Cosa resta dei cattolici in politica: dalle battaglie ideali alle poltrone reali

Le “porte girevoli” parrocchia-Dc un tempo si nutrivano anche di nobili ideali. Oggi lo stallo sul candidato sindaco rischia di relegare definitivamente i cattolici ad un ruolo marginale

Ci fu un tempo in cui si volava decisamente più alto, ai piani sommitali della Costituzione per intenderci, laddove la quota cattolica, assieme a quelle liberali, socialdemocratica e socialista (e perfino a quella comunista) avevano forgiato la nostra Carta dei diritti e dei doveri che ci rende tra i Paesi più liberi e sociali (sotto certi aspetti) al mondo. Le “porte girevoli” parrocchia-Dc, spesso passando dall’Azione cattolica, esigevano comunque, sulla porta di battaglie anche assai pragmatiche e spietate, una notevole cifra ideale quando non spirituale.

Un tema, quest’ultimo, particolarmente caro a chi vi scrive per (ex) appartenenza, tradizione, frequentazioni, studi e passioni non solo giovanili. Decenni di iper-attivismo parrocchiale, scuole di politica acliste, partito scudocrociato, multi-associazionismo cattolico, infarciture di piano studi universitari con esami di Letteratura cristiana antica, Storia della Chiesa e più in generale viaggi e letture pressoché ininterrotte a tema.

Ciò detto e venendo al presente reggiano, dove grande è la confusione sotto il cielo Pd alla ricerca di un candidato sindaco che eviti di far deflagrare le anime del partito, recentemente uno dei padri nobili dell’area di cui sopra, al secolo Pierluigi Castagnetti, uno degli ultimi dossettiani duri e puri, già collaboratore di Martinazzoli, Zaccagnini e De Mita, segretario nazionale del Partito popolare nonché tra i fondatori della Margherita, ha chiesto lumi alla segretaria nazionale dem Elly Schlein, di ben differente cultura d’origine, che ne sarebbe stato dei cattolici in politica. Non in senso filosofico naturalmente, che il primo potrebbe mettersi alla lavagna a spiegare alla neo-leader l’abc dei destini primi ed ultimi.

Reclamando ovvero, fors’anche giustamente, un ruolo più attivo dei suoi all’interno di un Partito democratico tutto e troppo proteso verso le tematiche arcobaleno, socialisteggianti e radicali (con tendenze chic e armocromiste). Dove la tavolozza variegata dei colori esprime al contempo la natura epidermica e mutevole delle istanze dell’attuale centrosinistra. Ma come si traduce poi, in soldoni, il legittimo reclamo cattodem? Lo stallo sul candidato sindaco reggiano, come espresso da mesi sulla qui presente testata, vede in sostanza il famoso “pattone” ventennale ex sinistra Ds-ex sinistra Dc convergere ufficiosamente sull’infettivologo Marco Massari, già attivista della Fgci nonché comunista convinto e mai pentito (forse non ci sarebbe nulla di cui pentirsi direte voi ma ai fini dell’equilibrio di maggioranza ed anche dei valori dell’elettorato cattolico, laico e di centrosinistra, forse sì). Per intenderci, un ottimo professionista che piace non ultimo a quelli di Casa Bettola, cioè per dirla alla Mario Brega, gente col doppio pugno chiuso. Che staccherebbe il crocifisso dai pubblici uffici per farne legna da ardere nei caminetti dei centri sociali tra una birra, una maglietta del Che ed una lisciata di capo, in modalità di ringraziamento e/o portafortuna, al busto di Lenin di turno. E come la mettiamo, ad esempio, col diritto alla vita e con temi epocali come l’aborto per i quali la libertà di coscienza non dovrebbe essere un’optional? Insomma, la Città delle Persone va bene ma se non difendi davvero i tuoi contenuti ed i tuoi valori, rischia di somigliare molto a una Città delle Poltrone.

Possibile che il mondo cattolico e riformista di questa città non sia riuscito a esprimere un candidato più consono al pragmatismo, innervato però sull’idealismo, che è caratteristico dei reggiani e degli emiliani? Non c’era o non c’è veramente nessun altro?A Reggio deve proprio per forza essere derby tra un candidato decisamente di sinistra come De Franco e uno ancora più di sinistra come Massari? Come si è arrivati a questo punto? Cioè davvero ai sedicenti eredi del Monaco di Monteveglio starebbe bene un “mangiapreti”, per dirla alla Guareschi, ottenendo in cambio il mantenimento di una manciata di poltrone (che contano d’accordo e ben remunerate) nella dirigenza comunale, in Iren e nelle istituzioni culturali? Offrendo in sacrificio sull’altare della propria storia, gloriosa ed ideale, l’intero patrimonio genetico di millenaria derivazione?

Era la DC, il problema dell’Italia negli anni ’70 e ’80, come proclamavano a gran voce in quegli anni a sinistra e come sembrano ribadire ancora oggi, a Reggio Emilia, le tante iniziative nostalgiche del PCI e del suo dominio quasi incontrastato a Reggio? O non era proprio il PCI, col suo cordone ombelicale con l’Unione Sovietica e la Rivoluzione d’Ottobre, il problema di un’Italia che proprio per la presenza di un partito comunista così forte non è mai riuscito ad avere, per quasi 60 anni, una normale alternanza tra conservatori e progressisti come in quasi tutto il resto dell’Europa Occidentale?

Se per occupare qualche posto di potere a Reggio, i cattolici sono costretti ad un ruolo di comprimari nell’applausometro alle mostre agiografiche dei Cccp (bravissimi ragazzi per carità e musicalmente pure innovativi a suo tempo ma inneggianti il punk, il soviet e pure Maometto) o ad ingoiarsi l’amaro boccone (si suppone) della cittadinanza onoraria ad Assange nel tripudio del Fatto Quotidiano, ne vale davvero la pena?

Ne dubitiamo fortemente. Ma così fosse, sarebbe forse l’ultima camminata elettorale di un trionfante Mammona sulle macerie di Dio. Per utilizzare, intendiamoci, un’immagine evangelica di probabile efficacia.

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