Cosa dovrebbe in effetti realmente “provocare” il concertino filobierrino nel milieu reggiano che ancora tace silenziosamente davanti a certe posizioni demenziali

Ci pare di assistere ad un film già visto. Tipo quella di Wanna Marchi, con figlia e mago Pacheco do Nascimento che da anni imbonivano e buggeravano migliaia di ascoltatori al grido di “guerra al lardo, capito!”. Vendendo loro intrugli e inutili cianfrusaglie. Davanti a milioni di persone, tutte le sere. Poi è arrivato un servizio di “Striscia la Notizia” e, oplà scatta l’inchiesta della Finanza.

Ma che, ci voleva il concertino di quattro sfigati (con tutto il rispetto per questa numerosa categoria cui mi picco di appartenere e pure in posizioni di riguardo) inneggianti alla grandezza dello stragismo davanti ad un manipolo di frequentatori del Tunnel dall’emozione facile e particolarmente sensibili alla “provocazione” dei P38 o come diavolo si chiamano (a proposito, se tra le provocazioni “artistiche” rientra pure quella dell’evacuazione fisiologica devo dire che ascoltando taluni loro brani sono in effetti rimasto vittima di forti scossoni provocatori) per suscitare tanto clamore ed accorgersi che, ops, ci resta un problemino a sinistra.

Questa testata si batte, nel suo piccolo, fin dai primi vagiti editoriali contro irrazionalità, astoricismi, illiberalità varie che ancora affliggono la società corrente. Qui non si tratta di condannare (ci mancherebbe altro), di indignarsi, di organizzare un “incontro chiarificatore” tra i vertici del Tunnel e le gerarchie Arci per cercare di redimere per l’ennesima volta questi giovani lacerti di “compagni che sbagliano”. E, pat-pat, una bella pacca sulle spalle, una contro esibizione sullo stesso palco reggiano dei Cugini di Campagna dai messaggi meno impattanti e via tutto come prima. Ma che c’è da chiarire? E’ tutto lapalissiano, di un’ovvietà lampante. Ma chissefrega poi delle idee malsane di un gruppetto di “rivoluzionari” col boccale di birra in mano.

Qui la posta in gioco è molto, molto più alta. Ed allora, forse avrà avuto un suo senso il clamore suscitato, a Reggio almeno, dall’ignoto fino a ieri gruppetto di trapper poco fantasiosi esibitisi il primo maggio nell’oscurità di un locale, sempre fino a ieri, conosciuto da pochi aficionados. Si tratta, da parte del centrosinistra di governo della città e degli ambienti culturali che ne dettano linee e priorità d’agenda, di svuotare anche di ogni ammiccamento, strizzatine d’occhio, rilassamento, ambiguità et similia, quel milieu ambientale in cui ancora sopravvivono esperienze come quella di cui trattiamo.

Che vanno dai tanti afflati nostalgici della “resistenza tradita” e del “lavoro da terminare”, passano attraverso l’accettazione di esponenti (quelli sì tragicamente reali e mai pentiti) delle Br a manifestazioni “per la pace” a discettare di Gandhi e Terzani, alla kermesse con bandiere putiniane sotto il busto di Lenin, fino all’impestamento social di posizioni “terze” (che nell’attuale contesto internazionale suonano come non dichiaratamente ma quasi filorusse) in cui mettere sullo stesso piano aggressore (la Russia) ed aggrediti (l’Ucraina) con lo stravolgimento di qualsiasi valore democratico su cui si fonda la nostra Costituzione.

Oggi le moderne socialdemocrazie liberali di cui grazie a Dio facciamo ancora parte hanno il dovere, indipendentemente dal misero episodio della banda trap filobierrrina su palco Arci reggiano, di liberarsi con un taglio netto delle ultime zavorre antistoriche, dai residui delle ideologie condannate, delle metastasi politiche sulla strada del miglioramento economico sociale e della liberazione antropica, delle devastanti utopie antiumane (di destra e sinistra) di cui qualche disgraziato, chissà poi fino a che punto di consapevolezza, sente ancora la mancanza.  

 

 

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