Tra poche ore verrà confermato il nome del nuovo segretario del Pd reggiano e sarà quello di Andrea Costa, salvo clamorose sorprese dell’ultimo momento. Sono innumerevoli le considerazioni che si possono fare, a cominciare dalla sconfitta dell’asse Castagnetti-Delrio. Ma c’è un dato complessivo che non riguarda una singola corrente ma il “sistema” nel suo complesso. Anche nella Prima Repubblica i congressi erano terreno di scontro tra fazioni e ras locali, ma un quadro così frammentato era impensabile. Mai, almeno da queste parti, le dinamiche locali sono state così lontane da quelle nazionali. Nonostante le specificità legate al territorio, insomma, c’era una coerenza di fondo con quello che accadeva nel resto del Paese. Oggi non è più così e per trovare la conferma basta scorrere i risultati della consultazione elettorale nei circoli della provincia.
Lasciando da parte Roberta Ibattici, esponente civatiana che ha alle spalle un gruppo organizzato intorno al leader (Pippo Civati ha cotruito a Reggio un piccolo quartier generale), ci vuole un bello sforzo di fantasia per definire Giammaria Manghi un renziano. Dinamiche altrettanto diverse hanno portato alla vittoria di Andrea Costa che ha attratto intorno a sé un ampio consenso. Anche in questo caso però la proposta di Cuperlo c’entra ben poco.
Tornando ai numeri, è evidere l’influenza dei sindaci sui risultati e anche questo dato letto in controluce dimostra una sostanziale debolezza del partito come organo sovraordinato. Solo per fare qualche esempio, a Castellarano dove il primo cittadino, Gianluca Rivi, è civatiano la Ibattici ha preso 43 voti, Costa zero; a Rubiera dove in Municipio siede Cavallaro Costa ha stravinto mentre a Boretto il renziano Gazza ha fatto convergere tutti i voti su Gianmaria Manghi.