Commemorato l’eccidio delle “Reggiane”

REGGIO REGGIANEFu un gesto straordinaria di maturità politica, la manifestazione dei lavoratori e delle lavoratrici delle Reggiane, il 28 Luglio di 73 anni fa. Non era semplice, quando manifestare era vietato e si aveva la certezza della repressione, chiedere la fine della guerra e l’inizio della pace e, manifestando, dire che, caduto il governo Mussolini tre giorni prima, nulla era cambiato con il governo Badoglio. Quella manifestazione finita nel sangue dimostrò la presenza di un fronte democratico vasto e pienamente consapevole – dai cattolici democratici ai socialisti, dai comunisti a coloro che avevano issato immagini del re – che si esprimeva insieme per i diritti fondamentali della persona, per la pace e la democrazia, per la fine della guerra e delle sopraffazioni della dittatura: il 28 Luglio 1943 fu l’uscita dalla clandestinità dell’antifascismo e l’inizio della Resistenza. Oggi dobbiamo ritrovare il filo di quella maturità politica, per dare risposte alla negazione dei diritti, alle ingiustizie e ai conflitti del nostro tempo”.

Così il vicesindaco di Reggio Emilia, Matteo Sassi, intervenuto stasera alla commemorazione dei Martiri dell’eccidio delle Reggiane: gli operai Antonio Artioli, Vincenzo Bellocchi, Nello Ferretti, Eugenio Fava, Armando Grisendi, Gino Menozzi, Osvaldo Notari, Angelo Tanzi e l’operaia Domenica Secchi, che morì con il bambino di cui era incinta.

Un mazzo di fiori è stato lasciato ai cancelli di via Agosti, dove i nove adulti e il bambino nel grembo della madre morirono sotto il fioco dei militari, e una corona di alloro è stata deposta ai piedi della lapide al muro del Tecnopolo, all’interno del quale si sono svolti gli interventi commemorativi, con la partecipazione del segretario nazionale della Fiom Maurizio Landini, del presidente della Provincia Giammaria Manghi, dei rappresentanti sindacali reggiani, del cappellano delle Reggiane don Gaetano Incerti e di numerosi cittadini.

Di questi Caduti, di cui facciamo memoria – ha proseguito Sassi – dobbiamo ritrovare oggi la stessa lucidità, per muovere una critica altrettanto profonda al presente, alle ingiustizie e disuguaglianze, alle negazioni di diritti fondamentali tipici della mentalità di un fascismo che si esprime ora con simboli e strumenti nuovi, con figure nuove in tante parti d’Europa.

REGGIO REGGIANEIl fascismo fu sin dalle sue origini, cioè già negli anni Venti, non solo violenza esplicita, ma sottile azione di propaganda per la costruzione del consenso e la mistificazione della realtà, fu soppressione sistematica di un’istanza collettiva di emancipazione. Oggi assistiamo a nuove e pericolose distorsioni, siamo giunti a pensare che la negazione dei diritti fondamentali, compreso quello basilare alla vita negato a chi affonda sui barconi nel Mediterraneo, non sia altro che un problema per le forze democratiche. Non può essere così. La democrazia serve per affermare quei diritti, è lotta per la loro affermazione, non rinuncia, è strumento di giustizia sociale, pace, libertà, eguaglianza. Per questo dobbiamo recuperare la lucidità dei martiri delle Reggiane, noi che abbiamo il compito di essere depositari del loro impegno, della loro eredità.

La democrazia è un bene comune – ha concluso il vicesindaco – un bene giovane e quindi ricco di potenzialità ma, proprio perché giovane, è anche fragile, da accudire e amare”.

La memoria è un fatto decisivo della persona, senza memoria saremmo solo macchine. E memoria è saper leggere i fatti accaduti, per attualizzarli – ha detto il segretario generale nazionale della Fiom Maurizio Landini – I martiri delle Reggiane fecero un atto, che fu un conflitto sociale, cioè manifestarono, resero cioè evidente una posizione conflittuale rispetto alla guerra, per fermarla e ottenere la pace. Resero esplicito il fatto che per riavere la pace era necessario abbattere il nazi-fascismo. Questo di Reggio Emilia è stato un avvenimento nazionale, non locale, e oggi dobbiamo continuare a leggerlo in questi termini. Questo atto, che fu l’uscita dall’antifascismo come opinione e clandestinità, è stato l’inizio della Resistenza.

Alle Reggiane si era creata una comunità non solo di lavoratori, ma una comunità ‘di conflitto’. Non a caso anche alle Reggiane vi forno, prima del luglio 1943, numerosi arresti, per spezzare questa comunità e il suo pensiero collettivo.

La comunità dei lavoratori delle Reggiane si contraddistingue perché le lotte condotte non si limitavano alla difesa del diritto al lavoro e dei diritti dei lavoratori: gli operai non lottavano solo per sé. Uscendo da questa dimensione, e fisicamente volendo uscire dai cancelli della fabbrica per manifestare in città, la comunità di conflitto dei lavoratori e delle lavoratrici delle Reggiane lottava per la trasformazione della società di quel tempo, lottava quindi per i diritti di tutti, partendo da una integrazione sociale attraverso il lavoro molto sviluppata in questa fabbrica. Qui, al di là dell’orgoglio reggiano per le Officine Reggiane, sta il rilievo nazionale di questa esperienza di comunità di lavoratori per i diritti e la pace collettivi”.

Oggi – ha proseguito il segretario della Fiom – viviamo una situazione complessa e rischiosa. Il rischio principale è che si regredisca a regolare i rapporti tra le persone e gli Stati con le guerre. Per fortuna c’è papa Bergoglio a ricordarcelo: la guerra è alimentata da interessi, profitto, sete di dominio e di potere, insieme con ingiustizie e diseguaglianze sociali enormi. Oggi, come all’epoca dell’eccidio delle Reggiane, viviamo esattamente questo e queste situazioni hanno portato in passato a guerre mondiali.

Come affrontare questa situazione? Il movimento dei lavoratori – ha concluso Landini – contribuì ad affermare la pace e a fermare la guerra. Ancora oggi, partendo dalla riaffermazione dei diritti nel lavoro e prima ancora del diritto al lavoro, possiamo invertire la rotta nella società, così come da un primo atto di Resistenza, quello del 28 Luglio 1943, si giunse alla scrittura dell’Articolo 1 della nostra Costituzione, dedicato alla democrazia fondata sul lavoro. La domanda cruciale, che ora dobbiamo porci, è: quali sono le strategie per cambiare la nostra società? Su questo, nella memoria dei Caduti delle Reggiane, dobbiamo misurarci”.

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