Pistoia – I primi dati sull’Inchiesta Epidemiologica condotta dal dipartimento di prevenzione, sul cluster di sarcomi nella frazione di Casalguidi- Cantagrillo (comune di Serravalle pistoiese in provincia di Pistoia), sono stati oggetto della conferenza stampa che si è tenuta stamattina.
I risultati ottenuti dalle “interviste” e i relativi approfondimenti (tra il 18 settembre e il 21 novembre 2019) ai pazienti e ai loro familiari non hanno evidenziato significative analogie per i fattori indagati e non sono neanche emerse cause correlanti di rischio (storia sanitaria individuale e familiare, abitudini di vita, luoghi di lavoro, ambienti scolastici, ricreativi e domestici frequentati, con una maggiore attenzione al tipo di acqua utilizzata per bere, cucinare, lavare e irrigare orti) nel cluster indagato.
Il rapporto è stato illustrato dal direttore del dipartimento di prevenzione, dottor Renzo Berti, insieme ai dottori Miriam Levi e Francesco Cipriani dell’unità funzionale epidemiologica e dalle dottoresse Paola Picciolli e Lidia Marino Merlo della unità funzionale igiene, sanità pubblica e nutrizione.
L’inchiesta è parte di un sistema di valutazioni epidemiologiche più estese condotte in stretta collaborazione con l’Agenzia Regionale di Sanità (ARS) e Arpat e ISPRO (Istituto per lo Studio, la Prevenzione e la Rete Oncologica) e avviata sulla base delle informazioni cliniche raccolte dai Medici di Famiglia nelle zone interessate.
“Esprimo un ringraziamento a tutti i colleghi che hanno svolto un lavoro straordinario e accurato –ha sottolineato Berti- che al momento non ha però consentito di individuare un colpevole; il lavoro proseguirà e sarà ulteriormente sviluppato allargando il raggio d’azione e approfittando della collaborazione di partners qualificati come ISPRO, ARS e ARPAT”.
Le interviste hanno riguardato otto pazienti ai quali erano stati diagnosticati tumori rari del tessuto connettivo ed osseo (sarcomi) , di cui 7 tra il 2014 e 2017 ed 1 nel 2006. L’indagine era mirata a identificare i possibili elementi in comune tra i casi, dal momento che l’incidenza era risultata di 3,5 volte superiore rispetto a quanto accade mediamente a livello nazionale. I casi, inoltre, si erano concentrati in un’area piuttosto limitata, in alcuni anni e non in altri, configurandosi quindi come “cluster”.
I casi erano stati segnalati dai Medici di Famiglia che hanno partecipato attivamente insieme alla ASL all’indagine epidemiologica dei loro assistiti ricostruendone le storie sanitarie.
La decisione di avviare l’Indagine Epidemiologica, si ricorda, era stata assunta dal dipartimento di prevenzione dopo una prima sommaria valutazione epidemiologica, sia revisionando l’attuale bibliografia scientifica sui sarcomi e cluster, sia dopo aver acquisito le informazioni cliniche preliminari dai Medici di Famiglia: queste informazioni sono state oggetto dell’incontro tra la ASL e gli epidemiologi dell’Istituto Superiore di Sanità e della successiva decisione di avviare l’Indagine di approfondimento epidemiologico.
Le interviste sono state condotte utilizzando questionari strutturati per rilevare informazioni sulla storia residenziale e lavorativa, sugli ambienti frequentati e le principali abitudini di vita, sulla storia sanitaria recente e e remota (storia prenatale fino alla nascita) dei casi e dei familiari conviventi.
Le interviste si sono svolte con incontri diretti, faccia a faccia, della durata di circa un’ora, svolte da un medico igienista e da un assistente sanitario dell’Epidemiologia con i pazienti o con i loro familiari. Sono state prese in considerazione oltre alle storie cliniche dei pazienti (dal momento del concepimento in poi) altri molteplici ambiti: dall’approvvigionamento idrico (5 degli 8 casi sono sempre stati allacciati all’acquedotto pubblico; 5 degli 8 intervistati hanno riferito di bere acqua minerale in bottiglia da sempre e gli altri 3 bevono da sempre acqua in bottiglia e di fontanelli pubblici, anche se 1 di questi nel passato ha bevuto per alcuni anni acqua del suo pozzo), alle potenziali fonti di inquinamento ambientale (segnalate nei pressi delle abitazioni, sono indicate da tre famiglie la presenza di aziende floro-vivaistiche, da una famiglia la vicinanza di un’autocarrozzeria e da un’altra famiglia la discarica del Cassero, situata a circa dista 2,2 km) fino alle abitudini di vita e ricreative (4 pazienti su 8 sono ex fumatori e gli altri 4 non hanno mai fumato, nessuno ha dichiarato di aver svolto attività per hobby nel passato descritte come potenzialmente a rischio) risalendo anche alle frequenze pre e scolastiche.
Alle interviste si è affiancata anche una scrupolosa e attenta ricerca sulla qualità dell’ambiente con altre analisi di approfondimento. I campionamenti sono iniziati il 17 febbraio e sono tuttora in corso.
Ad esempio allo scopo di escludere la presenza di fattori di rischio negli ambienti di vita delle famiglie dei casi, è stato condotto un supplemento di indagine mirato, in particolare, a misurare nell’aria di un gruppo di abitazioni dei casi i livelli di alcune sostanze cancerogene, tra cui aldeidi (formaldeide e acetaldeide), composti organici volatili, idrocarburi policiclici aromatici, radon e radioattività ambientale. Nelle acque dei pozzi privati è stato deciso di analizzare i parametri microbiologici, chimici, tra cui il cloruro di vinile, parametri indicatori e di 83 tipi di antiparassitari.
L’iniziativa, anche se non ha chiare basi scientifiche rispetto ai determinanti conosciuti del tipo specifico di tumore, cioè sarcoma dei tessuti molli e dell’osso, insieme alle altre iniziative dell’indagine epidemiologica attualmente in corso, può aiutare ad escludere la presenza di significativi problemi ambientali.
Quanto al Cloruro di Vinile Monomero gli studi non hanno evidenziato ad oggi prove certe di correlazione tra questa sostanza e i sarcomi. . Per quanto riguarda invece l’esposizione a diossine, l’inceneritore più vicino è a oltre 7 km di distanza, mentre eccessi di sarcomi di tessuti molli sono descritti nella letteratura scientifica per i residenti nel raggio di 2 km dagli impianti di vecchia generazione.
Il monitoraggio di ARPAT in occasione dell’incendio della discarica del Cassero del 2016 non evidenziava ricadute tali da apportare contaminazione del suolo e dell’acqua nel territorio circostante. D’altra parte, l’evento non è cronologicamente coerente con i tempi medi di latenza tra esposizione ed insorgenza di tumori, misurabili in molti anni.
Per migliorare la valutazione epidemiologica dei determinanti del cluster, è stato deciso di allargare la rilevazione della casistica ai residenti in aree limitrofe a Casalguidi appartenenti ai comuni di Pistoia e Quarrata, utilizzando le informazioni raccolte dai medici di famiglia di Casalguidi e dai dati del Registro Toscano dei Tumori di ISPRO.
Ulteriori valutazioni, sempre da parte di Arpat sono previste analizzando i dati storici del monitoraggio della discarica del Cassero. Per quanto riguarda la qualità dell’acqua sarà effettuata una ricostruzione di quella che arrivava a Casalguidi-Cantagrillo dall’acquedotto Serravalle prima degli anni 2000. Con ARS ed ISPRO sono in corso ulteriori valutazioni epidemiologiche sulla distribuzione spaziale e temporale dei sarcomi in tutta l’area pistoiese ed uno studio sulla salute di tutti gli abitati di Casalguidi e Cantagrillo dal 2008 ad oggi.