Sarà, ma da quando non esiste più un Assessorato alla Cultura con specifico titolare (ovvero dall’inizio dell’era Vecchi diciamo così), la differenziazione delle proposte ludico-formative apparse in città è più marcata, lo diciamo come dato di cronaca senza eccezione alcuna di merito. E’ un dato di fatto.
Prendete ad esempio le tre mostre principali attualmente in corso: quella alla Panizzi sul “D’Arzo ritrovato“, quella ai Civici Musei sulla via Emilia romana (ma non solo) e infine quella a Palazzo Magnani (probabile sede di un Assessorato alla Cultura quantomeno “ombra” ancorché non ufficiale) sull’ipotetica linea che unirebbe Kandisnky a Cage (con intermediari vari). Possono soddisfare o meno l’eventuale fruitore (de gustibus…ma noi in realtà cerchiamo la disputa elegante ed educata) eppure quello che emerge con una certa evidenza è la diversa sensibilità che sottende gli allestimenti. Come se la geografia formativa di Reggio vivesse un periodo di tripartizione ancor più che transizione.
Per esemplificare al meglio la tesi da cui parte il nostro assunto, vi riproponiamo accostati anche spazialmente i video-documentari che abbiamo ultimamente realizzato sulla triplice proposta. Così che possiate verificare o soltanto vedere o rivedere il prodotto in questione. Fisica e cartacea quella alla Panizzi (forse in una biblioteca non avrebbe potuto essere altrimenti), di natura diciamo così “oggettiva” dove il materiale esposto è al centro del percorso conoscitivo offerto al visitatore. Più “soggettiva” e “ricostruttiva” invece quella dei Musei (non che manchino i reperti ma cambia il concept espositivo) ove invece la commistione con la riproduzione virtuale è decisiva nel continuo passaggio spazio-temporale dall’antica strada alle moderne arterie. Marcatamente “concettuale” e “spiritualista” infine quella di Palazzo Magnani, ove anche in questo caso i “pezzi” (le opere) esistono ma dove è altrettanto evidente l’intento dimostrativo di una teoria allestitiva. Quella cioè che gli autori e gli artisti ivi presentati siano effettivamente legati, a prescindere, da un filo rosso che non sia solo l’arco temporale in cui hanno vissuto e creato.
L’offerta nella sua diversificazione risente anche dello stile e della formazione delle generazioni di curatori alle spalle ma, ed è la domanda con cui cerchiamo di stimolare il dibattito, la disomogeneità è sempre una ricchezza o piuttosto, a volte, la conseguenza di un mancato percorso ragionato condiviso? A voi la palla…o meglio, le mostre.