Firenze – Siamo nel 1860: un periodo in cui Francia e Inghilterra già viaggiavano alla grande, godendosi i frutti della Prima Rivoluzione Industriale con la seconda ondata del Colonialismo, ricche di colonie e materie prime, ma anche altrove si andava respirando aria di ricerca e stufa del passato. A Firenze nella scuola più patriarcale e poliziesca, meno curiosa e nepotistica che ci fosse capitavano teste calde e temerarie, disposte a molto pur di infrangere la cortina schiumosa e molle della tradizione. Un po’ le virtù antiemorragiche del clima, per chi avesse debolezze di polmoni, un po’ il disinteresse per le abitudini sessuali degli altri, con un occhio di riguardo per le proprie, la possibilità di apprendere un italiano passabile e respirare aperture mentali lorenesi, unito il tutto alla possibilità di vedere arte sotto forma di pittura, scultura e architettura a piene mani, condita da una certa nonchalance e gusto della battuta, per ferire l’idea e non la persona, facevano sì che qualche seme di novità germogliasse negli orti immediatamente a ridosso della zona dei capestri, ovvero oltre borgo la Croce, fuori porta.
Bene, a Firenze è questione di poco che vedremo sparire il Bindolo di Silvestro Lega, seppur semidistrutto da uno spezzone incendiario dell’ultima guerra, ma pur sempre ombelico della zona de “gli Orti di Piagentina” e documento topografico e storico. Da qualche anno l’hanno, torno torno, recintato e il ristrutturato Villino Batelli giace stravolto e bolso lì vicino, dopo una cura ricostituente dovuta agli investimenti postbellici.
Alle spalle di un supermercato, presso una vecchia industria di matite, c’è una via torta, come un fosso, lasciato libero di cercarsi strada, che, coperto, prese il nome di via della Loggetta. Un tabernacolo le fa da introibo e il vecchio tracciato della Ferdinanda, diventato la Direttissima, la rende senza uscita. Trenta metri, con, alle spalle, un casale ipertrofico, ma pur sempre ex Villino Batelli, uno studio da pittore, seppur di Silvestro Lega, e un residuato di aia col glicine: più lontano il bindolo!