Firenze – La struttura è veramente mastodontica: si tratta dei circa 1500 metri quadrati di spazi coperti del convento dei Carmelitani annesso alla chiesa di San Paolino nell’omonima piazza, nella zona alle spalle di Santa Maria Novella, che da via Palazzuolo prosegue in via del Porcellana. Ebbene, voci sempre più insistenti dicono che quello spazio interessa la cooperativa Coeso, in accordo col Comune e la Curia, che potrebbe farne un centro di accoglienza per minori non accompagnati. I lavori per la ristrutturazione dell’enorme complesso potrebbero andare sui 2milioni di euro.
Ma i residenti sono in allarme, perché la zona, com’è noto, già vede la presenza di un centro della Caritas, oltre a una densità di popolazione straniera forse la più alta di Firenze. Una questione di equilibrio, dicono i residenti, che si dividono in due ali, quella “dura” e quella “morbida” che considera l’area un’ottima opportunità per l’utilizzo a vantaggio del quartiere. Così, le idee corrono, ma la più “vincente” potrebbe essere trasformare la struttura in una Biblioteca di Quartiere sul modello di quella dell’Isolotto, che diventi non solo centro di studio ma anche di socializzazione. Un luogo, dove studiare, leggere, ma anche relazionarsi. Una possibilità che potrebbe riuscire a mettere insieme le varie anime di un quartiere “difficile”.
E i soldi? Come spiegano alcuni residenti, c’è anche una nuova possibilità che potrebbe aprirsi, grazie all’approvazione, in consiglio comunale e all’unanimità, del regolamento che prevede la possibilità di “patti di collaborazione” fra cittadini al fine di gestire e cogestire strutture che possono essere indirizzate a utilità comuni. Insomma, magari con qualche aiuto, ma la struttura in questione potrebbe diventare una biblioteca pubblica con intorno una ghirlanda di iniziative e relazioni interetniche da cui, come dice un cittadino interpellato, “la comunità non avrebbe altro che da guadagnare”.
Del resto, anche fra assessori e forze politiche sembra che monti la perplessità su come utilizzare la struttura, tanto più che di sicuro, come sottolineano alcuni operatori, più passa il tempo e più degrado e abbandono rendono difficile il recupero, anche se sembra che la cooperativa non abbia alcuna intenzione di forzare la mano sul territorio.