Costituzione forte, sistema politico debole, 3 perni per risanarlo, Spini: “Occorre fare presto”

Firenze – Una crisi chiede risposte e se la malattia conclamata è quella del sistema politico, è necessario ripartire dai fondamentali, come è avvenuto ieri, 7 marzo, a Firenze, dove si è tenuto in remoto un dibattito organizzato dalla Fondazione Circolo Fratelli Rosselli dal significativo titolo: “Per il risanamento del sistema politico: legge elettorale, regolamenti parlamentari, attuazione articolo 49 della Costituzione sui partiti”. Il dibattito ha visto la presenza di numerosi relatori. Dopo il saluto della Presidente della Commissione Cultura del Consiglio Regionale della Toscana Cristina Giachi e l’introduzione di Enzo Cheli, si sono svolti gli interventi dei parlamentari, Giuseppe Brescia (M5S), Federico Fornaro (Leu), Lucio Malan (FdI), Dario Parrini (Pd) e le conclusioni di Valdo Spini, presidente della fondazione Circolo Rosselli. Lo stesso Spini, gestendo il dibattito, presenta in sintesi il “canovaccio” del dibattito: “La recente elezione del presidente della Repubblica, se ha dato il positivo esito della rielezione a grande maggioranza di un Presidente della statura di Sergio Mattarella, ha dimostrato nel corso delle votazioni che l’hanno preceduta, i mali e le disfunzioni dell’attuale sistema politico italiano, del resto palesatesi con le elezioni del 2018 e le relative difficoltà di comporre una maggioranza”.

“E’ necessario un forte impegno di tutti per porvi rimedio – continua Spini – per questo mettiamo all’attenzione tre interventi che possono essere compiuti nell’anno che ci separa dalle elezioni: riforma della legge elettorale che potrebbe attestarsi su un proporzionale con uno sbarramento del 5%, revisione dei regolamenti parlamentari in modo da non incoraggiare il trasformismo, attuazione dell’art.49 della Costituzione sui requisiti di democraticità e di trasparenza dei partiti. Il combinato disposto di questi tre interventi potrebbe nuovamente appassionare alla politica soprattutto se si supera il sistema delle liste bloccate.”.

Nel saluto affidato alla presidente della commissione regionale Cultura, Cristina Giachi dà l’avvio ponendo l’accento sulla necessità di una domanda provocatoria, ma senz’altro diffusa nella coscienza collettiva: i partiti sono necessari alla vita democratica o sono solo protagonisti negativi della stessa, secondo l’opinione di Simone Weil espressa in un famoso saggio pubblicato negli anni’50? Una domanda interessante, che sprona, come sottolinea Giachi, “a ricercare le ragioni che confermino” la bontà di questi protagonisti della vita politica occidentale. Se è vero che la posizione di Simone Weil nasceva dalla ricerca della verità, e il partito per sua natura non è vicino alla verità in quanto ne illumina una sola “parte”, “in realtà noi sappiamo bene che questa “parte” è uno dei passi che dobbiamo compiere per vedere il tutto – ricorda Giachi – combinare le “parti” è il lavoro necessario e faticoso della democrazia per arrivare alla sintesi. Credo che questa funzione fondamentale dei partiti rimanga, sono l’unico luogo dove le parti, le passioni, le individualità possono trovare il miglior punto di sintesi per avvicinarsi alla “verità”, se per verità intendiamo il modo milgiore per decidere nella cosa pubblica”. L’altro elemento messo sul tavolo da Cristina Giachi è la funzione della formazione della classe dirigente. Ruolo e funzione che “i partiti dovevano avere, hanno avuto forse e che ora hanno pochissimo e alla quale a tratti sembrano anche ideologicamente avere abdicato”.

Il costituzionalista Enzo Cheli richiama il dibattito che si sta svolgendo in Parlamento circa lo stesso assetto del sistema costituzionale come previsto dalla nostra carta fondamentale. Infatti, la commissione per gli affari costituzionali della camera sta iniziando ad esaminare (oggi 8 marzo, ndr) un progetto di legge per modificare il nostro assetto da parlamentare a semi presidenziale alla francese; esame che per il professore si potrebbe concludere con ogni probabilità con un nulla di fatto. La ragione, dice Cheli, è che negli anni recenti, “in particolare dopo la riforma costituzionale del 2020 che ha condotto alla riduzione del numero dei parlamentari”, il tema delle riforme costiuzionali è entrato in un cono d’ombra. Il dibattito istituzionale infatti si è sempre più spostato dal campo delle riforme costituzionali a quello delle riforme della politica. Perché questo cambiamento di attenzione? “La spiegazione più semplice – dice Cheli – può essere che nel corso degli ultimi anni il mondo della politica, il mondo della scienza costituzionale e l’opinione pubblica, hanno sempre più maturato la convinzione che la causa fondamentale delle difficoltà che affliggono la nostra vita pubblica vada ricercata non tanto nel funzionamento della nostra macchina costituzionale, quanto nell’assetto del nostro sistema politico”, vale a dire, “nell’impianto del nostro sistema di partiti”.

“Una convinzione che nasce dal fatto che la nostra Costituzione, nei suoi 74 anni di vita, nel complesso ha funzionato bene, sia per la sua elasticità e adattabilità alle evoluzioni della nostra vita politica, sia per la resilienza che ha manfestato. Una resilienza legata al suo forte radicamento nel tessuto sociale. Resilienza e radicamento dimostrata in particolare dagli esiti dei due referendum costituzionali del 2006 e del 2016, che hanno condotto alla bocciatura di due grandi riforme costituzionali proposte da due opposti schieramenti politici. Da queste vicende è derivata una convinzione diffusa, e cioè che i problemi più seri che gravano sulla nostra vita pubblica non attengono tanto a difetti di costruzione della macchina costituzionale, ma piuttosto alla scarsa qualità del carburnte politico cui spetta il compito di far andare la macchina costituzionale. A riprova di questo, basti pensare alle vicende più recenti, come la rielezione del capo dello stato, per cogliere un paradosso della nostra vita istituzionale: quello di una Costituzione che si presenta ancora forte, ma che è chiamata a operare su un sistema politico fragile, in quanto frammentato, diviso, stabile, al di là dei limiti consentiti da una democrazia ben funzionante”.

Si tratta dunque di un paradosso che spiega lo spostamento dell’attenzione dal tema delle riforme costituzionali a quello della riforma della politica. Ma quali riforme della politica? “Riforma elettorale, riforma dei regolamenti parlamentari, nuova disciplina dei partiti politici rappresentano senz’altro oggi i tre perni fondamentali di una riforma della politica commisurata alla particolare fase di passaggio che il nostro Paese sta attraversando”.

Tre perni interdipendenti, e su cui, come ricorda Cheli, la recente modifica della struttura parlamentare ha impattato rendendone improcrastinabile la revisione. Del resto, riforma della legge elettorale e riforma dei regolamenti parlamentari “sono gli strumenti che più sono in grado, in questo momento, di incidere nella vita interna dei nostri partiti”. Entrando nello specifico, il professore enuncia i tre campi di azione.

Legge elettorale, la riforma reclama anche una velocizzazione, dal momento che la legislatura scadrà il 5 marzo del prossimo anno. “Col poco tempo che abbiamo a disposizione, risulta ancora possibile varare una buona legge elettorale? La domanda investe uno dei punti più delicati dela nostra vita politica, ovvero la prassi che si è andata affermando, di varare legge elettorali alla viglia delle elezioni, e sotto l’influenza dei sondaggi elettorali”. Una prassi che ha visto l’approccio alla legge elettorale non come regola oggettiva del gioco, ma come arma per battere l’avversario. “In condizioni normali – continua Cheli – sarei indotto a pensare che dovremmo dare una risposta negativa alla domanda di cui sopra, rinviando la riforma elettorale a tempi più appropriati. Ma non siamo in condizioni di attendere”. Dunque? E’ necessario fare di necessità virtù, “impegnando il poco tempo a disposizione per varare il prima possibile una riforma della legislazione in atto”. Ma quale tipo di riforma?

Fra i progetti in evidenza, la proporzionale pura con elevata soglia di sbarramento, la correzione dell’attuale legge (rosatellum) in senso proporzionale, un’altra ipotesi in senso maggioritaro e infine il ritorno alla legge Mattarella del 1993. La scelta è condizionata da ciò che si persegue, tenendo conto delle ricadute della varie leggi elettorali (4) di cui si è dotata la Repubblica nella sua vita. Dunque, privilegiare la rappresentanza e perciò una forma proporzionale, oppure efficienza e stabilità e dunque la forma maggioritaria, o un mix delle due? Secondo Cheli, visto il momento storico di rifondazione dell’identità e di ruolo dei partiti, la strada auspicabile sarebbe quella di una legge elettorale proporzionale con una soglia di sbarramento importante. In sintesi, per il professore, “le condizioni attuali del nostro sistema politico inducono verso una riforma elettorale di stampo proporzionalistico ma con sbarramento elevato, cioè in grado di rappresentare correttamente le forze politiche più significative; verso una riforma dei regolamenti parlamentari che valorizzi al massimo il coordinamento intercamerale e la presenza di organismi comuni (come le commissioni
bicamerali); verso il completamento del disegno di disciplina dei partiti ex art. 49 Cost. avviato nel 2012 e nel 2014 affrontando, in particolare, i temi oggi più sensibili come quello delle primarie garanzie interne ed esterne, e del finanziamento”.

L’esigenza assoluta di una nuova legge elettorale viene sottolineata da Federico Fornaro, capogruppo Leu e studioso dei sistemi elettorali. “L’applicazione del Rosatellum al nuovo Parlamento di 400 deputati e 200 senatori, può porre un oggettivo problema di compressione della rappresentanza politica e di quella territoriale soprattutto nel Sentato della Repubblica – spiega Fornaro – dove un partito col 15% dei consensi sul territorio rischia di non avere rappresentanza”. Da qui, la richiesta di una riforma che per il Senato preveda l’abbandono della base regionale. Dunque, per Fornaro, la scelta migliore potrebbe essere quella di una riforma del sistema elettorale in senso proporzionale. Inoltre, si dice “ottimista sulla possibilità di una riforma dei regolamenti parlamentari” (“siamo avanti”, commenta Fornaro). Inoltre, si pronuncia per un’attuazione dell’art.49 della Costituzione che segni un forte rilancio dei meccanismi democratici di partecipazione dei partiti.

Il presidente della commissione affari costituzionali della Camera Giuseppe Brescia sottolinea che “il Parlamento può affermare la sua centralità sulle riforme istituzionali e il fattore tempo diventa sempre più fondamentale. I regolamenti parlamentari vanno innovati anche per rendere più razionale ed efficace il lavoro delle commissioni, il cuore dell’attività legislativa. Una nuova legge elettorale rimane una necessità, andando verso un sistema proporzionale con soglia al 5% e superando i listini bloccati.”. Uno fra i punti più significativi toccati da Brescia riguarda senz’altro la necessità di contenere la decretazione d’urgenza, che di fatto tende a spostare il potere legislativo dal Parlamento al potere esecutivo, dunque al governo. Un dibattito antico, che vide proprio a Firenze un grande lavoro d’indagine da parte del costituzionalista Silvano Tosi. Punto non ancora risolto e su cui, assicura Brescia, c’è molta attenzione da parte del M5S e di altri gruppi parlamentari. “Sul punto – dice Brescia – si possono immaginare dei provvedimenti a data certa, in modo da rendere più percorribile la strada parlamentare”. Nell’ottica di “ricucire lo strappo fra cittadini e istituzioni”, continua Brescia, “siamo per il potenziamento di tutti quegli strumenti a disposizione dei cittadini per farsi sentire nel dibattito pubblico”. Fra cui lo strumento del referendum, che va rivisto per “potenziarlo e cercare di fare intervenire ad esempio la Corte Costituzionale sul tema del requisito di ammissibilità del referendum, che potrebbe intervenire alla soglia delle 200mila firme raccolte”.

Lucio Malan, FdI, parte dall’originaria domanda posta da Giachi: i partiti servono? “Molto spesso viene visto romanticamente con favore il rapporto diretto degli elettori col singolo eletto, benissimo, noi siamo favorevoli a questo, se questo è il presidente della Repubblica. Altrimenti un Parlamento, per quanto ridotto di numero quale quello attuale, senza partiti con un minimo di agibilità, si troverebbe nel caos. Un danno non per il Parlamento, ma per il Paese”. Tanto più, continua Malan, che nella contingenza attuale ci sono sulla scena ben altri competitor che gli altri partiti: “Chi toglie potere ai singoli partiti non sono gli avversari dell’agone politico, ma sono soggetti che incamerano gran parte del potere che dovrebbe essere del Parlamento: i grandi potentati economico-finanziari, che molto spesso controllano anche il sistema dell’informazione”. Dunque partiti deboli, sempre sotto scacco, assillati da regole burocratiche che tuttavia ci devono essere, ma che non devono diventare un assillo, in quanto “le altre forze in campo, non direttamente politiche, non hanno di questi problemi, non devono rendere conto delle loro spese, ma vanno avanti per la loro strada”.

Per quanto riguarda la legge elettorale, Malan dice che per FdI, se si intervenisse, bisognerebbe andare verso un assetto più maggioritario per raggiungere la “famosa” governabilità. “Un sistema elettorale puramente proprozionale senza assetti di coalizione, vorrebbe dire in concreto che le coalizioni si formano dopo il voto. Non credo che i cittadini – continua Malan – siano contenti e non credo che ciò faccia bene alla politica e al Paese. Noi sosteniamo l’elezione diretta del Presidente della Repubblica (inizia oggi, 8 marzo, l’iter del provvedimento). Per quanto riguarda i regolamenti parlamentari, ci stiamo lavorando e siamo a buon punto”. L’on. Malan mette il dito su un paradosso: si invoca la centralità del Parlamento poi, per quanto riguarda la dinamica delle regole che consentono il confronto, la parola d’ordine è velocizzare o mettere il voto a data certa.

Il vicecapogruppo di Forza Italia alla Camera, Simone Baldelli, torna sulla questione del sistema partiti, sottolineando che senza scivolare nell’imbrigliare in una rete troppo stretta di regole le associazioni partitiche, tuttavia i partiti non possono “continuare a scaricare sulle regole i problemi inerenti alle loro dinamiche interrne, a partire dalla selezione delle classi dirigenti”. Baldelli ha richiamato poi la sua proposta di legge costituzionale per l’elezione di una Convenzione per la riforma della seconda parte della Costituzione. “Ritengo – ha detto Baldelli – che sia forse l’ultima occasione, dopo il tragico errore del taglio dei parlamentari, per far partire in questa legislatura un dibattito serio sulle riforme istituzionali, un dibattito al riparo dallo scontro politico quotidiano, che possa proseguire anche in futuro”.

Sui tre temi del dibattito, Dario Parrini, presidente della commissione affari costituzionali del Senato, propone una serie di riflessioni. In particolare per quanto riguarda la legge elettorale, Parrini ritiene che l’esempio dell’Italia, per quanto riguarda la propria legge elettorale di stampo maggioritario ad ora vigente, sia unica al mondo. “Abbiamo una legge elettorale maggioritaria basata su collegio uninomale, utilizzata in modo che i candidati del collegio uninominale siano espressione di coalizioni. Quindi viene usata come incentivo alla formazione di coalizioni preelettorali che condividono le candidature, all’interno delle quali si finisce per assegnare potere di interdizione molto grande a partiti molto piccoli. L’interpretazione all’italiana ha completamente distorto lo spirito della lotta politica. Da ex maggioritarista sono diventato sostenitore della legge proprozionale pura, con un forte sbarramento e il superamento delle liste bloccate, e devo fare i conti con il grado di confusione e di perdita di trasparenza che ha inserito nella competizione politica italiana il maggioritario interpretato all’italiana”. Il premio in seggi postulato da qualsiasi tipo di maggioritario, continua Parrini, spinge a formare coalizioni preelettorali artificiose e finalizzate solo a “vincere”; dopo le elezioni, le coalizioni formate a questo scopo si spezzano. “Penso che sia questo che debba essere superato – dice ancora Parrini – e che in una fase di rifondazione delle identità partitiche e politiche, necessitiamo di un sistema elettorale che ridia possibilità di un rapporto trasparente fra partiti ed elettori in cui le coalizioni, che in Italia sono necessarie, dovranno essere costruite dopo il voto, sulla base del consenso che ogni partito politico ha raccolto”. Fari nella notte, secondo Parrini, i due sistemi proporzionali tedesco o spagnolo. Sulla questione dei regolamenti parlamentari, dito puntato in particolare sulla questione dei “cambi di casacca”. Circa l’art. 49 della Costituzione, si tratta della “disciplina di democrazia dei partiti”. Irrinunciabile.

Tira le fila il padrone di casa, presidente della Fondazione Circolo Rosselli, Valdo Spini: “Sul tema dell’attuale legge Rosato corriamo il rischio di avere nelle prossime elezioni o un non risultato, come nel 2018, oppure un risultato, ma basato su coalizioni così differenziate al loro interno che la legislatura non riuscirà a reggere; perciò ritengo necessaria la razionalizzazione della legge Rosato stessa. Sui regolamenti parlamentari si sta andando avanti, tenendo conto che il tema della centralità del Parlamento è reale: abbiamo avuto 8 presidenti del consiglio che sono stati nominati senza che fossero parlamentari. In una repubblica parlamentare quale siamo, è un segnale che il meccanismo non funziona. Per quanto riguarda l’art. 49 della Costituzione, il grande problema è che a volta a volta punti anche condivisi, negli ani passati, diventavano bandiere degli uni o degli altri. La situazione del rapporto Parlamento, partiti, istituzioni e cittadini, è tale che se i partiti trovassero insieme delle soluzioni, il vantaggio sarebbe per tutti. Del resto, ricordiamo che tutte le forze politiche dovranno porsi il problema dell’astensionismo, che è una deligittimazione del sistema politico non certo formale, ma sostanziale sì”.

 

 

 

 

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