Firenze – Non è andata troppo male, per quanto riguarda il settore delle piccole e medie imprese (con massimo dieci addetti) artigiane toscane: a vedere i ricavi generali, nel primo semestre 2015, si nota infatti un sia pur timido segno positivo, +0,3%, e anche per quanto riguarda le retribuzioni si ripete la performance del “più”: +0,6%, per l’esattezza. Ma per parlare di ripresa sarebbe necessario che un’altra voce fondamentale fosse positiva, gli investimenti. E invece? Invece si sprofonda: -10,5%.
Sì, però a livello congiunturale, anche se non si può parlare di ripresa, qualcosa si smuove. Magari in maniera strana e non omogenea sul territorio regionale: per quanto riguarda il primo punto, si segnala una performance positiva del settore costruzioni, +1,4%, ma, come ricordano gli esperti, si partiva da “una perdita continuata pari al-10-12% nei soli ultimi tre anni”, mentre è il manifatturiero, in particolare i settori moda (pelle e calzature – 5,4%, e tessili e abbigliamento – 6,4%) a mostrare segno di arretramento, che sul settore generale si assesta al -1,1%: ; per quanto riguarda l’omogeneità del dato ne siamo ben lungi: la costa migliora sensibilmente (a parte Massa), ma le province interne segnano il passo, tranne Firenze e Grosseto, stabile Prato.
In buona sintesi, è questo il quadro generale emerso dalla presentazione, da parte della Cna Toscana, dell’analisi Trend sui dati contabili delle aziende fino a 1o addetti. L’analisi, che viene svolta in collaborazione con l’Istat, ha il compito di “fotografare” la congiuntura di artigianato e piccola impresa.
Andando con ordine, partiamo dai settori. Il primo elemento da rilevare è la buona performance, per quanto riguarda i ricavi, di costruzioni e servizi: rispettivamente, siamo a +1,4 (con l’avvertenza precedentemente segnalata del baratro in cui il settore era sprofondato da tempo) e a +1,1. Buone performance di trasporti e e servizi alle imprese, entrambi con +1,8, con la segnalazione che si tratta di risultati volti al mercato interno.
Il manifatturiero, a questa tornata, è il grande malato: all’interno del settore, male la performance del settore moda, dove, come anticipato, abbiamo un deludente – 5,4% per quanto riguarda pelle e calzature e – 6,4% per quanto riguarda tessile-abbigliamento., Ancora in crescita la metalmeccanica, +3,8%, e anche l’alimentare, +1,6%, che tuttavia non ce la fanno a scongiurare il segno meno generale per il settore:+1,1%.
Così, qualcosa cambia anche nella percezione dell’export. Passata la grande euforia per cui era comune sentire che l’export ci “avrebbe salvati”, ora i cambiamenti velocissimi dell’economia mondiale (non dimentichiamo che proprio stamane è stata data notizia di una stima al ribasso della crescita economica mondiale, mentre qualcuno comincia di nuovo a parlare di “nuova crisi finanziaria”) non consentono più, come dicono gli esperti di Cna, di cullarci in ulteriori illusioni, D’altro canto sono dati di fatto: la svalutazione dello yuan, ad esempio, introduce altri motivi di competizione in un clima sempre più competitivo, come il rallentamento di altre grandi economie come i Brics (Brasile in testa), tutti fattori, che insieme alle guerre, alle crisi internazionali (pensiamo al crollo di un mercato come quello russo cosa può voler dire per le nostre imprese) non consentono più di pensare all’export come al “salvatore” di tutti i guai. Senza contare che anche i mercati europei tradizionali stanno segnando il passo. Del resto, tutto ciò aumenta il tasso già elevato di competitività, con un dettato imperioso per le nostre imprese, per non rimanere fuori dai giochi: investire, Proprio ciò che ad ora sembra sia il tallone d’Achille di questa …. “ripresa”. Di converso, mentre l’estero comincia a presentare aspetti sempre più arcigni, migliora innegabilmente il clima di fiducia a livello nazionale che è del resto suffragato, come scritto anche su queste pagine, da un’inversione di tendenza in molti aggregati macro-economici.
Ma altre ombre si addensano su quella che potrebbe essere una “pre-primavera”. Fra tutte, oltre al calo ancora inarrestabile degli investimenti. la disomogeneità del segno “più”. Si sta parlando dei territori, che presentano segnali diversi e discordanti fra loro. Tanto per manenere l’occhio sul manifatturiero, sono proprio le èprovince più grossomodo “manifatturiere” a soffrire di più: Prato -0,6%, Pistoia -3,8%, Arezzo -4,6%. E sono quelle che relativamente hanno più strutture che si rivolgono a costruzioni e servizi a beneficiare dell’onda positiva: Grosseto +1,4, Pisa +0,7, Livorno +5,1. Anche se, occorre dirlo, i risultati della crescita non sono strettamente legati alle strutture produttive orientate più o meno prevalentemente secondo le risultanze generali: ad esempio, l’ottima performance di Lucca, +5, 3, avviene in un territorio dove è proprio il manifatturiero, legato alla metalmeccanica, a presentare la performance più positiva, mentre il -3 di Massa Carrara è legato principalemnte alle felssioni di costruzioni e servizi. In particolare Firenze si pone nel trend regionale, con una moderata crescita dei ricavi complessivi, +0,8%, con segno + per costruzioni e servizi e segno – per quanto riguarda il manifatturiero.
La disanima dei dati emersi dalla ricerca Trend è stata presentata e spiegata da Alessandro Valentini, dell’Istat-Ufficio Territoriale di Firenze e dai ricercatori Andrea Manuelli e Alessio Monticelli. Ed è proprio Andrea Manuelli a tirare le fila: “Non possiamo dunque davanti a questi dati, parlare di ripresa. Per ora, alcuni segnali positivi, che pure sono arrivati, sono ancora troppo deboli e soprattutto è necessario attendere un loro raffrozamento, che tuttavia non è scontato”. I punti deboli, insomma sono chiari: la ulteriore caduta degli investimenti, -10,5, e la non omogeneità delle dinamiche positive si uniscono al preoccupante calo del manifatturiero, in articolare legato alla moda.
Ed è proprio sulla necessità di rafforzare il sostegno alle imprese nel segno degli investimenti che si incentra l’intervento di Valter Tamburini, presidente di Cna Toscana: “La caduta degli investimenti è una variabile che desta una grossa preoccupazione, poichè indebolisce utleriormente la già debole capacità competitiva del nostro sistema. I timidi segnali di ripresa potrebbero spingere gli imprenditori a riconsiderare gli investimenti, ma è necessario che la Regione li sostenga anche con gli strumenti che finora hanno funzionato, come ad esempio i Fondi rotativi, che, secondo noi, vanno ripristinati nella loro completa integrità”.
Dello stesso parere è Saverio Paolieri, Direttore di Cna, che mette in campo alcune considerazioni che riguardano il sistema bancario: “Il sistema delle banche – spiega – ha oggi un’eccellente liquidità, ma è stretto da vincoli nella concessione del credito che, spesso frenano le iniziative di molte imprese”. Insomma se, detto fuori dai denti, le banche continuano a non concedere liquidità alle imprese, quali sono i mezzi con cui queste ultime potrebbero “difendersi”? In primo luogo, dice lo stesso Paolieri, “i fondi strutturali (la cui rimodulazione da parte della Regione non è piaciuta per niente a Cna, ndr) che hanno favorito, in passato l’accesso al credito con strumenti molto importanti come i Fondi rotativi, le garanzie al credito anche con il microcredito”. tutti strumenti che, continua Paolieri “se sono stati utili in passato, i piena crisi”, tanto più dovrebbero essere promossi e incentivati “ora, per rafforzare la ripresa, incoraggiando gli investimenti”. Invece, torna a dire Paolieri, “proprio ora la Regione decide di ridurli drasticamente e di renderne più difficoltoso l’accesso”.
Insomma, passando anche da altri strumenti di accesso al credito come l’importanza e la strategicità della garanzia per le imprese indebolite dalla crisi, Paolieri ricorda anche n latro punto fondamentale: “Sarebbe utile e opportuno – dice – ristabilire un contesto di confronto con le categorie economiche”, magari in una logica di confronto, che, dice ancora Paolieri, “se non ha il fine di ristabilire logiche di condivisione ormai abbandonate, almeno dia conto del’aiuto reciproco a comprendere la realtà e la società toscana”. Insomma, confronto, conoscenza e scambio per “commettere meno errori e compiere scelte maggiormente oculate”. Magari, conclude, “senza dover apprendere dai giornali le scelte salienti politico-economiche della Regione”.