Si apre stasera alle 19 la collettiva “American Dreamers”, alla Strozzina, che suggeriamo di vedere assieme all’altra al piano nobile, dedicata agli artisti statunitensi attivi tra il XIX e il XX° secolo. Il confronto torna utile, al di là delle ovvie differenze di stili e modalità espressive, e dopo un giro attraverso le sale della Strozzina, occupate da nove artisti tra i trenta e i quarant’anni, ci appare più chiaro cosa oggi abbia influenza sull’atteggiamento culturale delle recenti generazioni. La scelta di questi nove, secondo la spiegazione fornita da Franciska Nori che la colletiva ha ideata e coordinata, illustra la bruciante delusione attuale degli americani che vedono inadempiute le promesse politiche e dissolte le forti ideologie: un esempio per tutti il movimento Occupy Wall Street. La carica aggressiva e competitiva che caratterizzava i rampanti made in Usa, si è oggi affievolita e ci si chiede come altrimenti ottenere il cambiamento. Finalmente qui non si vedono solo video, ma principalmente manufatti: sì, proprio opere hand made, quindi dipinte, disegnate, assemblate. A cominciare dai 23 metri per 2,50 di pittura acrilica di Adam Cvijanovic, che dipinge paesaggi incontaminati lungo l’Hudson; poi i caramellati oli su lino di Will Cotton, che attinge immagini dalle pasticcerie rigurgitanti di torte glassate – memento della pinguedine che affligge tanta popolazione americana – o dal mondo del burlesque più sexy, rappresentato da rosee nudità bamboleggianti. Anche Thomas Doyle costruisce minipaesaggi precari con un’unica casa che sta o per disintegrarsi dentro una voragine, oppure è in bilico su una punta di roccia, o comunque è sospesa e in balia della minima scossa, assieme ai suoi minuscoli abitanti; altri paesaggi ci fa intravvedere Patrick Jacobs, attraverso 4 piccoli oblò, luoghi fantasticiin 3D abitati da miriadi di fiorellini e qualche fungo, che l’occhio scopre mentre insegue l’illusione prospettica di un fiume che va verso un orizzonte fittizio. A proposito del fatto a mano, dell’artigianale, destano interesse i grandi prismi luminosi a forma di stella sospesa, di Kirsten Hassenfeld, che li ha assemblati con carte da regalo, cannucce e scovolini da pipa; così come i sofisticati collage floreali di Christy Rupp, che rimandano al movimento Arts and Craft contro la meccanizzazione, ma che sono anche ironici quando integrano la composizione con immagini di grandi allevamenti ovini in batteria. Sempre suoi i falsi scheletri di uccelli estinti, composti con vere ossa di tacchini e galline, altra allusione al mondo animale sfruttato. L’installazione di oggetti cuciti di Mandy Greer e gli abiti-scultura di Nick Cave hanno in comune l’ottima manualità e il gusto ornamentale esasperato: la prima con una silenziosa installazione di ridondanza quasi settecentesca, l’altro con le sue maschere carnevalesche che fa indossare da danzatori e portare per le strade delle città. Si affidano alla grafica dai segni forti oppure dalle delicatezze acquerellate Richard Deon e Laura Ball, mentre Adrien Broom sceglie il C-print per le figure femminili fluttuanti che sembrano muoversi, sonnambule, nel nulla. La mostra della Strozzina, curata da Bartholomew Bland, è inserita nel programma dell’anno Vespucciano, e, ripetiamo, va a completare il panorama artistico, idilliaco ed elitario, mostrato ai piani superiori, con opere contemporanee che indicano una strada possibile per “riprendersi” il sogno americano perduto .
8 Marzo 2012
Come cambia il sogno americano. 9 artisti alla Strozzina
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