Criminal minds: quando la realtà supera la fantasia

  • E poi, un bel giorno, ci siamo alzati al mattino che sembrava una giornata come tante ma non immaginavamo mai che invece avrebbe segnato la nostra vita. Abbiamo fatto toeletta, colazione, bidet, e ancora niente di straordinario; ci siamo recati all’edicola, e siamo tornati con il sapore del caffettino relazionale in bocca e il quotidiano con inserto cultura sottobraccio. Ancora niente. Poi ci siamo accomodati in tinello, abbiamo dispiegato il giornale e ci siamo messi a leggere titoli di testa ed editoriale; ed è stato lì che, BANG! Ci è arrivato il colpo in tutta la sua violenza. Improvvisamente, ci siamo accorti che c’erano quattro o cinque argomenti sui quali non avevamo un’opinione. Ma non solo: se pure l’avevamo era flebile e discutibile, passabile di revisioni e certamente non provavamo il trascinante desiderio di sbatterla in faccia a tutto il mondo. Forse anche il Colonnello Kurtz ha cominciato così la sua discesa nel cuore di tenebra. L’orrore, l’orrore. Leggiamo con curiosità e interesse dell’ennesimo processo ad Amanda Knox e Raffaele Sollecito. Ma ci scopriamo privi di avido desiderio di partecipazione, e addirittura privi di aspettative che possano essere stuzzicate, eccitate, confermate, deluse. E questo ci permette di goderci lo spettacolo fino in fondo, con un animo, per così dire, da recensori cinematografici in erba, di quelli pagati poco, che scrivono per permettersi di andare al cinema, la cosa che amano. A guardarla così: che bella fiction! Che gustosa telenovela! C’è l’assassinio privo di apparente motivo, ci sono lui, lei, l’altro, c’è il misterioso ivoriano che è innocente però l’ha ammazzato assieme ad altri che però non ci sono però lui non è colpevole, e ora si laurea e augura tanta felicità agli altri presunti, c’è la morta che, unica seria della vicenda, continua a giacere mentre gli altri fanno teatro; c’è la ricostruzione delle dinamiche del delitto che potrebbe sortire da un gruppo di giocatori di Cluedo che abbiano precedentemente bevuto sette, otto bottiglie di quello buono, e c’è il colpo di scena con la sentenza definitiva della Cassazione: non è stato nessuno! Meredith si è suicidata in maniera un po’ elaborata, poi siccome da morta sentiva un po’ freddo ha preso un piumone, si è coperta e si è rimessa giù. Secondo noi chi è stato? Ma boh. Non abbiamo un’opinione. C’è la notizia di un aereomobile che è atterrato da qualche parte in maniera un po’ troppo creativa, e ci sono un sacco di morti. Ancora più che in una puntata di Criminal Minds. Non possiamo non seguire la vicenda su Facebook: anche se non vuoi, te la infilano per forza in bocca. Scopriamo come la maggior parte degli utenti del Social Network per eccellenza siano assieme ingegneri aeronautici, psichiatri forensi, giuristi di vaglio ed esperti statistici, e ci diciamo che poi non è mica vero che in Italia non studia più nessuno: poi cominciano ad arrivare i dati, ed ecco che tutti sono psicanalisti che Freud si sarebbe inchinato e suicidologi che Durkheim ci sarebbe andato a scuola, e il tutto per dire che, eh, quant’è bella giovinezza che si fugge tuttavia, e se prendi un aereo prima devi far fare un TAT ai piloti (che se è un Ryan Air costa più il test che il volo), fare loro un po’ di counseling, infine stringerti le palle e via, verso nuovi lidi nei quali ti farai sparare in un museo per guardare delle copie di gesso. Secondo noi non è una cosa preoccupante? Ma sì. Ma anche no. Non ce l’abbiamo, dopotutto, un’opinione. Ma è poi necessaria? Adesso, e dopotutto (come vedete non siamo certi nemmeno dei tempi retorici); ci sono così tante opinioni in giro che una più, una meno non fa questa gran differenza. Pare strano, semmai, che proprio il giornalismo alla fine non abbia una opinione; ma c’è stato un tempo remoto – lo ricordiamo! In cui il giornalismo credeva che le opinioni dovessero essere di chi leggeva, e chi scriveva se era un opinionista forniva la sua, sennò ci si limitava a fornire i fatti, casomai mettendo a disposizione una o più chiavi interpretative, addirittura a volte se eri capace ti azzardavi ad un punto di vista, ma sempre nello sforzo di preservare la completezza dei dati, senza valutare, mettendo gli altri in grado di formarsene una propria, di opinione. Vero è che in un mondo in cui ormai ciascuno confonde la propria opinione, dal momento che la vede scritta, con i fatti reali, il gioco si fa un po’ confuso. E allora, a maggior ragione a noi non stare qui a sbandierare necessariamente una opinione ci sembra una cosa molto riposante e persino ecologica.

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