Cremazione, la parola ai lavoratori

“Non si possono addossare ai lavoratori e alla società crematoria di Firenze delle responsabilità che non sono loro, in uno scaricabarile in cui l’amministrazione comunale finge di non ricordare fatti e circostanze di una vicenda molto lunga e nemmeno tanto comlessa”.
E’ una presa di posizione netta quella di Leonardo Bolognini, rappresentante delle Rsa della società per la cremazione di Firenze, in merito alle responsabilità per quelle file di salme (70, al momento attuale) che aspettano l’incinerimento anche in locali ordinari e non in cella frigorifera. Alcune precisazioni sono d’obbligo: la Società per la Cremazione di Firenze, fondata verso la fine dell’800 dai soci, è una società privata, cui il comune dà in concessione un’area cimiteriale di Trespiano. Le salme che “stazionano” in attesa “costano” 14 euro al giorno se di residenti, 24 euro se i trapassati non erano residenti. Soldi che vanno all’amministrazione comunale, che, informano dalla Socrem, arriva a ricevere sui mille, mille e duecento euro al giorno.
“Facciamo un po’ d’ordine – prosegue il sindacalista – già quindici anni fa circa, la Socrem aveva previsto l’allargamento delle richieste e il rischio di una situazione come quella odierna. Tant’è vero che fece una proposta al Comune di Firenze in questi termini: costruire un centro crematorio attrezzato, con tanto di celle frigorifere e forni, in modo da non trovarsi mai in situazioni emergenziali. Nel caso in cui la società si fosse sciolta, tutta la struttura sarebbe rimasta al Comune di Firenze. La proposta venne accantonata dall’amministrazione, che al suo posto mise avanti un progetto di portata enorme, con il sistema del project financing. Un progetto in cui entravano privati, la Socrem per parti minori, e ovviamente il Comune concessionario del terreno. Ma la cosa, sebbene venisse rilanciata e sollecitata a varie riprese dalla stessa Socrem, che propose anche aggiustamenti e innovazioni dettate dall’esperienza, rimase ferma e tal quale fosse lettera morta, nonostante le parole che si spesero”.

Di fatto dunque, nonostante le sollecitazioni della società, il comune non fece niente che potesse consentire una gestione adeguata all’aumento di richieste. Tanto che la Socrem dovette anche cominciare a rifiutare le richieste che provenivano addirittura da fuori regione. E la situazione rimase quella che era. A parte il fatto ….

“A parte il fatto che si cominciò a richiederci di lavorare sempre di più – continua Bolognini – compresa la domenica, cosa che facciamo tutt’ora, nonostante sia un giorno indisponibile per la salute stessa, mentale e fisica, dei lavoratori. Ma lo facciamo. Ovviamente i forni sono due e ci sono dei tempi tecnici. La situazione mezzi è dunque quella di 15 anni fa, a fronte di un innalzamento vertiginoso delle richieste. Non solo: lo stesso project financing approntato, ora non corrisponde più alle esigenze odierne. Inoltre, gli stessi locali in cui si lavora non sono più idonei neppure al rispetto della salute dei lavoratori”.

Ad esempio, l’innalzamento delle temperature estive rende carenti le condizioni igienico sanitarie dello stazionamento delle salme.

“Cosa s’aspetta a costruire il forno crematorio e le celle frigorifere, rendendo così più dignitoso l’intero procedimento e migliorando le situazioni ambientali per i morti e per i vivi? – conclude il sindacalista – possibile che assessori e amministrazione comunale in toto “dimentichino” queste vicende e pensino di scaricare le reponsabilità sulla Società e i lavoratori?”.

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