Il 19 gennaio di sedici anni fa moriva, lontano dal suo paese, gravemente ammalato e a seguito di un’operazione praticatagli in condizioni difficili nell’ospedale militare di Tunisi, Bettino Craxi, per diciassette anni segretario del PSI, vice presidente dell’Internazionale socialista, per quattro anni presidente del Consiglio italiano. Anticipò idee sullo stato e la sinistra, sulla politica estera, sulla politica economica. Il Pci gli diede quasi sempre torto. Poi i fatti gli hanno dato ragione. E anche a sinistra hanno raccolto, senza ammetterlo, molte sue intuizioni.
Da Sigonella alla scala mobile, dall’appoggio ai movimenti e ai partiti che lottavano contro tutte le dittature fasciste, comuniste, militari, dall’amore per Garibaldi e dalla sua forte sensibilità verso la lotta del popolo palestinese, nella piena sicurezza dello stato di Israele, mostrò sempre il suo orgoglio di socialista riformista e liberale e di italiano sincero. Fece un errore. Non capì le conseguenze italiane dell’89 europeo e pensò che il vecchio sistema non sarebbe stato in discussione e che le clausole di finanziamento illecito non sarebbero mai state colpite.
Pagò un prezzo inaccettabile, l’unico tra i leader politici italiani al quale venne richiesto l’arresto, l’unico ad essere condannato praticamente all’ergastolo per un reato compiuto da tutti, dopo accuse ispirate al famoso sistema del “non poteva non sapere”, che non venne mai applicato ad altri. Sono stato due volte a trovarlo in Tunisia. Non ho mai sopportato, pur denunciando, quando era ancora forte, il suo errore richiamato, la grave ingiustizia a cui fu sottoposto. Prima o poi spero che l’Italia gli chieda scusa e che le sue ceneri tornino nella sua Milano. Sono passati troppi anni e l’Italia è diventata più povera, meno autorevole, più isolata nel mondo. Lui sosteneva che senza una politica forte saremmo stati dominati dal potere impietoso della finanza. E che l’Europa sarebbe stata un inferno. Aveva torto?