Cospiro, dunque sono. La nuova post-ideologia

Il complottismo mette in pericolo la convivenza democratica

Inutile girarci troppo attorno: è il complottismo social, evoluzione webetica della parificazione delle opinioni già preconizzata da Umberto Eco almeno dagli anni ’90 con la famosa immagine del vociare dei “milioni di imbecilli” i cui pareri un tempo erano relegati nei bar, la nuova post-ideologia trasversale capace ahinoi di collegare in diagonale culture o mancanza di esse diametralmente opposte e spesso nemiche tra loro in situazioni differenti. La portata di questa massiccia rivolta irrazionale, che non individua soluzioni alle proposte ed ai modelli di vita correnti ma si limita alla più becera delle pars destruens, da una parte è l’evoluzione più caotica ed ingovernabile dei nostri equilibri democratici, dall’altra ne rappresenta oggi l’elemento forse più destabilizzante per la capacità di governare con successo i processi sociali di fronte alle sempre più imprevedibili sfide internazionali. Siano esse di natura endogena, come la recente pandemia da Covid, siano esse di natura esogena come l’attuale continuata aggressione della Russia ai danni dell’Ucraina.

Fresco di stampa, ci aiuta nella lettura della storia e della decrittazione delle sue forme contemporanee, il libro “Complottismo” di Pierre-André Taguieff, filosofo, sociologo e storico delle idee, direttore di ricerca onorario del Centro nazionale francese per la ricerca scientifica (CNRS). Per l’autore la difficoltà nel dare significato agli eventi traumatici e dunque a mitizzare i mandanti, risponderebbe a un’esigenza di senso e coerenza: il nemico invisibile e diabolico spiega tutte le disgrazie degli uomini. Le storie cospirative incantano di nuovo il mondo, se non altro per popolarlo di demoni. Non è nostro compito, né francamente competenza, sposare in toto l’assunto dell’interessante volumetto di cui sopra di cui comunque si consiglia vivamente la lettura.

Nel nostro piccolo, consideriamo piuttosto l’evoluzione ultima del complottismo, il tassello finale di un puzzle che ha definitivamente invertito la spinta illuministica, scientifica e positivistica che, passateci la convenzione formale ad uso del pezzo presente, ha il suo “la” con l’osservazione galileiana del cosmo. Ed il suo fondo con l‘attuale propensione delle masse a non credere più a nulla di ciò che vedono. Ma solo a ciò che preventivamente credono, specie se filtrato dagli schermi di un pc ove pullulano le più svariate, multiformi, discordanti tra loro, congetture amalgamate da un caos di fondo o da utopie perdute quando non già condannate dalla storia. Parafrasando Chesterton (quello di Padre Brown), quando un individuo non si fida più a prescindere delle fonti ufficiali, si fida di tutto il resto. Ovvero è preda di scie di informazioni ed ipotesi non verificabili, incontrollate, di provenienza e fini ignoti. Il cuore del complottismo.

A questo punto forse, chi è rimasto pazientemente sul filo della lettura, qualcuno ci chiederà conto del livello di preoccupazione, a tratti di angoscia, che trasuda dalle righe di questo articolo. Il trasversalismo complottardo denunciato fin dall’attacco infatti, non è da relegare quale fenomeno (sotto)culturale buono per qualche sociologo da spiaggia e qualche antropologo in cerca di facili rivincite nella comunità accademica. E’ quella trasversalità, e dunque potenzialità di diffusione che frega. Perché non accomuna solo le categorie appena snocciolate. Ma può colpire anche persone di media cultura, tutto sommato moderate, che in altre circostanze, ad esempio fatti occasionali o abitudinari della propria quotidianità, potrebbero pure continuare a fare uso della logica. Il trasversalismo complottardo infatti rischia di avere pesanti conseguenze anche sulle scelte morali e sulle decisioni etiche cambiando i parametri di riferimento di bene e male, giusto o sbagliato, proprio perché non più chiaramente distinguibili. Né più declinabili sulla base ai valori laici dei fondamenti delle nostre società liberali e socialdemocratiche. Un neo-nichilismo dunque che sorvola nel giudizio sull’evidenza dei singoli fatti avendo come pregiudizio primo ed ultimo il sospetto, irrazionale ma assai condiviso, che dietro le quinte ci sia qualcosa che non ci dicono, non ci fanno sapere, ci nascondono come conseguenza di un ordito insospettabile. Da qui le “ragioni”, quando non le “giustificazioni”, quando non le “condivisioni” dell’antiscienza, dell’aggressore, del tiranno, quando non della malvagità tout court.

All’inizio fu X-files (1993) poi venne Dan Brown dieci anni dopo a dare la stura ai deliri di gruppo della modernità. Prima ancora però il cosiddetto “rumor” di Roswell (Nuovo Messico, 1947) quando venne pubblicato l’annuncio del ritrovamento dei rottami di un disco volante. Negli anni ’80 la pubblicazione de “The holy blood and the holy Grail” (tradotto in italiano col titolo “Il Santo Graal”) a scoperchiare il presunto vaso di Pandora del profluvio di paccottiglie esoteriste che, specie a cavallo degli anni 2000, hanno infestato le librerie. Ma dalle sfere culturali e sociologiche, il complottismo, a più gittate nella storia, è entrato a piedi pari nella dimensione politica proprio per la sua carica estremista. Pensiamo alle Grandi Purghe di Mosca di metà anni ’30, dove un numero incalcolato di persone subì esecuzioni o deportazioni, con l’accusa di spionaggio e tradimento a Stalin ed all’Unione Sovietica.

Piccoli fuochi di quell’esplosione di flussi di (in)coscienza collettivi che la diffusione capillare di Internet, laddove l’indistinguibilità tra bene e male, giusto e sbagliato, bello e brutto è pressoché cristallizzata, sta indirizzando verso orizzonti difficilmente distinguibili. Dagli anni Dieci del Duemila siamo entrati nell’era delle “teorie del complotto”. L’epoca dell’ansia estende il campo della credulità. Il complottismo con le sue risposte sulle postverità rischia di fondare il regno dell’iper-relativismo cognitivo.

In foto Pierre-André Taguieff

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