Firenze – Il Movimento di lotta per la casa prende posizione sull’accusa di associazione a delinquere mossa dal pm a sette militanti del Movimento, da cui discendono, se accolta, condanne pesanti (due anni e sette mesi, per uno, due anni e sei mesi per gli altri sei) a due giorni dall’udienza che si è svolta presso il Tribunale di Firenze. Se fatta propria dai giudici, secondo Lorenzo Bargellini, leader storico del movimento, l’accusa avrebbe l’effetto di “criminalizzare l’organizzazione del dissenso”, al di là degli episodi pur gravi che sono stati contestati.
I fatti: nel novembre del 2010, l’Italia fu scossa da una grande ondata di manifestazioni di piazza che contestavano la Riforma Gelmini. Dentro, c’erano tutti: dai partiti dell’allora opposizione, ai sindacati, a molte associazioni di insegnanti, ai collettivi studenteschi, a migliaia di semplici cittadini. Le manifestazioni dettero vita a episodi anche violenti, ci furono cariche di polizia e arresti. A Firenze, il 30 novembre 2010, scesero in piazza svariate migliaia di persone, e le manifestazioni interruppero il traffico dei viali, seguite da imponenti cortei (dati della questura, si parla di 5mila persone).
Alle manifestazioni seguirono il presidio al Polo di Scienze Sociali contro la presenza della Santanchè e svariate iniziative di ordine minore. Le indagini seguite alle iniziative di piazza portarono al processo di cui lunedì scorso si è svolta la prima udienza: processo che riguarda 86 imputati, 35 misure cautelari, 584 capi d’imputazione contestati, 71 anni e 9 mesi di carcere chiesti dall’accusa. Fra questi, i sette per cui è stata avanzata l’accusa di associazione a delinquere, all’epoca studenti, tutti molto giovani. Nelle manifestazioni ci furono danneggiamenti di vario genere. Fra le richieste avanzate dalle parti civili, le 300 mila euro richieste da Trenitalia e le quasi 40 mila richieste tra poliziotti, digos, leghisti, Primerano (il preside del Michelangelo in quota PD), Gest Spa (il gestore della tramvia) e Confindustria.
Al di là delle richieste di condanna, il vero problema, secondo Bargellini, sarebbe del tutto politico: “L’utilizzo del reato di associazione a delinquere per sette militanti che appartenevano a un collettivo studentesco – ha detto ai giornalisti – implica una logica che francamente lascia senza parole: vorrebbe infatti significare che l’organizzazione del dissenso, in questa città, è criminalizzata allo stesso livello di associazioni ben più pesanti, quelle sì criminali e veramente pericolose”. La questione, conclude Bargellini, “è ben più ampia di quanto potrebbe apparire. Infatti, è tutta la storia cittadina a essere messa all’indice: una storia dove contestazioni e dissenso hanno sempre avuto albergo e costituiscono un diritto. Dove è legittimo rappresentare tensioni sociali e bisogni anche con cortei e presidi “.
Il 9 aprile ci sarà una giornata di solidarietà verso gli indagati, con manifestazione e corteo a cui parteciperanno svariate sigle cittadine, dai movimenti ai partiti ai sindacati.