Crisi: se si butta, almeno pulite il sangue

Il dramma degli artigiani e piccoli imprenditori strangolati dalla crisi tra retorica anti evasione e uno Stato che non paga i conti

Giuseppe Manzotti

Pare di sentirle ancora le prefiche dell’evasione fiscale, quelli che andavano ripetendo come un mantra “pagare tutti per pagare meno” purché a pagare fosse qualcun altro. Gli stessi che fino a ieri alzavano il ditino al bar pretendendo lo scontrino del caffè e si consumavano le mani davanti alle immagini delle operazioni da cinepanettone della Guardia di Finanza agli ordini di Supermario. Dopo i vari Serpico, redditometri, spesometri e studi di settore, sembrano tutti scomparsi. Non parlano più, forse nel timore che accada loro quello che hanno rischiato i ciprioti. E poi di fronte certe scene è meglio voltare il capo: arrampicarsi su un tetto e minacciare di buttarsi per disperazione non è elegante.

La realtà è che in questo Paese c’è qualcuno che è rimasto da solo. Solo e senza speranza. Non c’è stato e non c’è legge, non ci sono sindacati né corporazioni a venirgli in soccorso. Dell’artigiano e del piccolo imprenditore lo Stato si ricorda solo quando è ora di riscuotere – anche attraverso vere e proprie tagliole come gli studi di settore – anche se è il peggiore cliente possibile: nelle transazioni tra Pubblica amministrazione e imprese private i tempi di pagamento medi in Italia sono pari a 180 giorni contro una media Ue di 65 giorni. Secondo una ricerca Swg/Cna, in Italia sono 240mila le piccole imprese (solo le piccole, quelle più a rischio chiusura) creditrici nei confronti della Pubblica Amministrazione e che, contemporaneamente, hanno ricevuto una cartella esattoriale di Equitalia.
Anche tra imprese private il saldo fattura avviene in media dopo 96 giorni, mentre il dato medio di pagamento in Ue è di 52 giorni. Nemmeno l’entrata in vigore del decreto di recepimento della Direttiva Europea contro il ritardo dei pagamenti, avvenuto a il 1° gennaio scorso, sembra aver sortito effetto. Perché da sola la legge non basta, serve anche una giustizia che funziona.

Andate a dirlo all’artigiano albanese che oggi si è arrampicato sul tetto di una azienda di Reggio nel disperato tentativo di ottenere 15mila euro per lavori eseguiti un anno e mezzo fa che il problema principale di questo Paese sono gli evasori fiscali. Non i grandi evasori, beninteso, ma quelli come lui che al fisco non sfuggono mai. perché sono piccoli e comodi da pescare. E se qualcuno si butta sul serio dal tetto, basta che puliscano bene perché il sangue macchia e non sta bene.

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