonoramente sul conto. Rispondete:’Lo sa che non ci avevamo pensato? Grazie mille! Andiamo subito a berne uno al bar di fronte!'”. Visintin, insomma, è la mosca bianca di un mondo, quello del cibo, dove dominano conformismo e opportunismo, e dove alla fine chi vince è chi fattura, e chi perde è il popolo-bue dei selfie che paga più del dovuto le prestazioni di cuochi che non sempre sanno cucinare bene, ma sanno vendere benissimo quello che cucinano.

Perciò Visintin oggi è senza dubbio il più grande critico enogastronomico italiano, ed è destinato a rimanerlo a lungo, almeno fino a quando non deciderà di monetizzare la sua fama ‘dispensando consulenze ai ristoratori’ – che potranno godere, per buon peso, anche di qualche suo benevolo scritto – e comprare finalmente alla sua signora la ‘pelliccia in pelo di chef’, ‘il dobermann bonsai e il Suv a due piani’. La potenza mediatica di cui godono cantori e aedi dello chef-star system è tale da far dire al critico mascherato: “I miei colleghi mi odiano ma non mi temono”. Questo è probabilmente anche il miglior epitaffio per una categoria, i giornalisti, che “Cuore” definì la seconda più antica professione al mondo.

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