Un conto da 430 milioni di euro per la Cpl Concordia, tra costi diretti, commesse perse, consulenze legali, ricadute sull’indotto. A tanto ammonterebbe il costo dell’inchiesta per corruzione che ha travolto il colosso cooperativo modenese sotto accusa per gli appalti della metanizzazione di Ischia.
Per quella vicenda il 25 novembre c’è stata la prima udienza del processo che vede imputati l’ex presidente Roberto Casari, i consiglieri Nicola Verrini e Maurizio Rinaldi, il consulente Francesco Simone e il collega Giorgio Montali, oltre all’ex sindaco di Ischia e la stessa Cpl Concordia, che si è costituita parte civile contro i suoi ex amministratori. I reati contestati vanno dall’associazione a delinquere alla corruzione, dalle false fatturazioni alle dichiarazioni infedeli per costituire fondi neri. La prossima udienza sarà tra febbraio e marzo.
Cpl Concordia, che nel frattempo ha cambiato i dirigenti ed è stata re-inserita nella “white list” che consente di operare sul mercato, ha provato a fare i conti di quanto questa vicenda sia costata all’azienda e alla comunità. Un bilancio che fa dire al nuovo presidente, Mauro Gori, che “la corruzione non è una scorciatoia. Anche volendo essere cinici, semplicemente non conviene. L’imprenditore che sceglie quella strada non è un buon imprenditore, oltre che un disonesto“.
Il conto economico della corruzione sta scritto in una relazione che Gori ha presentato recentemente in un’assemblea di Legacoop e che è rientrata in un approfondimento sulla legalità commissionato a Scs Consulting da Legacoop Servizi. I numeri dimostrano che la corruzione non è stata un buon affare (soprattutto se si viene scoperti). Alla voce “costi della corruzione” Gori elenca così 5,2 milioni di euro per accantonamenti in bilancio per rischi fiscali, legali o penali: soldi messi da parte per far fronte alle probabili sanzioni. Si aggiungono poi 3,6 milioni per spese legali e consulenze e 1,4 milioni per i dipendenti che sono stati sospesi, tra cui gli ex dirigenti. Il totale fa 10,2 milioni di euro. A questi si aggiungono i “costi sociali”, che contemplano 236 dipendenti che dal 1° aprile a oggi sono stati dimessi dall’azienda, o precari a cui non è stato confermato il contratto, su 1.800 dipendenti totali. E poi tra i 56 e i 70 milioni di euro di minori acquisti verso aziende fornitrici. Infine, ci sono i “costi futuri”: ben 290 milioni di euro di commesse pluriennali perse e 80 milioni di euro di fatturato (e 5 milioni di utili) già sfumati nel 2015. Una voce che avrebbe potuto lievitare fino a 100 milioni di euro se Cpl non fosse stata riammessa nella “white list” il 20 ottobre.