Fra famiglie e single, aumenta del 10% il numero di italiani che nello scorso anno è dovuto ricorrere ad aiuti per mettere qualcosa in tavola e nello stomaco. E in Toscana? Rispetto al 2010, il numero di coloro costretti a chiedere cibo per sopravvivere, è aumentato di 34.096 e ha portato a quota 155.000 le persone che sono rivolte alle organizzazioni no-profit per ricevere pacchi alimentari o pasti gratuiti. E se nel 2013 in realtà la nostra regione presenta dati meno pesanti di altre aree, è con un brivido che si scopre che circa la metà dei nuovi poveri sono bambini. Secondo i dati delle associazioni no-profit, i bambini considerati poveri erano 13.779 nel 2012, ma già nel 2013 erano 15.582.
Tornando al balzo che in generale ha fatto la povertà intesa proprio come mancanza di cibo o meglio della possibilità di procurarsene autonomamente, rispetto al 2010 l'aumento è del 47 per cento, il che significa più 1.304.871 persone negli ultimi 3 anni. Coldiretti lancia questi dati sulla base dei dati Agea, cogliendo così anche la drammaticità dell'allarme lanciato dal presidente della Cei, cardinal Angelo Bagnasco, circa il fatto che il 66 per cento dei separati dichiara di non riuscire a provvedere all'acquisto di beni di prima necessità.
Una situazione drammatica, ma che, sottolinea la Coldiretti, non rappresenta che la punta di un iceberg delle difficoltà che incontrano molte famiglie italiane nel momento di fare la spesa.
I conti sono impietosi: in generale si registrano 303.485 persone che hanno beneficiato dei servizi mensa, tipologia di sostegno spesso prediletta proprio dai separati, ovvero da chi è rimasto solo, mentre sono ben 3.764.765 i poveri che nel 2013 hanno avuto assistenza con pacchi alimentari che rispondono maggiormente alle aspettative delle famiglie. Infatti queste ultime, spesso per vergogna, prediligono questa forma di aiuto piuttosto che il consumo di pasti gratuiti in mensa.
Tornando in Toscana, le richieste d'aiuto in fatto di cibo da parte delle famiglie aumentano in continuazione. A farne fede, il Banco Alimentare toscano, che, per bocca del suo presidente Leonardo Carrai, appena pochi mesi fa, nel corso di un convegno organizzato insieme all'Ente Cassa di Risparmio di Firenze, rivelava che il Banco Alimentare aveva (a febbraio 2014) “più di 40 strutture in lista d’attesa che chiedono il sostegno del Banco e già ce ne sono 570 convenzionate; le persone assistite sono state oltre 101.300 nel 2013 ed il cibo raccolto sembra davvero non essere mai sufficiente nonostante superi, annualmente, le 3.100 tonnellate”.
Sintomatico del cambiamento sociale nesso in atto dalla crisi, anche il fatto, segnalato sempre dallo stesso Carrai, che le richieste di aiuto sono in continuo aumento anche da quei settori sociali che, fino ad oggi, non sembravano toccati dall’emergenza. Una situazione ormai da allarme rosso proprio nel cuore del ricco Occidente, dal momento che i fondi a disposizione diminuiscono, a cominciare dal Pead (Programma Europeo di Aiuti Alimentari agli Indigenti), mentre la situazione ambientale mondiale è disastrosa: ne fa fede l'allarme lanciato da Oxfam, una delle associazioni internazionali più accreditate nel campo degli studi sulla fame nel mondo, clima e rapporto col cibo, che avverte: “Il cambiamento climatico sta già avendo delle conseguenze a livello globale su cosa, quando e quanto le persone mangiano, così come dove vivono e cosa fanno per vivere. Rispetto a un mondo senza cambiamenti climatici, nel 2050 potrebbero esserci 25 milioni in più di bambini malnutriti sotto l’età di 5 anni, ovvero l’equivalente di tutti i bambini sotto l’età di 5 anni di Stati Uniti e Canada insieme”.