“Abbiamo voluto fare luce sul fenomeno mafioso a Reggio Emilia, con una ricognizione di carattere scientifico. Attraverso le ricerca di Federica Cabras e il convegno ‘Uniti nella legalità’, organizzato da Legacoop, abbiamo aggiunto un pezzo di conoscenza in più rispetto a quello che sta accadendo con il processo Aemilia”.
Lo ha detto il vicepresidente di Legacoop Emilia Ovest Luca Bosi, presentando la ricerca di Federica Cabras, coordinata dal professor Nando Dalla Chiesa, ‘La ndrangheta a Reggio Emilia tra economia, società e cultura’. L’incontro, a cui hanno partecipato anche il referente di Libera Manuel Masini e la presidente dell’Istituto Cervi Albertina Soliani, è stato occasione di confronto a più voci sul tema della presenza mafiosa in terra reggiana: un problema che va affrontato con sempre nuovi strumenti e che sembra lungi dall’essere archiviato.
“E’ vero che non ci sono cooperatori coinvolti – ha detto Bosi – ma noi siamo un pezzo di questa società e ogni giorno dobbiamo lavorare affinchè quello che è accaduto in questa provincia non si ripeta”. Bosi ha sottolineato il tema del controllo sull’edilizia nei rapporti tra privati: “Tutti i rapporti tra pubblico e privato o tra pubblico e pubblico sono molto regolamentati e verificati. Ciò che sfugge è l’altro 50% dell’attività economica, quella tra privati, che però ha una ricaduta di tipo pubblico. Si è arrivati alla definizione della white list per chi lavora su una concessione edilizia rilasciata ad un privato: noi favoriremo l’uso delle white list anche in questo ambito”.
“Siamo consapevoli – ha detto il presidente di Legacoop Emilia Ovest Andrea Volta – che dalla cooperazione, ancor più che da altre categorie economiche, ci si attende una tenuta irreprensibile non solo dal punto di vista imprenditoriale, ma anche reputazionale. Abbiamo il dovere, anche generazionale,di mantenere una costante tensione verso la costruzione di una società migliore”.
“Occorre continuare su questa strada e mantenere la vigilanza sul fenomeno – ha detto Albertina Soliani – perché quando si parla di processo Aemilia si parla di noi reggiani. Ed è questa la cosa inquietante. Stiamo attenti a non diventare insignificanti rispetto alla necessità di cambiare le cose – ha aggiunto – perché qua sono accadute cose inimmaginabili e vergognose, ad esempio lo scioglimento di un comune come Brescello per mafia. Forse la presa di coscienza non è ancora sufficiente, ma di sicuro non ci manca la voglia di cambiare”.
“La ricerca di Federica Cabras, al termine di una lunga sequela di interviste svolte all’interno del mondo della cooperazione emiliana, mette in luce l’esistenza di tre anime in forte contrapposizione tra loro. “La prima – si legge nel documento – comprende gli utilizzatori consapevoli, ossia un segmento di operatori del sistema cooperativo che si serve delle piccole imprese del clan, approfittando dei vantaggi competitivi che esse sono in grado di garantire; la seconda riguarda invece coloro che possono essere definiti come i tolleranti inconsapevoli: soggetti che pur non essendo in grado di riconoscere la provenienza mafiosa delle imprese con cui si interfacciano, ne captano il potenziale competitivo e talora se ne avvantaggiano; infine c’è un’anima nobile, riconducibile all’indiscussa responsabilità sociale che contraddistingue gran parte di questo sistema. Le cooperative rappresentano il primo canale di vendita dei prodotti che provengono da imprese antimafiose (…) e sono le stesse cooperative che si fanno carico delle iniziative a sostegno di tali realtà economiche promuovendo una cultura della legalità”.