Mentre il premier Enrico Letta, davanti all’auditorium sintonizzato dei Ciellini di Rimini, sfida i “professionisti del conflitto”, gli antieuropeisti e i residuati sostenitori del Porcellum, Silvio Berlusconi si prepara alla difesa finale ed epocale. Già si mormora di un probabile revival dello storico contrattacco carico di profezie a firma di Bettino Craxi nel Parlamento del ’92. Insomma le sorti dell’attuale Governo restano appese ad un filo, sempre più sottile.
In attesa del redde rationem, per fare un po’ di analitica chiarezza contro i troppi luoghi comuni che da sinistra offuscano le possibilità di capire il fenomeno, è finalmente uscito il primo libro “serio” sul berlusconismo. Lo firma lo storico Giovanni Orsina per i tipi di Marsilio e si intitola “Il berlusconismo nella storia d’Italia”. Le sue corde sono assai differenti rispetto alla ridda di facili libercoli usciti in questi anni e teorizzanti l’equazione Mediaset+donne nude= successo di Arcore.
Qui dalla presente rubrica se ne consiglia vivamente la lettura; in sostanza ed in soldoni si documenta come l’impasto contraddittorio tra liberalismo e populismo sia stato al contempo la ragione del successo e quella del fallimento dell’ormai ex Cavaliere. Caratteristiche personali e conflitti privati (oltre alla reazione violenta di gran parte della società italiana intrisa di statalismo) il forte limite e la (giusta) sintesi del suo unfitness to rule, non tanto il messaggio e l’aspirazione politiche.
Berlusconi ha fiutato la via ad una (possibile) modernità ma ha imboccato la scorciatoia della leadership salvifica invece che la strettoia di un programma di riforme popperiane. Chi ne fa una mera questione “senologica”, nella migliore delle ipotesi è in malafede.