Empoli – Cos’è la felicità? Un interrogativo antico quanto l’umanità, che tuttavia può ben essere, ed è da sempre, oggetto di ricerca. E di ricerca, perché no, scientifica. E’ questo il punto di vista del professor Gabriele Scalini che l’anno scorso, all’ISIS Pontormo di Empoli, ha messo in campo un progetto, utilizzando le ore di educazione civica, in cui con una classe ha preparato un questionario per capire quale fosse l’idea di felicità dei ragazzi. Padri ideali di questo percorso, l’economista, professore all’Università di Siena, Stefano Bartolini, autore di un testo di assoluta rilevanza, Manifesto per la Felicità, un capitolo del saggio Homo Deus dello scrittore e storico israeliano Yuval Noah Harari della Università Ebraica in cui si dibatte il tema, oltre naturalmente Aristotele e il concetto della felicità espresso dal filosofo greco. Richiami e spunti di riflessione, che, come spiega il professor Scalini che ricopre anche la carica di assessore del Comune di Signa, ha fatto sorgere la curiosità insieme sociologica, antropologica e scientifica, di capire quale fosse e come si prefigurasse la felicità da parte dei ragazzi dei nostri inquieti, tumultuosi, confusi tempi.
Partendo dunque dall’attualizzazione del tema, ecco che nasce l’esigenza di percorrere tutte le vie della felicità contemporanea, calando il concetto nella vita quotidiana. “Insieme ai ragazzi abbiamo costruito un questionario, sfruttando gli strumenti di google che permettono di mettere in campo questionari con tanto di spoglio automatico, puntando sulla questione di cosa per loro fosse causa di felicità o infelicità. Ogni ragazzo lo ha girato a 4 coetanei”.
Un piccolo campione insomma, da cui sono giunte risposte in qualche modo insospettate. Infatti, fra quelle in qualche misura più scontate anche in relazione all’età, è risultato che una delle prime cause di felicità (o infelicità) è il rapporto con gli amici e quello con i genitori. Più complessa e in un certo senso più contemporanea, è invece la diffusa paura di non “essere all’altezza”. Di cosa? Per esempio delle aspettative, ma quello che è veramente attuale e che rivela in un senso molto profondo quali siano le angosce del momento fra i giovanissimi, è il timore diffuso di non corrispondere alle aspettative che possiamo definire sociali. Ad esempio, uno dei problemi che più corrodono la serenità dei ragazzi emerge quello di non essere “performanti”, di non riuscire a raggiungere i risultati. Anche nella scuola.
“Una causa di infelicità indotta anche da un sistema molto competitivo, di stampo anglosassone”, commenta il professor Scalini. Aggiungiamo noi, uno spunto che dà modo di intravedere il lato peggiore della competitività spinta che è la molla di un sistema educativo “preso in prestito” ormai da decenni, da un sistema che, per la nostra tradizione di apprendimento, è esogeno e cala in un contesto che non ne possiede i correttivi. Ad esempio, la grande diffusione nelle scuole di tipo anglosassone delle “fratellanze”, un fenomeno che si sta diffondendo sempre più anche in Italia. Qualcosa di meno rassicurante ma nello stesso tempo fortemente condizionante rispetto al nostro concetto di “gruppo”.
“Il sistema della competizione spinta – spiega ancora Scalini – fa breccia in quanto esiste già un retroterra favorevole, indotto ad esempio dalla mancanza di dimensioni collettive, che comporta il ciclo chiuso dello sbaglio che ti mette fuori dal gioco. E se sei solo e sbagli, finisce il mondo. In un certo senso, i ragazzi contemporanei si ritrovano a essere monadi”. Dimensione collettiva che viene recuperata ad esempio solo in occasione di sport di squadra, e che sicuramente la pandemia ha rarefatto ulteriormente, rendendole impossibili.
“Ovviamente, tutto ciò differisce ad esempio da classe a classe – continua Scalini – con anche annotazioni che riguardano il genere: in particolare, le classi a prevalenza maschile sono meno competitive, a differenza di quelle a prevalenza femminile”. Le donne sono più competitive degli uomini? “No – risponde Scalini – sono solo più mature”. Insomma, apprendono prima qual è la regola e si conformano.
Un esperimento che se l’anno scorso ha riguardato solo una classe, quest’anno potrebbe venire esteso, con un progetto nuovo, a tre classi Quarte del Liceo Scientifico.
“Ho costruito un progetto che verrà presentato alla scuola rendendo più rigoroso e scientifico l’approccio – spiega Salini – con la partecipazione del professor Stefano Bartolini, il docente universitario autore appunto del saggio “Manifesto per la felicità”.”.
Nella breve descrizione che accompagna il progetto, il punto di partenza è costituito dall’analisi del libro di Stefano Bartolini “Manifesto per la felicità”, da svolgersi in classe, anche alla presenza dell’autore. Il secondo passo prevede la costituzione di un “focus group” per individuare i macrotemi dell’indagine.
Solo a questo punto verrà redatto in modo tecnico il questionario da parte di esperti, anche con un incontro in classe finalizzato a spiegare i criteri che stanno alla base della redazione del questionario. Il quarto step consisterà nella somministrazione del questionario e nella lettura dei risultati attraverso le indicazioni dell’esperto. Seguirà poi la fase di formalizzazione di alcune proposte che contribuiscano a migliorare il benessere dei ragazzi a scuola, fino alla conclusione del progetto, con un momento di autoriflessione su tutto il percorso.
L’ idea di base,” utilizzare i tempi dell’educazione civica per costruire studenti meno passivi e più attivi, valorizzando la loro proiettività”. In altre parole, strappare gli studenti alla passività significa abilitarli al “riconoscimento dei propri e degli altrui bisogni, educandoli alla cooperazione ed alla capacità di autodeterminare le regole della convivenza facendosi promotori di valori e comportamenti condivisi”.
“Concludo con un doveroso ringraziamento alla dirigente scolastica, Filomena Palmesano, che ha dato il proprio supporto a tutta l’operazione”, dice Scalini.