Comunità energetiche rinnovabili, proposte di inquadramento giuridico

Modelli concreti per gestire la natura complessa delle Cer

Arriva da Roma, per la precisione dell’ Ecofuturo Festival, una delle ultime sistemazioni giuridiche che riguardano le Cer, acronimo sempre più diffuso e di uso comune, che sta per “comunità energetiche rinnovabili”. E’ infatti nella prima giornata del grande festival del green sostenibile e rinnovabile che si è tenuto a Roma fra l’8 e l’11 maggio, giunto alla sua undicesima edizione, che è stato affrontato il problema.

Sul tema sono intervenuti i giovani avvocati dello Studio Legale GreenSquare Italia, nato nel 2021. Come spiega la coordinatrice del team, Ludovica Terenzi, le Cer sono definibili a livello giuridico come “un meccanismo proposto dal legislatore europeo per combattere la povertà energetica”. Se la definizione sembrerebbe rasentare il banale, in realtà, sottolinea Terenzi, “la difficoltà è scrivere gli statuti”, ovvero rendere esistenti e operative le Cer. Sin da questo primo e indispensabile passo emerge infatti la complessità giuridica della fattispecie, che deriva anche da una legislazione ancora in divenire, unita a una giurisprudenza altrettanto dinamica, che ha ad esempio visto il recente  Studio n.38-2024/i – Le incentivate comunità energetiche rinnovabili e il loro atto costitutivo” pubblicato dal Consiglio Nazionale del Notariato, che esamina la disciplina che deve essere rispettata dalle comunità energetiche rinnovabili che ambiscano a ricevere i contributi economici pagati dal Gestore dei Servizi Energetici (GSE), rimescolare le carte in tavola. “I rischi sono due – spiega Terenzi – dal punto di vista civilistico riguarda la stesura della documentazione, dal punto di vista amministrativo riguarda gli incentivi concessi dal Gse”. Cercando un ordine, secondo gli studi del team , sono state individuate alcune categorie. Intanto, il modello industriale, che ha queste caratteristiche: intervento diretto all’interno di PMI; attivazione di una o più CER (autoconsumo); utilizzo dell’incentivo come welfare aziendale.

Un secondo è quello “comunale”, dove invece viene praticato l’efficientamento energetico sui singoli edifici”, quindi in questo caso si fa o tra tramite EPC (ingegneria, appalto e costruzione) o attraverso Project Financing passando per gara pubblica; oppure, ancora, una Cer mista, che coinvolge privati cittadini, enti anche religiosi, imprese”.

Per quanto riguarda il modello cosiddetto “comunale”, il dottor Guglielmo Vacca presenta l’esempio di una Cer a trazione pubblica, Un Comune, nello specifico quello di Falconara Marittima. ha deciso di proporsi come promotore di una comunità energetica. Ovviamente, la partecipazione di una amministrazione pubblica chiama il bando di una gara, pubblica, che presuppone l’applicazione del codice dei contratti pubblici: nel caso del comune marchigiano, oggetto era la messa a disposizione dei tetti di alcuni edifici pubblici per realizzare impianti fotovoltaici per la Cer. Nel caso specifico, ciò ha provocato una maggiore partecipazione dei cittadini sfociata nella creazione di un’associazione non riconosciuta ente del terzo settore, consentendo a tutti gli appartenenti al Comune, che ne avessero volontà, di aderire.

Ma le implicazioni della creazione della Cer con la partecipazione di un ente pubblico sono piuttosto complesse. Una delle principali, riguarda i tempi, prolungati, dovuti alla necessità di promulgare una serie di delibere comunali per l’approvazione della Comunità energetica e poi dello Statuto e dell’atto costitutivo, come spiega l’avvocato. Altri passaggi riguardano il contenuto stesso dello statuto , in particolare, nel caso specifico, la distribuzione dell’incentivo e le modalità della governance.

Quest’ultimo è un tema particolarmente importante per i Comuni, perché a seguito degli studi del Notariato e dei vari decreti susseguitisi, sono emerse una serie di questioni per fare in modo che la governance della Comunità energetica sia garantita all’ente pubblico. “E’ necessario precisare che tutti gli enti del terzo settore sono tenuti a rispettare un principio generale di democraticità. Ciò significa che è necessario assicurare a tutti gli appartenenti alla Cer di poter partecipare all’assemblea, di poter esprimere il proprio voto sulle questioni principali, come ad esempio la nomina degli amministratori, l’approvazione del bilancio e tutte le questioni che concernono la vita della Cer”. In ogni caso è possibile, mettendo veti o clausole all’interno dello Statuto, garantire all’ente pubblico di mantenere una forma di controllo.

Un’altra fattispecie è la Cer di tipo privato. il caso concreto cui si riferisce l’avvocato Ilaria Gareddu ha coinvolto un ente religioso. Il decreto legislativo (199/2021), riconosce fra i soggetti che possono avere potere di controllo nell’ambito delle Cer, anche gli enti religiosi. Nel caso specifico, l’ente religioso ha acquisito, secondo quanto predisposto dalla normativa, il ruolo di prosumer (il prosumer è un soggetto che possiede un impianto di produzione di energia da fonti rinnovabili, come ad esempio pannelli solari fotovoltaici, e consuma una parte dell’energia che produce, ndr). Altri quindici cittadini sono stati coinvolti nella comunità, con vantaggio concreto nel pagamento delle bollette. Si tratta di un esempio, dice Gareddu, in cui le finalità di tipo ambientale e sociale sono state realizzate. “infatti, questi fconsumatori, hanno avuto la possibilità di ricevere costi vantaggiosi per quanto irguarda la bolletta”. La regolamentazione della distribuzione dell’incentivo ricevuto da questa comunità energetica, a dimostrazione del perseguimento della finalità sociale, ha visto il riconoscimento di un 20% di questo incentivo per il perseguimento delle finalità sociali della comunità energetica. .

Per quanto riguarda la fattispecie giuridica, all’inizio era stata scelta quella dell’associazione non riconosciuta di tipo civilistico, dunque regolamentata dalle norme del Codice civile, dice Gareddu.. Ma in seguito allo studio del Notariato in tema, pubblicato circa un mese fa, è stata necessaria una modifica, che ha portato a mutare da 1’associazione non riconosciuta civilistica ad associazione non riconosciuta del terzo settore. Ciò si è reso necessario in quanto l’incentivo riconosciuto veniva considerato come distribuzione dell’utile, per il quale come noto, vige il divieto per le associazioni non riconosciute civilistiche. La questione è stata affrontata con una modifica statutaria, che ha visto l’iscrizione dell’associazione al Registro unico nazionale del Terzo Settore e trasformandola quindi in associazione non riconosciuta ente del Terzo Settore. In realtà anche il codice del Terzo Settore, ovvero il decreto legislativo 117/2017, prevede un divieto generale dello stesso tipo, come sottolinea Gareddu, ma è un divieto che può essere annullato se si persegue un’attività di interesse generale. Le attività di interesse generale sono quelle elencate all’articolo 5 del decreto 117/2017, che, alla lettera E, prevede anche tutti quegli interventi che mirano al miglioramento ambientale. tra cui sono state aggiunte le attività di produzione e condivisione di energia da fonti rinnovabili ai fini di autoconsumo. In questo modo, è stata assicurata la possibilità di non incorrere nel divieto di distribuzione di utili.

Tirando le fila e al di là dei casi concreti che tuttavia continuano, insieme alla legislazione e alla giurisprudenza, a delineare la sistemazione giuridica di una fattispecie innovativa come le Cer, che si pongono a metà fra soggetti privati e pubblici, la questione delle tutele e delle modalità di azione che sollevano questi nuovi soggetti sono senz’altro ancora in via di soluzione e forse, come suggerito da più parti, sarebbe necessaria una regolamentazione giuridica specifica che si occupi delle Cer slacciandole da suggestioni giuridiche ormai “strette” per la natura composita di queste nuove comunità.

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