Il governo non ritiene di inviare una commissione d’accesso ispettiva al Comune di Reggio Emilia, ma non esclude di farlo se dovessero emergere nuovi elementi, con particolare riguardo ai rapporti con il costruttore Francesco Macrì e alla lettera scritta del detenuto Pasquale Brescia al sindaco di Reggio Emilia “nei confronti del quale la Prefettura ha attivato un dispositivo tutorio” in relazione a una possibile natura intimidatoria della lettera stessa. Questa in sintesi la risposta del ministro degli Interni Alfano a un’interrogazione di Maria Edera Spadoni e di Giulia Sarti (M5S) nel corso del question time alla Camera dei deputati.
Alfano ha spiegato che i rapporti tra il comune e Francesco Macrì, con circa 339 mila euro di lavori e appalti assegnati alla F.lli Macrì, risalgono al periodo 2003-2013, quindi prima dell’arresto del costruttore nell’ambito dell’inchiesta Aemilia avvenuto nel gennaio 2015. Inoltre – ha aggiunto Alfano -la vicenda della casa comprata dalla moglie del sindaco Vecchi, sempre da Macrì, è una questione privata che non ha attinenza con la gestione del Comune”. Tuttavia, ha aggiunto il ministro, “ se dovessero emergere fatti nuovi la questione sarà valutata con la massima attenzione”.
Chiaramente insoddisfatti i 5 Stelle, che hanno accusato Angelino Alfano di non essere un buon ministro dell’interno, enumerando nuovamente tutte le ragioni -dall’affare della casa di Masone, ai rapporti con Francesco Macrì sino ai brogli elettorali nel seggio presieduto da Drammis e alla lettera di Brescia – che imporrebbero una commissione d’accesso antimafia a Reggio Emilia. Nella replica le deputate 5 Stelle hanno nuovamente chiamato in causa il ministro Delrio per il viaggio a Cutro nella campagna elettorale del 2009 e per l’appoggio assicuratogli dall’Aier, l’associazione degli imprenditori cutresi. “Non dubiti, signor ministro – ha concluso Sarti rivolgendosi ad Alfano – Ci penseremo noi a svegliarla”.