Pistoia – E riparte da un ” Noi” Matteo Renzi. Nessun uomo solo al comando, nessuno che debba prendersi la colpa di un insuccesso, ma una comunità grande e coesa che non lo ha mai abbandonato, quella presente nella tre giorni del Lingotto, a Torino. Laddove tutto iniziò, con Valter Veltroni ed il Pd, con una idea moderna di partito, pensato per unire le forze di centro sinistra e per creare quella forza importante e necessaria per sconfiggere la destra.
A guardarla oggi, questa sfida, appare un fallimento, perché se il confronto non è riuscito a creare sostanza, ma solo continue divergenze, probabilmente non è stato un progetto politico poi così vincente. O forse sono gli uomini che non lo hanno favorito, gli errori? È proprio evocando il grande valore della collettività, specie nella parte finale del suo discorso, che l’ex Segretario ribadisce il concetto del -Noi- “Curiosi e tenaci, dobbiamo riscoprire il ‘noi’, noi che siamo un popolo e non un ammasso di persone. Non c’è parola più bella di comunità. Mettiamoci al lavoro, insieme”.
Una kermesse di cui è stato già detto tutto, nella quale Renzi ha sapientemente e puntualmente affrontato i tanti temi sociali e politici di cui un partito deve occuparsi. Non sono mancati gli attacchi agli scissionisti, era prevedibile, sferrando il colpo al cuore agli Amarcord da Bandiera Rossa ” da macchietta” dal pugno chiuso ( magari ricordando di alzare quello giusto, qualcuno sottolinea dalla platea) a Bella ciao: ” Non è così che si crea lavoro, servono azioni diverse. Non reduci ma eredi” ribadisce. C’è da capire se il cambiamento lanciato dal palco del Lingotto sarà davvero di stampo pluralista ed inclusivo. Cambio di passo, non rottamando, quindi, ma dando merito a chi potrà dare supporto e contenuti importanti e professionali. Ripartire dal ” basso”, per dare voce a chi spesso non ne ha. Non più i ” soliti noti “, sembra dire l’ex Segretario, ma forme diverse di partecipazione ed inclusione dei giovani Millennium. Sul palco, infatti, nomina persino un ragazzo sedicenne che pare averlo messo in difficoltà con le sue domande, nel back stage.
Sul palco, tra gli altri, Paolo Gentiloni, iper criticato perché dato il suo ruolo, avrebbe dovuto tenere una opportuna distanza dall’evento, Maurizio Martina, con il quale ha creato una stretta ed importante alleanza politica, Tommaso Nannicini, che ha racchiuso nel suo intervento il sunto dei diversi tavoli di lavoro, resi possibili da coordinatori e coordinatrici competenti nelle varie tematiche, per dare corpo, così, al manifesto del partito.
Super applausi a molti degli interventi, tra i quali Maria Elena Boschi, che ha ricordato il valore delle politiche di genere e le battaglie dei diritti per tutti, resi possibili dal Governo Renzi. E poi Matteo Richetti, che non gli ha risparmiato “simpatiche” tirate di orecchie e che ha ribadito con forza che quel ” noi” lo è sin dall’inizio, un noi insieme, con tutti i tanti militanti che non hanno mai smesso di lottare.
Più di 5mila persone, arrivate da ogni parte d’Italia hanno affollato il padiglione del Lingotto Fiere. Non manca l’attacco ai fuoriusciti dal Pd: “Quella dei bersaniani è stata una scelta legittima. Ma non la chiamerei scissione. Una scissione implica che ci sia una decisione sulla base di una mozione politica, mentre qui si è deciso di andare via per altre ragioni” ed aggiunge “Avremo fatto qualche errore, ma non accettiamo di stare fermi a guardare. Per la prima volta, i padri, per non lasciare i figli dilapidare il patrimonio, abbandonano i figli, lasciando il centrosinistra italiano”.
E poi Minniti sul tema Sicurezza, ” un tema importante per lasciarlo alla destra”, Fedeli che sulla Scuole e Ricerca chiede maggiori investimenti, Cecile Kyenge che sferra invece un destro a Salvini, e gli dice chiaro che : “Ha il sacrosanto diritto di parlare, ma noi abbiamo il sacrosanto diritto di chiamare le sue parole per quello che sono: istigazione all’odio. Salvini ha incitato alla pulizia di massa. Sono parole che hanno un preciso significato nella storia italiana e europea”.
Poi Franceschini, Bonaccini, che scalda la immensa platea con una domanda diretta : “Cosa deve ancora succedere perché nel centrosinistra la si smetta di dividersi quando gli avversari dovrebbero chiamarsi Salvini e Grillo?”
Molto intenso anche l’intervento di Debora Serracchiani, che inizia con il ricordo di una citazione di D’Alema del 1995 : “Il compito della mia generazione è portare la sinistra italiana al governo” e aggiunge : “Non accettiamo nessuna lezione da chi prima ha ucciso Ulivo e adesso sta cercando di uccidere il Partito democratico”. Ed è molto diretta pure con gli scissionisti : “Pisapia è la sinistra a cui guardare, ma chi è uscito dal Pd non pensi di rientrare con quel listone. La soluzione non è girare le spalle, andarsene vigliaccamente e poi condizionare il partito da cui si è usciti, non ci faremo condizionare”.
Tutti interventi diretti a chiarire le varie posizioni ma anche gli obbiettivi ed i programmi. Sicuramente, in seconda battuta, dopo Renzi, il più applaudito è stato Piero Fassino. Una grande e calorosa accoglienza, uno scroscio di applausi che lui onora con una frase : “Non fatemi commuovere all’inizio del discorso…”. Parla di partito e della consapevolezza che il lancio del progetto del Pd sia oggi l’unica speranza per combattere l’insicurezza generata dalla crisi”. E sulle alleanze riafferma che “l’obbiettivo resta la vocazione maggioritaria, che non è autosufficienza, ma una forza aggregante per costruire un campo più largo”.
Ed ecco Matteo Renzi con il suo finale : ” Tecnicamente parlando c’è stata un botto di gente, nonostante le polemiche dell’ultimo periodo”, dice appena salito sul palco, ritrovando la sua enfasi, e ridando energia al suo popolo forse u pò ” malato” di riformismo politico, come dicono, ma sicuramente anche molto motivato e passionale. Il colpo del 4 dicembre c’è stato, senza dubbio, e lui lo ha preso in faccia, totalmente, addossandosi la responsabilità della sconfitta referendaria. Forse sbagliando, o forse dando segno di grande serietà e rispetto per tutti. Molti dei “lingottiani ” propendono per la seconda ipotesi.
“L’elemento chiave che forse non siamo stati bravi a raccontare – dice Renzi- è che qui c’è un popolo, non un insieme di dirigenti che cercano di cambiare l’Italia, ma un popolo che ci crede, che si è mischiato, che ha dei valori, che non si fa distruggere da niente e nessuno, ed è il popolo del Pd”. Sulla mozione congressuale spiega: “Entro la settimana la completeremo.
C’è da scrivere, non solo una mozione, ma un progetto per il paese attraverso i contributi arrivati dalle discussioni di questi due giorni”. E poi non potevano mancare gli auguri agli altri due candidati al Congresso : “Auguri di buon lavoro a Orlando e Emiliano perché non facciamo polemiche con nessuno e in particolare con i nostri compagni di squadra”. Ha parlato di Europa, di come sia importante un sistema fiscale unico, per evitare concorrenza scorretta, e delle prossime elezioni del presidente del consiglio europeo, che sarà scelto dalle elezioni, ” è un fatto rivoluzionario” afferma.
Ribadisce con forza che esistono argomenti su cui non si transige, come ad esempio il No alle alleanze con chi non accetta il principio di legalità “che non è un valore di parte ma di tutti”, diretto al Sindaco De Magistris, che si schiera con chi sfascia la città per non far parlare qualcuno, perchè ” quella non è una cosa da Pd. E quanto un parlamentare chiede di parlare lo deve fare, noi siamo dalla parte di quel parlamentare anche se si chiama Salvini, proprio perché si chiama così, lo vogliamo sconfiggere alle elezioni ma deve poter parlare come devono parlare tutti”. E poi, sulla Giustizia, ecco la sviolinata , ” Giustizia non è giustizialismo. Un cittadino è innocente fino a condanna non perché ha ricevuto un avviso di garanzia. Non è sufficiente, non basta una indagine, ed i processi si svolgono in tribunale, non sui giornali”. E non poteva mancare l’allusione al caso Consip, ed al M5S dice: “In questi giorni e settimane sono state dette parole infami contro di noi. Cari Di Maio e Di Battista, rinunciare alle prerogative dei parlamentari, all’immunità, e venite in tribunale, vediamo chi ha ragione o torto, vi aspettiamo con affetto”
Si parla tanto di correnti da tempo: ” Se qualcuno vuole iscriversi a qualche corrente può fare tranquillamente a meno di noi, perché non vogliamo un partito di correnti, gabinetti, spifferi. Noi vogliamo la comunità”. Questo il monito, e ribadisce che : “Il Pd ha bisogno di più leader, non di meno leader. Un partito privo di leadership è un modello culturale sbagliato. Al gruppo dei 40enni che con me ha fatto questa avventura dico ‘mettevi in campo di più e meglio’. La scelta di Maurizio non è coreografica, ma una scelta di impegno vero alla collegialità, alla pluralità politica “.
Si va delineando una “nuova forma partito”, uno dei temi dei tavoli di confronto, una forma nuova e diversa che si avvarrà dei mezzi informatici oggi a disposizione, quali il web ed i social. Un sito chiamato ” Bob”, in onore del grande Kennedy, sarà a disposizione per chi vorrà partecipare al dibattito politico e poi l’uso dei social visti come forma di comunicazione, che dovrà però diventare di livello e sostanza. Non a caso nei tre giorni è stata fatta una riunione operativa e di riflessione con Alessia Rotta e Alessandra Serra che si occupano di comunicazione nel Pd, e di community social, e Francesco Nicodemo, Comunicazione Palazzo Chigi, ha presentato un documento che ben mette in luce le necessità di una riorganizzazione che parta dalla base.
“La struttura del partito così come è non funziona più perché non riesce a coinvolgere – scrive Nicodemo- non è al passo con i tempi, non fotografa la situazione dei territori. Ciò che occorre è la figura del Community organizer, uno per ogni zona corrispondente ai collegi elettorali”, nessun capo, ma un insieme di persone che a loro volta possono diventare quel riferimento necessario a riportare ai vertici le istanze e le varie situazioni, ad oggi mai realizzata una rete simile. Neppure i Circoli sono stati capaci davvero di compiere simili passaggi, perchè spesso arroccati unicamente a conservare i ruoli ed il protagonismo. A porte chiuse.
Anche da queste pagine è stato lanciata spesso da Opinion leader, la richiesta di modernizzazione politica attraverso chi i territori li vive, li ascolta ed è capace di fare da filtro e coordinare piccole comunità. Abbiamo trasmesso le istanze con i nostri articoli, sono state raccolte, ne siamo felici.
Ciò che traspare fortemente dalla kermesse torinese è davvero la voglia di ripartenza, di ritrovare quel sentimento comune che ha riunito negli anni la tanta voglia di cambiare ciò che non funziona. Era un pòo’ in lutto la classe Dem, era un po’ abbattuta ultimamente, assieme al suo leader, si sentiva parte della sua sconfitta,perché era anche la loro. Perché il ” Noi” cera gia prima che Renzi lo dicesse- dice una militante- Perché nonostante lui avesse detto che la sconfitta fosse colpa sua, non lo abbiamo mai pensato. Non lo hanno mai abbandonato, mai lasciato solo. E Renzi lo sente, “la loro presenza – dice- è stata forte ed importate”. Mail, messaggi e presenza fisica costante hanno ridato vita al percorso iniziato che terminerà il 30 Aprile. Sono stati lì, tre giorni, ed anche chi non ha potuto partecipare lo ha fatto attraverso la rete.
Applaudono a scena aperta nel sentir dire : “Essere di sinistra non è rincorrere totem del passato. Lo diciamo a chi immagina che essere di sinistra e salire su un palco alza il pugno chiuso e canta bandiera rossa. Sono esponenti di una cosa che non c’è più a difendere i deboli. E’ un’immagine da macchietta non di politica. Sento parlare dell’Ulivo da persone che quell’Ulivo lo hanno segato dall’interno, da chi ha contribuito a chiudere anticipatamente il governo Prodi e se Prodi fosse stato segretario del partito non sarebbe accaduto. Sono più esperti di xylella che di Ulivo”.
Foto: Rai News