Nella giornata di oggi, lunedì 14 aprile, al Giglio si è svolto un nuovo incontro dedicato alla rimozione della Costa Concordia. Il capo della Protezione Civile, Franco Gabrielli, il sindaco gigliese, Sergio Ortelli, il responsabile delle operazioni di rimozione, Franco Porcellacchia, ed il responsabile dell’Osservatorio sulla rimozione del relitto, Maria Sargentini, hanno fatto il punto sull’avanzamento dei lavori per rimuovere la nave naufragata il 13 gennaio 2012 dalle secche di Punta Gabbianara. Attualmente all’isola del Giglio sono impegnati 290 operatori, ma si raggiungeranno le 400 unità nelle prossime settimane. Tutto è tenuto sotto controllo dall’Osservatorio, ha spiegato Sargentini, e “si è lavorato molto, soprattutto per capire come garantire un rigalleggiamento in sicurezza del relitto. Ma si è anche vigilato con grande attenzione sulle condizioni dell'ambiente marino”. Le analisi ambientali condotte da Arpat restano rassicuranti, ma non bisogna abbassare la guardia in quanto i rischi per l’ambiente marino gigliese restano alti.
Tutti, in ogni caso, hanno concordato sugli obiettivi prioritari. Poco importa quale sarà il porto di destinazione. Poco importa che la rimozione avvenga a giugno o a settembre. Basta che avvenga in condizioni di sicurezza, tali da dare garanzie all’isola del Giglio, sia sotto l’aspetto ambientale che sotto quello turistico ed economico. Insomma: rimuovere quanto prima possibile la Concordia, ma senza rischi.
E mentre al Giglio si parlava della rimozione del relitto, al Teatro Moderno di Grosseto andava in scena – è proprio il caso di scriverlo – una nuova puntata del processo per il naufragio della Concordia. Roberto Ferrarini, capo dell’unità di crisi di Costa Crociere, è tornato ad accusare il capitano Schettino. “Lasciai autonomia” al capitano, ha spiegato Ferrarini, ma lui non chiese mai che da Genova venisse presa in mano la gestione dell’emergenza. “E’ paradossale – ha proseguito – che ora dica di essere stato lasciato solo dalla compagnia”.
Schettino aveva dichiarato che, alla richiesta dell’uso di rimorchiatori, Ferrarini avrebbe detto di minimizzare la portata dell’evento con la Capitaneria di Porto, dicendo testualmente “Ci mangiano la nave”. Il capo dell’unità di crisi della compagnia di navigazione genovese ha però smentito categoricamente di aver pronunciato questa frase in una delle sue 16 telefonate intercorse quella sera con Schettino. L’uso dei rimorchiatori, ha spiegato, non sarebbe costato sacrifici economici a Costa Crociere. Fu Schettino stesso a minimizzare, secondo il suo racconto, la portata dell’emergenza. “Schettino mi propose di dire alle autorità che a causa di un blackout aveva fatto una collisione. Ma io dissentii fortemente, mi arrabbiai. Era una cosa differente e falsa rispetto a quanto mi aveva raccontato prima, e cioè che aveva urtato uno scoglio e che la nave si era allagata”, ha dichiarato Ferrarini.
Il capo dell’unità di crisi di Costa Crociere, che ha patteggiato una pena di 2 anni e 10 mesi per omicidio plurimo colposo, lesioni plurime colpose e mancate comunicazioni alle autorità marittime, ha in sostanza sostenuto che Schettino sembrava “sereno”. Aveva sotto controllo la situazione, almeno in apparenza. Parlava di black-out per nascondere la verità dei fatti. Cercava, anzi, di convincere a Ferrarini a sostenere questa versione per ridurre la portata del disastro. “Il tono di Schettino era rassicurante – ha aggiunto – le informazioni che mi dava, mi facevano ritenere che la situazione era sotto controllo”. In aula è stata poi ascoltata una delle telefonate intercorse fra Schettino e Ferrarini, nella quale il capitano della Concordia dice di aver urtato uno “scoglietto”.