Clima, la rivoluzione energetica è partita ma rischia di essere rallentata

L’analisi di Gianni Silvestrini, direttore scientifico del Kyoto Club
Il Direttore scientifico del Kyoto Club Gianni Silvestrini

Chi ha paura della Transizione? Si sta parlando della transizione energetica, quella che potrebbe, forse, ancora risollevare le sorti mondiali contrapponendosi al mutamento climatico ormai in atto. A mettere insieme in un tavolo alcuni fra i più grandi esperti italiani di strumenti sostenibili sono state Legambiente, Eco lobby, e ProCer, all’interno di Firenze per il Clima, un percorso partecipato. L’idea: o si fa la transizione con la società civile, o si tratta di una semplice sostituzione. Citando Alexander Langer, il vero significato della transizione è quello di attuare una conversione. Il che implica una profonda consapevolezza.

Gianni Silvestrini, direttore scientifico del Kyoto Club, direttore della rivista online “Quale energia”, già direttore generale del Ministero dell’Ambiente, fotografa il momento. “Abbiamo un’accelerazione della crisi climatica, ed è preoccupante che, in questo momento, con temperature record che si susseguono mese dopo mese, con la temperatura record degli oceani, e mi preoccupa molto di più questa, dal momento che si tratta di enormi masse che possono rilasciare calore nei prossimi anni e decenni, la politica è distratta dalle varie crisi internazionali. Se guardiamo la situazione generale, emergono vari elementi interessanti. Intanto, ci troviamo di fronte all’accelerazione delle tecnologie in termini di riduzione dei prezzi e miglioramento delle potenzialità, che si riflettono anche nei risultati: anno scorso abbiamo avuto una installazione di 500 Gigawatt a livello mondiale, + 51% rispetto all’anno precedente. Significa che c’è una crescita esponenziale, trainata soprattutto dal fotovoltaico e in parte dall’eolico, che fa ben sperare, dal momento che abbiamo questa crescita che in larga parte non è sostenuta da incentivi. Il fatto è che i prezzi sono crollati. Fare fotovoltaico oggi è una convenienza per i Paesi, per le imprese. Di fatto, ci troviamo in una situazione molto diversa rispetto al 2001, quando erano necessari incentivi fortissimi per far partire il settore”.

L’altro elemento interessante è quello istituzionale. “Mentre da un lato abbiamo l’emergenza climatica che avanza, l’accelerazione degli strumenti a disposizione (fotovoltaico, batterie, eolico e altre soluzioni) dall’altro abbiamo una situazione piuttosto complessa a livello istituzionale. Infatti, ci troviamo di fronte a elezioni europee che potrebbero spostare gli equilibri, anche se non credo in maniera tale da bloccare la transizione, ma potrebbe esserci il rischio di rallentamenti, gli Usa presentano l’incognita Trump. dunque, problemi a livello istituzionale si affacciano, anche se ormai penso che l’ondata, e parlo sia di rinnovabili che di mobilità elettrica sia partita”. E in un certo senso, inarrestabile.

Eppure, dice Silvestrini, alcune posizioni fanno restare di sasso. Ad esempio, il pregiudizio contro la mobilità elettrica, quando i prezzi stanno calando in modo incredibile, “una casa cinese ha lanciato un modello di auto, in Cina, a meno di diecimila dollari. Immagino che nel giro di pochi anni vedremo anche in Occidente modelli a bassissimo costo”.

La diffusa sensibilità e l’interesse che la transizione solleva nella gente è ben esemplificato dall’incremento che viene sottolineato da Silvestrini riguardo agli afflussi di persone alle fiere dedicate, come quella di Rimini, dove l’incremento di visitatori è stato pari a +41%, con 500 delegazioni straniere da 57 Paesi per 830 espositori. “Si vede la fortissima attenzione sul versante rinnovabili, in ripresa dopo anni di stagnazione. L’Italia era al 28% di rinnovabili elettriche dieci anni fa, ma abbiamo avuto il freno a mano tirato. La situazione è migliorata due anni fa, e soprattutto nell’anno scorso, con +5Giga di fotovoltaico. Il che fa sperare che si riprenda un cammino virtuoso, che avrebbe diversi effetti: uno, il vantaggio per le singole aziende che installeranno fonti energetiche alternative, insieme alle nuove opportunità rappresentate dalle Comunità energetiche, che possono essere effettivamente molto interessanti per il coinvolgimento dei cittadini, per il fatto che dal punto di vista del sistema elettrico, produco e consumo una quantità di energia a livello locale, il che significa stressare di meno le linee di trasmissione”. Ci sono anche altre novità, come l’agrivoltaico.

“Ancora adesso, siamo al 28% – continua Salvestrini – dovremmo arrivare al 60% dell’uso di fonti energetiche sostenibili al 2030. La Germania vuole arrivare all’80& nel 2030. Ciò mi permette di aggiungere un ulteriore elemento al ragionamento: abbiamo la possibilità di accelerare molto, sull’eolico, il fotovoltaico, il biometano ad esempio, ma dobbiamo considerare la possibilità come sistema Italia, come Europa che, andando verso livelli elevati di rinnovabili elettriche, dobbiamo inserire, oltre al grosso boom di sistemi di accumulo abbinati a batterie, anche nuovi sistemi di accumulo, quelli che vengono chiamati accumulo a lunga durata”.

Si tratta di sistemi che riescono ad accumulare per 8-10-12 ore, più giorni , per settimane, “La Germania, la California stanno investendo molto in questa direzione – continua Salvestrini – perché hanno obiettivi ambiziosi. Penso che anche il sistema Italia debba investire in questa direzione. per non trovarci poi con delle strozzature”.

Tirando le fila, nonostante le nubi all’orizzonte, si può forse dire che questa rivoluzione è partita e forse è irreversibile. Un’ondata che è partita “sia per quanto riguarda il settore delle rinnovabili, che per quanto riguarda la mobilità elettrica – dice Salvestrini – tuttavia, può rallentare. L’Italia, dal punto di vista della comunità elettrica, si trova ancora al 3-4%, mentre altri Paesi europei sono al 20-25%. Dobbiamo porci un problema di transizione energetica certo, ma anche di nuovo modello di industrializzazione. Interi pezzi del vecchio sistema industriale sono in difficoltà, mentre si sa che il nuovo scenario industriale è quello di cui si sta parlando, la transizione energetica, che porterà nuova occupazione; secondo proiezioni economiche, ci saranno 530 nuovi posti di lavoro da qui al 2030.

Del resto, la sottolineatura costante delle aziende del settore e non, è “abbiamo bisogno di competenze. non riusciamo a trovare le competenze necessarie per accelerare come vorremmo”, dice Salvestrini. Un profilo interessante, in particolare per i giovani, dal momento che la richiesta pressante delle aziende fa capire che questo è “il settore del futuro”. “Impegnamoci – conclude Salvestrini – è necessario formarsi per essere un pezzo della transizione energetica complessiva”.

In foto Gianni Silvestrini

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