Contro un 25 aprile ideologico serve la Storia

La solita festa di una parte con le solite polemiche dell’altra parte. Basta coi “chi sa parli”. Si faccia seria ricerca perché la giornata diventi per tutti

la Vittoria con la bandiera italiana. ResistenzaSolitamente offro ai lettori di 7per24 un’analisi di alcuni degli avvenimenti più significativi che si sviluppano in Medio Oriente. Tuttavia con l’avvicinarsi della festività del 25 aprile ho pensato di convidere con voi alcune riflessioni maturate come storico di professione. Credo che inevitabilmente anche quest’anno non mancheranno polemiche fra chi sostiene la festa, chi la critica e chi non vede la necessita’ di un sano dibattito su cosa realmente rappresenti il 25 aprile. Credo sia arrivato il momento di guardare al 25 aprile in modo diverso, rispettando il valore della festività e allo stesso tempo cercando di comprendere il significato di questa data. Con la fine del fascismo e la creazione della Repubblica i Padri Fondatori, di qualsiasi colore politico, sicuramente fecero una scelta importante nel selezionare una data per ricordare la liberazione dell’Italia dalla dittatura fascista e dall’occupazione nazista, ma soprattutto per creare un senso di unità dopo un periodo storico marcato da estreme divisioni. A più di sessant’anni di distanza, credo sia arrivato il momento di rivedere la storia di quel periodo e di dare un nuovo significato ad una festa che col passare degli anni è diventata sempre più vuota del significato originale e oltremodo divisoria, di fatto in pieno contrasto con l’idea dei fondatori dell’Italia Repubblicana.

Sono sicuro che a questo punto qualche lettore sarà già pronto a sventolare l’accusa di revisionismo storico. Il fatto è che rivedere la storia non è un male, tutt’altro. Mi si concedano due paragoni per capire quanto è importante riuscire a guardare alla storia nostrana ed essere in grado di capire quando ci si è raccontati delle falsità per non parlare della Storia (lettera maiuscola) che ci avrebbe costretto a riflettere maggiormente su noi stessi. Una ventina d’anni fa in Israele un gruppo di storici cominciò a riflettere sulla propria storia, sul mito creato nel 1948 della lotta impari fra Davide (Israele) e Golia (Arabi) e sul fatto che i Palestinesi se ne erano andati di spontanea volontà. Questa riflessione ha portato a scrivere pagine importanti che hanno permesso alla societa’ Israeliana di riflettere sulla loro storia e di integrare nel dibattito politico elementi che prima erano volutamente tenuti fuori. I miti sono stati definiti tali – gli Arabi non erano poi davvero come Golia e i Palestinesi sono stati cacciati (consiglio vivamente i lavori di Benny Morris e Ilan Pappe). Certo il dibattito è tutt’altro che sopito, ma va apprezzata la volontà di fare un passo avanti e avera la capacità di guardare alla propria storia con occhio critico. Il secondo esempio è in relazione agli Stati Uniti. Per decenni siamo stati abituati a pensare che gli Indiani (nativi americani) brutti e cattivi abbiano massacrato civili americani che si espandevano verso ovest; la realtà è che vari governi americani hanno utilizzato qualsiasi metodo per ridurre in numero e confinare in riserve le popolazioni locali. Oggi, seppur con qualche distinzione, sono tutti d’accordo che i nativi americani sono stati vittime di massacri e pulizia etnica a tal punto da rivedere l’opera e il giudizio su un numero di presidenti americani che per tanto tempo erano stati definiti eroi. Saremo in grado anche noi di fare lo stesso?

Come storico e cittadino italiano sono convito che la reinterpretazione della storia della Resistenza (lettera maiuscola) non sia solo possibile, ma anche una necessità per storicizzare e quindi umanizzare un mito che per tanti anni ci ha accompagnato e che mostra segni di usura. E’ ora di fare Storia, è ora di lavorare su tutte le fonti storiche accessibili e di alzare la voce per ottenere quelle che vengono tenute chiuse. E’ il momento di mettere da parte gli appelli del “chi sa parli”, la storia manipolata da partiti, chi per giustificare un comportamento chi per accusare un nemico, e anche l’idea di scrivere una verità storica che raramente esiste. La Storia della Resistenza ha bisogno urgente di uscire da un guscio che la sta soffocando e per fare ciò è necessario rompere il guscio e avere il coraggio di vedere cosa c’è davvero dentro. Come storico vorrei vedere in Italia professionisti che con coraggio si buttino sulle fonti della Storia per non solo raccontarci cosa è successo – la storiografia italiana in generale è affetta da una verbosità descrittiva spesso non necessaria – ma per analizzare un periodo del quale sappiamo ancora poco. Per quanto sembri un paradosso, visto il numero di pubblicazioni disponibili, il fatto è che molte opere sono superficiali e non prendono in considerazione tutto il materiale disponibile.

La domanda che bisogna porsi è se sia possibile scrivere una Storia della Resistenza senza che questa serva una causa o un partito politico: io sono convinto si possa e si debba fare. Senza passare per ingenuo, ovviamente mi rendo conto di quanto questo dibattito possa essere politicizzato, proprio per questa ragione la Storia della Resistenza ha bisogno di essere riscritta e valorizzata senza diventare il patrimonio di una singola area politica. Sono convinto che i professionisti della Storia, lavorando con gli strumenti adeguati, possano riscrivere la storia della Resistenza che resta un caposaldo della nostra storia repubblicana, che non può essere maltrattata da chi se ne appropria indebitamente senza capirla e chi semplicemente la vorrebbe cancellare. Un appello, ecco ciò che vorrei lanciare, un appello perché la Storia (lettera maiuscola) possa finalmente trovare un posto fra tutte le storie (lettera minuscola) fin qui scritte.

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