Firenze – Fase 2, la preoccupazione stagna fra i dipendenti del Comune di Firenze. Il rientro al lavoro collegato alla Fase 2 dell’emergenza, coglie infatti i lavoratori confusi su come si svolgerà, quali saranno le modalità di portezione, cosa si potrà e non si potrà fare, e come. A farsi portavoce di questo disagio è l’Usb, che con una lettera rivolta al sindaco, all’assessore al personale, al direttore generale e ai direttori, chiede un protocollo antcontagio che metta nero su bianco regole e modalità di riavvio degli uffici.
In sintesi, la lettera sottolinea alcuni punti fondamentali: dalla necessità di ottemperare all’ordinanza 48 della Regione, che ribadisce l’obbligo in capo al datore di lavoro di adottare il Protocollo Anti-Contagio, come misura necessaria per lo svolgimento dell’attività lavorativa, a quella del merito del protocollo stesso. Protocollo che, ‘d’altro canto, dicono dall’Usb, presuppone “che ci sia stata una pianificazione delle diverse fasi e una programmazione degli interventi da attuare”. Ma ad oggi, constatano i lavoratori, “ci troviamo costretti a sottolineare che le informazioni sono giunte spezzettate ed incomplete”.
Dunque, al primo punto l’Usb mette la necessità di “un coinvolgimento consapevole e attivo dei lavoratori, attraverso la consultazione dei propri rappresentanti, in nome del principio della partecipazione sancito dal D.Lgs. 81/2008”. Anche perché è necessario “che i lavoratori vengano adeguatamente informati in merito a tutti gli elementi contenuti nel Protocollo Anti-Contagio stesso, sia nella parte generale, comune a tutto il Comune di Firenze, che per eventuali specifiche adottate dalle singole Direzioni”. Ricordando anche che è obbligo di legge per il datore di lavoro “adottare tutte le azioni possibili per eliminare o ridurre al minimo i rischi per la salute e la sicurezza dei lavoratori”, e che, di conseguenza, “il datore di lavoro e i dirigenti incorrono in tutte le sanzioni previste” dalla legge, l’Usb aggiunge che, qualora fosse necessario, “verrà richiesto l’intervento degli organi di vigilanza preposti al controllo della sicurezza dei lavoratori”. E dunque, conclude la lettera dell’Usb, “chiediamo all’amministrazione” di coinvolgere i lavoratori e di conoscere il piano anti contagio nei suoi dettagli.
E quali sono i dettagli, banali da un lato e importantissimi dall’altro, di cui i lavoratori vorrebbero contezza a tutela loro e degli utenti che usufruiscono dei loro servizi, lo spiega in sintesi Stefano Cecchi, dell’Usb comunale: “Cominciamo dalla necessità della sanificazione di tutti i locali, che come tutti sanno, per essere efficace deve essere fatta quotidianamente, per arrivare ai tempi del rientro, alle modalità (tutti insieme? Scaglionati? Diversificati per uffici?), alle regole per affrontare il sovraffollamento degli uffici stessi, alle modalità di ricevimento del pubblico, alla presenza e alle modalità di distribuzione dei presidi sanitari individuali”. Passaggi insomma che potrebbero apparire di poco conto, ma che sono i passi necessari per la sicurezza sanitaria di operatori e cittadini. Inoltre, incalza Cecchi, “è necessario che il direttore generale dia indirizzi precisi a tutti i direttori”. “Basta con l’improvvisazione – continua – il problema di fondo è che niente è più come prima, dobbiamo affrontare una fase mai sperimentata dalle nostre generazioni. Perciò, anche il lavoratore che sta a 100 chilometri dal lavoro deve sapere prima come comportarsi e con quali modalità riorganizzare la sua vita. Un altro principio fondamentale è che tutti gli operatori che hanno avuto contatti col pubblico siano sottoposti ai controlli previsti. Con una importantissima avvertenza: il coinvolgimento e la partecipazione dei lavoratori e dei loro rappresentanti in particolare in questa fase diventa dirimente”.