Congresso Sunia, Laura Grandi confermata alla segreteria fiorentina

Firenze – Laura Grandi è stata riconfermata segretaria fiorentina del Sunia. La notizia è stata resa pubblica ieri, nel corso del congresso provinciale del Sunia che si è tenuto a Firenze, nella Casa del Popolo a San Bartolo a Cintoia. Ricco il parterre degli interventi, con il segretario nazionale del Sunia Stefano Chiappelli, l’assessora alla casa del Comune di Firenze Benedetta Albanese, Vincenzo Notaro di Federconsumatori, il consigliere comunale di SPC Dmitrij Palagi, l’associazione Progetto Firenze con Grazia Galli, la segretaria della CGIL Paola Galgani, l’assessora a welfare del Comune di Sesto Camilla Sanquerin, il consigliere regionale Andrea Vannucci, Marco Gaito di UPP, il presidente del consiglio comunale fiorentino Luca Milani, la presidente del Q3 Serena Perini, Eros Cruccolini garante dei detenuti presso Palazzo Vecchio.

Il congresso è stato anche l’occasione per fare il punto sulla situazione casa nel territorio toscano; un affresco che non ha mancato di sottolineare criticità comuni a livello nazionale e esigenze ormai non più rimandabili, in primis mettere mano a un piano casa che coinvolga sia il necessario intervento del governo centrale, sia l’altrettanto necessario intervento a livello di enti regionali e locali.

Perché, ed è stata questa la cifra dell’intervento di Laura Grandi, il problema della casa è divenuto il principale problema delle famiglie, in particolare sul territorio fiorentino: per reperibilità, accesso, mantenimento della stessa. Criticità gravi che fanno a cazzotti con quello che è riconosciuto il diritto più fondamentale, necessario per dare concretezza a quelli ritenuti già da tempo fondamentali, ovvero lavoro, istruzione, salute.

La disanima, in particolare per Firenze città d’arte e di desiderio per il turismo internazionale, è impietosa. “Firenze, la città più bella del mondo, la più desiderata, la più fotografata, riprodotta dai social media, è su questo tema una città matrigna, tiranna, respingente”. Una città con un mercato delle locazioni inavvicinabile, con una dinamica abitativa “senza speranza per i ceti medio-bassi, per tutti coloro che non sono benestanti. In 4 parole: Firenze è una città per ricchi”. E dopo il lockdown, ancora di più,

Alba del 9 marzo 2020, la città si svuota. Il lockdown cala sulle strade e le piazze di Firenze capitale del turismo e la città diventa improvvisamente una città fantasma. Dal punto di vista dell’emergenza abitativa, la situazione si cristallizza: “10mila famiglie stimate in emergenza abitativa, terza città con i prezzi al metro quadro più alti dopo Milano e Roma, 2mila sfratti convalidati all’anno, 60 esecuzioni con forza pubblica al mese, prezzi degli immobili a 4mial euro al metro quadro, affitti sostenibili pia illusione, affitti turistici che comandano il mercato, famiglie costrette a lasciare Firenze per destinazioni meno onerose, 4% le assegnazioni di case popolari in graduatoria, 600 alloggi di case popolari sfitte”.

Nel 2018, ricorda Grandi, era stato enunciato il Piano casa del sindaco Dario Nardella. La pandemia blocca tutto, mette sul piatto 18 lunghi mesi consegnati alla politica per riflettere. Il provvedimento principale che ne risulta, il blocco degli sfratti esecutivi, nazionale ovviamente, per 18 mesi. Un atto che di fatto scarica sui proprietari il costo sociale della crisi abitativa. Ma al risveglio dal lungo lockdown, qual è la situazione?

“All’alba del 3 dicembre, sono 18mila le famiglie a Firenze in emergenza abitativa, Firenze è la seconda città con i prezzi al metro quadro più alti dopo Milano, 2.500 sfratti convalidati all’anno, 150 esecuzioni con forza pubblica al mese, immobili alle stelle, non solo non si trova casa ad affitti sostenibili, non la si trova proprio, il mercato degli affitti turistici è la cifra per leggere il mercato delle locazioni in questa città, le famiglie lasciano Firenze, il 4% di assegnazioni di case popolari in graduatoria, 800 alloggi di Erp sfitte”.

L’esclusione dalla casa, continua Grandi tirando le somme, coinvolge tutti, sul criterio del reddito: extracomunitari, donne sole, studenti, lavoratori, pensionati. La situazione economica per vivere a Firenze deve essere florida, “con garanti pronti a far fronte alla situazione, contratti di lavoro a tempo indeterminato, Isee alti, ecc. E alla fine, non è detto che si riesca ad ottenere, la casa”.

Ed è proprio la casa, ciò che il sindacato si è sentito più chiedere in questi anni. La casa, quasi “ci fossimo trasformati in un’agenzia immobiliare. un a casa a prezzi sostenibili, e nel vuoto il sindacato è diventato terminale delle ricerche”.

Di fatto, dice Grandi, “siamo di fronte alla preclusione di un diritto”. Soprattutto nei confronti dei più deboli. Cosa può fare un sindacato?

“Abbiamo poche proposte, ma pensiamo siano efficaci – continua Grandi – per esempio, affrontare gli sfratti con una Commissione per il disagio abitativo, come da nostra richiesta, dove programmare il famoso passaggio da casa a casa, un organo di governo e gestione ordinata degli sfratti, con un calendario delle esecuzioni, che argini tensioni sociali sempre più forti”.

L’esplosione degli sfratti per morosità infatti, già latente sul territorio, ha finito per coinvolgere, come più volte riportato su queste pagine, anche la classe medio bassa che era riuscita a “galleggiare” fino al 2019. Un dato su tutti: i provvedimenti emessi settimanalmente dal Tribunale di Firenze sono una cinquantina. E questo significa una sola cosa: crisi sociale.

Altra proposta del sindacato, raccolta dal Comune di Firenze ad ora con scarsi risultati, quella dell‘Agenzia sociale “pensata come strumento per reperire sul mercato privato immobili privati. Disponibili a collaborare per la riuscita, purtroppo non brillante. I problemi sono tanti – aggiunge Grandi – ma si poteva raccogliere un maggior coinvolgimento degli attori in campo: ad esempio, si poteva prevedere un’agenzia metropolitana oltre ad un’attività di scouting nel mercato abitativo dei grandi enti, facendo pesare il ruolo dell’amministrazione. E’ chiaro che a Firenze ci si deve confrontare con un mercato votato esclusivamente o quasi all’affitto breve turistico; ma il progetto, forse si può dire, poteva correre con gambe migliori”.

Ed ecco che emerge uno dei tappi più evidenti del mercato locatizio fiorentino per quanto riguarda le residenze, ovvero il fenomeno dell‘overtourism, come viene definito l’impatto negativo che il turismo ha sulla qualità della vita dei cittadini e delle città. Da preziosa risorsa a rapido veleno, il turismo di massa sfrenato ha gonfiato la domanda di posti letto al di sopra delle catene alberghiere, determinando l’esplosione delle attività di ricezione alternative.

“L’espansione di queste forme ha, in assenza di strumenti urbanistici adeguati a governarne impatto e integrazione con il resto del territorio, apporta alterazioni evidenti e temo irreversibili sul tessuto sociale, economico e urbanistico nelle città e nei borghi”.

La chiave del fenomeno, la “possibilità di aprire attività ricettive in immobili residenziali, senza doverne richiedere il cambio di destinazione d’uso ma con semplice comunicazione, da un lato ha prodotto un boom di investimenti sul settore immobiliare residenziale, dall’altro ha cambiato la fisionomia di interi quartieri. via i residenti, significa via gli utenti di molte delle attività economiche preesistenti”.

Non solo. L’altro rischio segnalato dalla segretaria del Sunia, è che il meccanismo di investire in prevalenza nel settore turistico spostando le case dallo spazio abitativo a quello della rendita o del reddito d’impresa, comporta il continuo innalzarsi del costo dell’abitare. Ciò comporta. dice Grandi, “l’allargarsi del divario fra salari e e costo della vita. La favoletta di affittacamere, b&b affitti brevi non professionali che sarebbero strumenti di valorizzazione del territorio e surrogato di welfare è miseramente caduta. A Firenze ciò ha comportato l’esplosione di centinaia di imprese ricettive a spese di ogni altra forma di attività, drogando il mercato immobiliare tanto da condurre i lavoratori del ceto medio basso a consumare fino al 50% del proprio reddito per abitare”.

La soluzione, normare il fenomeno, intervenendo su una legge nazionale, la 431/1998, oramai vecchia e incapace di stare al passo con i tempi. Riforma “non più rinviabile”. Il principio cui ispirarsi, propone il Sunia, è estendere a tutto il territorio nazionale la possibilità per i proprietari di vedersi riconosciuta una tassazione agevolata (la cedolare secca) in cambio della disponibilità ad affittare la casa a canoni concertati, introducendo la possibilità per l’inquilino della deducibilità di quanto paga di affitto.

Così, mentre aumenta il numero di famiglie non in grado di onorare il canone locatizio del libero mercato fiorentino (passate in pochi anni dal 20% al 50%), emerge un’altra criticità nella criticità, ovvero la “sproporzione tra il bisogno di locazioni a canone sostenibile e i patrimonio Erp – ricorda Grandi – che nel comune di Firenze non arriva alle 9 unità (12,500 in tutta la provincia) costituendo il 45% del patrimonio abitativo locale”. Una situazione che non è solo dovuta a mancanza di fondi, ma, dice Grandi, “serve volontà politica”.

Fra gli altri punti toccati (dalla necessità di un ripensamento del ruolo e delle funzioni dell’ente gestore, Casa spa, allo snodo delle famiglie che non rientrano nei limiti di Erp o housing sociale pur rimanendo escluse dal mercato libero), emerge anche la necessità di operare una “manutenzione” della legge regionale, manutenzione che riguarda anche l’esigenza di affinare il sistema dei requisiti, dei punteggi, che si ponga il problema di chi si trova in graduatoria da anni e si trova scavalcato da continue situazioni emergenziali acute.  “Le case popolari – insiste Grandi – non possono trasformarsi n un centro di prima accoglienza e rappresentare esclusivamente la risposta dei servizi sociali ai casi di marginalità estrema. Negli ultimi anni, si assegnano case a casi problematici lasciandoli poi soli, il che significa spalmare il disagio sui blocchi popolari. Si rischia la tenuta sociale”.

Ancora, la validità delle autogestioni, fiore all’occhiello del sistema fiorentino. Si tratta di un sistema, in cui “gli assegnatari si prendono cura autonomamente della gestione dei servizi, mantenere il decoro nei palazzi e un tessuto sociale sano e democratico. La nostra richiesta ai comuni è di credere nella loro efficacia e incentivarli, trovando una nuova chiave di lettura per le nuove sfide, fra quali sottolineiamo la necessità di rispettare le regole di convivenza, i regolamenti, il semplice rispetto dei vicini. Bisogno e legalità vanno di pari passo”.

 

 

 

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