Prato – Nell’anno dell’Expo 2015 ,” Nutrire il pianeta, energia per la vita” dedicato alle colture della terra, i protagonisti in cucina in una calda sera di maggio sono stati i prodotti del territorio di due belle isole adagiate nel mare di casa nostra, la Sicilia e l’Elba i cui profumi catturati magistralmente nelle ricette dell’oste e cuoco Filippo La Mantia, sono portati in tavola dallo chef di cucina, l’elbano e commentati da Alvaro Claudi un cultore della buona tavola, nativo di Scarperia ma da quarant’anni residente a Portoferraio,in località Schiopparello, la persona più colta in campo enogastronomico che possiamo incontrare sull’isola.
Innamorato di questa terra, ancora selvaggia e a tratti ingentilita dalle colline che degradano verso il mare dall’azzurro intenso, ama definirsi un appassionato e storico della cucina, che all’Elba ha dato tanto per amore forse molto più di tanti elbani, che sono nati qui. Un’isola, racconta, che ha visto sin dalla notte dei tempi un susseguirsi di ondate migratorie di pescatori provenienti dalla Sicilia e da Ponza, di lombardi, di modenesi e di popolazioni che dall’Appenino pistoiese venivano a zappare nelle vigne, che solo da pochi anni producono un buon vino da tavola che si sta affermando con ottimi risultati nei mercati internazionali, o a lavorare nelle miniere.
Forse così si spiega l’originalità della cucina elbana che non si manifesta in una unica espressione culturale e popolare ma in diverse realtà gastronomiche per l’insistere, in alcune zone dell’isola, di genti venute da altre isole e dal continente. Con ricette antiche alla mano fa notare che a Porto Azzurro per la dominazione del Regno di Napoli, non mancano i sapori che ricordano la cucina meridionale, così come a Portoferraio gli indigeni ancora oggi consumano un piatto preparato con la farina gialla,”il bordatino”che è la tipica zuppa di fagioli con cavolo nero e farina di mais tipica delle zone dell’Italia centrale.
Tradizioni della cucina contadina importate da altre quotidianità ma che convivono in pari dignità con le usanze locali,alcune delle quali si perdono nella notte dei tempi, come quella dell’antichissimo rito di cucinare le interiora della capra,animale domestico amatissimo dalle famiglie povere dell’Elba, un compito svolto esclusivamente dai maschi di casa, in occasioni speciali, lontano dai focolari domestici, seguendo l’antico costume dei padri.
Le buone pietanze della cucina “povera”qui trovano compiutezza nei sapori forti delle erbe selvatiche, delle verdure e della borragine che nascono spontanee e possono essere preparate come zuppe o frittate o accompagnare i cibi di terra come le carni soprattutto di capra e di cinghiale, e di mare, i pesci di lisca: palamite, tonnetti,sarde, zinni in un perfetto equilibrio di sapori, come avviene nella preparazione della ricetta del Gurguglione dove sono messe a cottura nel brodo una gran quantità di verdure: pomodori, melanzane, patate cavolfiore, peperoni, fagiolini, cipolle,carciofi e sedano mescolati alla tonnina salata (filetto o ventresca di tonno) e insaporite da olio d’oliva e peperoncino poi profumate al basilico.
Odori della terra completamente assenti, invece, nella preparazione del polipo, che Alvaro Claudi innalza a simbolo dell’isola d’Elba, perché animale marino con otto tentacoli come otto sono i comuni dell’isola, pescato dagli abitanti solo in ricorrenze speciali, e che per essere gustato al meglio deve essere immerso in acqua salatissima per tre volte perché assuma la forma a margherita, e non si spelli.
Il segreto è la cottura, che deve durare circa venti minuti per chilo, poi il polipo deve rimanere nella sua acqua di cottura per altrettanto tempo, per poi essere impiattato e servito naturale con una unica concessione per chi ama i sapori decisi: una spolverata di peperoncino macinato fresco.
Foto: Cous Cous con acciughe marinate e centrifugato di sedano di Filippo La Mantia, impiantato dallo Chef Paolo Balestrazzi e commentato nelle cucine dall’enogastronomo Alvaro Claudi