Coopsette: liquidazione coatta o fallimento

Lunedì in Tribunale nessun concordato; l’ex colosso castelnovese attende la decisione del Ministero per salvare il salvabile e tutelare almeno il 30% del capitale sociale. Intanto proseguono le trattative per il ramo costruzioni

Lunedì Coopsette non avrà a disposizione alcun concordato con piano industriale presso il Tribunale fallimentare di Reggio: a precisarlo, sciogliendo ogni residuo dubbio e confermando di fatto alcune indiscrezioni di stampa vecchie di mesi, un comunicato dello stesso ex colosso cooperativo di Castelnovo Sotto.

Le possibilità che si aprono restano dunque soltanto due; la liquidazione coatta, decisa dal ministero e che non prevede responsabilità penali da parte degli amministratori o, se ciò non dovesse essere, il fallimento diretto.

Tutto si deciderà in tempi molto stretti essendo prevista già per il 3 novembre la prima udienza dell’istanza di fallimento. Ciò non toglie, come sottolinea il comunicato della coop, che si batteranno tutte le strade possibili per cercare di dare una continuità lavorativa anche al ramo costruzioni dopo l’accordo con la Margaritelli per i 100 lavoratori dei settori prefabbricati e traversine.

In particolare il settore costruzioni, che sarà trasferito nella Newco Atikram, o parte di esso è stato oggetto di trattative da parte del gruppo Gavio (quasi seimila dipendenti e 4 miliardi di fatturato), ed in secondo ordine della Savio.

Di certo, se dovesse arrivare da Roma il decreto di liquidazione coatta, non vi sarebbe  interruzione di trattative, ma anzi secondo gli esperti si potrebbe affrontare con maggiore lucidità sia la ristrutturazione e lo “smontaggio” del gruppo, sia la riduzione dei danni occupazionali: a oggi si parla di 250 esuberi, quasi la meta della sola cooperativa di Castelnovo Sotto.

Altro tema caldo è quello dei soci prestatori-sovventori (in buona parte pensionati che hanno messo risparmi e liquidazione in Coopsette) e della sorte dei loro capitali, oltre dieci milioni di euro. La liquidazione coatta permetterebbe di tutelare almeno il 30% del prestito sociale.

Già all’inizio della prossima settimana sono previsti incontri coi sindacati, coi soci e coi lavoratori, con le associazioni di rappresentanza e le istituzioni per individuare i possibili strumenti ed attenuare sul piano occupazionale e sociale le conseguenze della crisi aziendale.

 

 

 

 

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