Crisi internazionali: per chi fanno il tifo i media anglosassoni

La politica estera è un velo che la notizia solleva raramente e mai completamente. È materia complessa, intricata. Molto più semplice è invece analizzare il livello dell'informazione, il piano della comunicazione, il tono delle notizie inviate dai corrispondenti, l'influenza dei media nella lettura della storia internazionale. Le principali testate giornalistiche dei paesi occidentali storicamente sono propense a prendere una posizione netta in situazioni di conflitto, tifando per una parte rispetto all'altra. Due colossi come la CNN e la BBC non sono da meno, ed oggi presentano la medesima chiave di lettura ed identica valutazione politica per i conflitti sparsi nel mondo. Pro taluni e anti altri. Entriamo in esempi pratici. Partiamo dalla questione siriana: in blocco la stampa anglosassone – passatemi la semplicità generica del termine utilizzato per indicare contemporaneamente la più diffusa televisione via cavo americana e lo storico editore radiotelevisivo britannico – si è schierata sin da subito con i ribelli contro il governo in carica. Poco importa che all'interno dei ribelli sia forte la componente jihadista, qaedista e anti occidentale. Per i media loro sono i buoni mentre il cattivo è il regime di Damasco. La filosofia mediatica teorizzata è: nel caos esistente in Siria non importa capire le dinamiche in gioco o riflettere di moralità, la famiglia Assad deve cedere il potere.

Intanto, non molto lontano dalla guerra civile siriana, nel caldo Egitto delle rivolte. Le notizie cambiano verso di marcia. Nei telegiornali anglosassoni, ma non solo, i buoni diventano i militari. Per la cronaca estera un colpo di stato assume un valore superiore ad un'elezione democratica. La linea editoriale è chiara: il male assoluto sono i fratelli musulmani. Il terrorismo e l'integralismo devono essere estirpati, ma solo in determinati paesi.

Spostiamoci nel sud est asiatico per scoprire che CNN e BBC “difendono” l'attuale Primo Ministro Shinawatra dalle proteste dei manifestanti di shutdown Bangkok. Ovvero schierandosi a favore del business della famiglia Shinawatra e del populismo del partito di governo. A “perdere la faccia” nell'opinione pubblica internazionale sono, in questo caso, i dimostranti sobillati dall'aristocrazia e dai militari. Il criterio giornalistico di fondo è che il populismo può essere il male minore, se c'è un minimo segnale di riformismo. Alla fine, nell'incertezza di fare informazione, se non si vuole cadere in cattive tentazioni, è meglio tutelare gli interessi di capitalismo e finanza nel mondo.

Passiamo in America Latina. In Venezuela. E scopriamo che l'informazione è ribaltata rispetto alla crisi thailandese. A Caracas i media anglosassoni sono visibilmente pro manifestanti. Il “supporto” mediatico è per la classe media e per l'aristocrazia locale filo americana. Mentre nel mirino delle critiche della stampa internazionale finiscono il governo anti-imperialista e le politiche populiste lanciate, a suo tempo, da Chavez. In sintesi il pensiero rivoluzionario non è più di moda nei media anglosassoni, meglio appoggiare il ritorno della vecchia aristocrazia oligarca.

Termino questo viaggio nella notizia con l'Ucraina. Nella questione Ucraina l'informazione anglosassone è, a spada tratta, dalla parte dei dimostranti filo europei, anche se sacche di gruppi neo fascisti hanno preso parte, spesso guidandole, alle manifestazioni di piazza. Oggetto della critica giornalistica è la partita geopolitica che in Crimea la Russia e il suo “antipatico” leader giocano. Secco il giudizio, secondo gli emittenti anglosassoni un neo fascista è sempre meglio di un post comunista.

Concludo. La “propaganda” anglosassone presenta al lettore-ascoltatore-spettatore scenari dove i colori sfumano ed emergono terroristi buoni, politiche populiste apprezzabili, colpi di stato giusti, dittatori illuminati, fascisti lodevoli. Dal punto di vista politico sia il governo di Londra che quello di Washington sono appiattiti su tali fonti giornalistiche, allineati alle campagne d'informazioni promosse da BBC e CNN in questi mesi. Obama e Cameron applaudono l'informazione e viceversa. Ma poniamo il caso che non tutte le notizie giunte a noi in queste ore fossero, per deontologia, corrette. La stampa liberal si svelerebbe un po' meno indipendente e più scorrettamente affine alla stampa di regime.

Enrico Catassi

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