Climate change: finanza e innovazione a caccia di anidride carbonica

Il progetto Find spiegato dal suo inventore Francesco Lamperti

Non c’è bisogno di molte parole. Gli effetti del climate change sono sotto gli occhi. Siccità e uragani, deserti e allagamenti, surriscaldamento dei mari caldi e ghiacciai che si sciolgono. Con tutto il doloroso carico di vite umane in pericolo o perdute e di territori devastati. Troppo tardi per rimediare? Il sospetto viene. Eppure si può. O, meglio, bisogna agire perché il destino del pianeta venga ripreso in mano. In fretta. In un momento in cui la transizione ambientale è al primo posto nelle agende del prossimo futuro ma rischia di arruffarsi con le parole, un segnale importante viene dall’Istituto di Economia della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa dove il  progetto FIND (Finance and Innovation to couple Negative emissions and sustainable Development), coordinato da Francesco Lamperti, professore di economia associato dell’Istituto, ha appena ottenuto un finanziamento di 1,5 milioni per essere realizzato in 60 mesi tramite un ERC Starting Grant, il premio che  lo European Research Council (ERC), riserva ai progetti  più promettenti in vari campi della ricerca e l’innovazione e che, al Sant’Anna, è andato anche al progetto MUSE di esomuscoli artificiali.

FIND significa mettere insieme finanza e innovazione per coniugare emissioni negative e sviluppo sostenibile. Per abbattere le emissioni di Co2 che determinano l’alterazione del clima senza fermare i progetti produttivi ma rendendoli sostenibili e nel contempo andando a caccia delle emissioni negative  già emesse e ritirarle dall’atmosfera. Non facile, ma si può, è convinto il professore del Sant’Anna, tramite un incrocio di azioni che abbiano alla base la coscienza che l’emergenza è scattata: “L’allarme  è alto e gli effetti catastrofici del cambiamento climatico si vedono ormai anche in zone dove non avremmo mai immaginato. Per esempio chi avrebbe previsto gli uragani mediterranei? Ora ne abbiamo due l’anno e, siccome gli effetti del cambiamento climatico non sono graduali ma procedendo a salti improvvisi,  in poco  potremmo arrivare  a dieci”.

Lamperti spiega che “bisogna partire dal dato di fatto che ormai abbiamo scaricato nell’aria una quantità tale di emissioni negative che non basta ridurre la Co2  nei processi di sviluppo , come comunemente si pensa, ma bisogna anche catturare e ricacciare indietro l’ anidride carbonica diffusa in passato”. Dunque FIND indaga come sposare nuovi processi di produzione più pulita con la riduzione del male già fatto.  “L’attuale azione globale sul clima- spiega l’economista –  è ampiamente insufficiente per raggiungere gli obiettivi dell’Accordo di Parigi del 2015 che prevedeva di contenere il riscaldamento globale a 1,5 – 2 gradi al massimo, poi presto corretto alla luce dell’esperienza, a  1,5 gradi  tassativi. Non è possibile fare centro riducendo solamente le emissioni scaricate dalla produzione di energia e dai processi industriali ma bisogna anche riuscire, tramite nuove tecnologie,  a rimuovere le grandi emissioni negative accumulate nel tempo in atmosfera”. Anche perché non basterà , avverte Lamperti, arrivare all’obiettivo del più 1,5 gradi al massimo previsto per il 2050 tramite il raggiungimento di zero emissioni nette, come è la previsone: laddove zero nette significa il pareggio  tra quanto emesso e quanto rimosso. “Ma proiezioni di ragionevole  certezza ci avvertono che per rispettare l’accordo di Parigi bisognerà arrivare già nel 2060 non più a zero emissioni nette ma a emissioni nette negative ossia a togliere più Co2 emessa di quanta, pur ridotta, ne emetteremo”. Tanto è il disastro già in atto.

 Facile a dirsi, ma come si fa? “Ovviamente è assai più difficile catturare la Co2 già emessa di quella che emettiamo al momento. Mentre quest’ultima è concentrata, quella già emessa si disperde in mille rivoli di piccole particelle sparse qua e là. Ma già esistono tecnologie per catturarla, altre andranno studiate. La più nota, per ora, consiste in una sorta di ventilatori  che filtrano le molecole di Co2 e le immagazzinano trasformandole in stato liquido o solido per  rilasciarle  sotto terra senza più nessun pericolo, per esempio nei giacimenti di carbone o petrolio già utilizzati”. Questi ventilatori “non  saranno belli, ma sono piccoli e in Islanda già si usano. Possono benissimo stare sui tetti o in zone desertiche senza disturbare il paesaggio”. Oltretutto, annuncia il professore,  esistono già almeno altri otto progetti alternativi di cattura della Co2 emessa nel tempo, a cominciare dalle foreste di mangrovie o dagli alberi “da piantare intensivamente non solo negli spazi aperti ma anche in città dove oltre a abbattere anidride carbonica hanno anche altre funzioni, come combattere il surriscaldamento, riducendo le escursioni  termiche e dunque le ondate di calore. Ma anche altre tecnologie arriveranno se le incoraggeremo”.

Il problema, secondo Lamperti, è un altro: “Viste le oggettive difficoltà a rispettare gli accordi di Parigi, le tecnologie per la rimozione della Co2 nell’atmosfera possono essere una perfetta assicurazione per combattere il cambiamento climatico e limitarne gli impatti catastrofici. Tuttavia, si tratta di tecnologie immature, rischiose e che potrebbero ridurre gli incentivi per una rapida decarbonizzazione, risultando quindi disfunzionali. Tutto sta nel come  verranno sviluppate, diffuse e impiegate”. In concreto, spiega il professore, le tecnologie di rimozione della Co2, finora in mano privata, possono anche produrre un effetto inverso: “Se le aziende che producono molta Co2 comprano i contratti offerti dalle imprese che hanno le tecnologie di rimozione, poi potrebbero sentirsi la coscienza a posto e non impegnarsi a emetterne di meno. Si mettono la coscienza a posto,  tanta Co2 rimuoviamo e tanta ne produciamo, e non sono incentivate alla riduzione di emissioni nei loro processi produttivi. Ma non funziona così perché abbiamo già sparso tanta anidride carbonica da dovere imporsi: tanta ne rimuoviamo e assai meno ne produciamo. La rimozione  non può che marciare insieme a uno sviluppo sostenibile”.

 E qui entra in campo di progetto Find, che integra scienze diverse (sistemi complessi, finanza, innovazione, macroeconomia) per cercare di capire come sviluppare e diffondere velocemente le tecnologie per la riduzione dell’anidride carbonica nell’atmosfera ma in modo che risultino sinergiche a un percorso di sviluppo sostenibile, soprattutto in Europa. “Il nostro progetto valuterà come mettere insieme le varie tecnologie di cattura e creare mercati favorevoli perché qualcuno le sviluppi, ma anche come intervenire  perché  la loro diffusione sia sostenibile e si faccia  sì  che ci siano soggetti interessati a assorbire emissioni negative senza rivenderle con crediti alle impresa. Dovremo al contempo capire quali processi  che producono Co2 siano sostituibili e dove non è possibile, come  nella produzione di cemento, si possano diffondere tecnologie che neutralizzino la parte a emissioni non eliminabili”.

Bastone e carota. “Vanno trovati – prosegue Lamperti – incentivi e regolamentazione. La lotta al cambiamento climatico ha bisogno di essere riformata: il progetto si occupa di capire come”. Così FIND valuterà anche l’efficacia delle politiche con obiettivo emissioni zero nette entro il 2050. “Il progetto si divide in tre fasi – precisa il professore  – Nella prima costruiremo un database che raccolga le informazioni principali sulle tecnologie per l’assorbimento della CO2, sui soggetti pubblici e privati che stanno investendo nel settore, sulle innovazioni più importanti che potrebbero accelerare il processo di sviluppo e diffusione. Nella seconda, cercheremo di sviluppare meccanismi finanziari che sostengano queste tecnologie nel lungo periodo e tengano in considerazione i rischi che portano con sé. Nella terza e ultima fase studieremo come le tecnologie per l’assorbimento della CO2 possano influenzare le politiche per il clima e il funzionamento di mercati per le emissioni”.

In foto Francesco Lamperti

Total
0
Condivisioni
Prec.
Firenze, partito il piano delle ristrutturazioni degli alloggi Erp

Firenze, partito il piano delle ristrutturazioni degli alloggi Erp

Albanese: "Previsti i lavori per 500 alloggi complessivi che hanno già iniziato

Succ.
Messina Denaro: Cosa nostra sopravvive ai suoi capi, serve una strategia di attacco

Messina Denaro: Cosa nostra sopravvive ai suoi capi, serve una strategia di attacco

La riflessione dell'ex Presidente della Commissione Parlamentare Antimafia

You May Also Like
Total
0
Condividi