Fiumalbo – Claudio Nizzi, storico autore di Tex, che oltre trent’anni fa ha raccolto il testimone dal mitico Gianluigi Bonelli, ha scritto e sceneggiato oltre un centinaio di storie del celebre fumetto. Dopo un periodo in cui aveva sospeso la sua collaborazione a Tex per dedicarsi alla narrativa con alcuni romanzi gialli ambientati nell’Appennino tosco–emiliano , è oggi più in forma che mai e il suo ultimo lavoro Un capestro per Kit Willer (una lunga storia , a colori di 160 pagine ) ha ottenuto un notevole successo .
Lo abbiamo incontrato nella “sua” Fiumalbo :
D. Il Color Tex di questa estate, che contiene la storia “Un capestro per Kit Willer” scritta da te e disegnata da Rodolfo Torti, ha ottenuto un notevole successo. Come spieghi questa calda accoglienza dei lettori? Forse perché è una storia classica?
R. Credo che il motivo principale stia nel fatto che i lettori hanno finalmente ritrovavato il Tex più tradizionale, quello creato e portato avanti per quasi quarant’anni da Gian Luigi Bonelli. Il Tex che agisce insieme ai quattro pards, con i quali scambia le battute che ci si aspettano da lui e altrettanto dicasi per Kit Carson. Questa storia segna il mio ritorno a Tex che avevo abbandonato da circa otto anni, fatta salva una breve storia di 32 pagine disegnata da Zagni uscita un paio di anni fa nel Tex Color d’autunno, quello che contiene cinque storie brevi spesso scritte e disegnate da autori nuovi. Gli altri sceneggiatori della serie mensile che hanno mandato avanti Tex in questi otto anni lo hanno un po’ “ tradito”, magari convinti di svecchiarlo, di modernizzarlo, di renderlo più simile agli eroi cupi e “eccessivi” che vanno di moda nel cinema e nei fumetti americani di oggi. Il carattere di Tex è cambiato: non più ironico e goliardico, ma troppo serio. Il suo modo di parlare non è più quello pittoreso di G.L. Bonelli (che io mi sono sforzato di conservare), ma è un dialogo qualsiasi. In breve, i lettori non lo riconoscono più. Nella storia “Un capestro per Tex Willer” lo hanno ritrovato. Tutto qui.
D. Kit Willer è sempre un un po’ sfortunato, i suoi incidenti di percorso sono frequenti, la sua eccessiva impulsività è ancora un tratto adolescenziale?
R. Sicuramente sì. Kit è ancora un adolescente e – secondo la filosofia della serie – non crescerà mai. Ogni personaggio rimane cristallizzato nella propria età. Quella di Kit non si è mai conosciuta esattamente, Bonelli non l’ha mai precisata. Il primo e più famoso disegnatore di Tex, Aurelio Galeppini in arte Galep, si lamentava di questo perché non sapeva come regolarsi: “Ē un ragazzo o è un giovanotto? Non si sa, io sono a disagio quando devo disegnarlo”. In verità Kit fu creato da Bonelli sull’onda del successo degli eroi quindicenni che popolavano gli albetti negli anni ’50, all’epoca più famosi di Tex. La creazione di Kit fu fatta per inserire nella serie un eroe-ragazzo. L’esperimento funzionò fino a un certo punto, e in seguito, quando Tex assunse la sua personalità definitiva che ne decretò il successo, dell’eroe-ragazzo non c’era più bisogno, e Kit è rimasto tra “color che son sospesi”. Non ha mai avuto una propria personalità e il rischio è di farne un Tex in formato minore, con i difetti del padre, senza i suoi pregi. Però funziona bene all’interno del quartetto dei pards.
D. Ho l’impressione che le storie in chiave “gialla” siano quelle che ti sono più congeniali. Me lo confermi?
R. Sicuro. Quando cominciai a scrivere Tex (nei primi anni ’80) tendevo a tingere di “giallo” le mie storie perché mi sembrava che un certo mistero le arricchisse rispetto a quelle solamente western che risultavano troppo ripetitive. Decio Canzio, il direttore della casa editrice, grande esperto di fumetti, gran lettore di “gialli” e grande uomo, mi consigliò di continuare su quella strada, perché anche lui riteneva che un pizzico di mistero nelle storie fosse un valore aggiunto. Non la pensava così Sergio Bonelli, l’editore (anche lui autore di un certo numero di storie di Tex che scrisse nel momento in cui doveva dare una mano al padre, prima del mio arrivo) che non amava il “giallo”. E siccome aveva lui l’ultima parola, dovetti adeguarmi al suo volere. Ma non escludo che in futuro, qualche storia tinta di “giallo” ci scappi.
D. Com’è il tuo rapporto con il colore, dopo tanto anni di classiche storie in bianco e nero?
R. Il colore può valorizzare o ammazzare una storia. Spesso si tende a considerare il colore come un effetto sempre e comunque migliorativo. Invece se si affidano le storie a coloristi poco qualificati l’effetto diventa peggiorativo. Il contributo del computer ha rivoluzionato le cose anche per quanto riguarda il colore, e adesso tutti si improvvisano coloristi. I coloristi bravi migliorano le storie, quelli mediocri le peggiorano. Né più né meno di quanto avviene per il disegno. In conclusione credo che quella del colorista di fumetti debba diventare una vera professiore artistica, come è quella del disegnatore. Una condizione per ottenere questo è che i coloristi vengano pagati meglio.
D. Ci puoi dare qualche anticipazione sulle nuove storie che hai già scritto?
R. Nel prossimo dicembre (salvo cambi di programma dell’ultimo momento) partirà nella collana mensile una mia storia di due albi disegnata da Lucio Filippucci. L’ambientazione è la più classica possibile: banditi, il deserto, una stazione di posta trasformata in fortino e assediata dagli indiani, qualche mistero per un sacchetto d’oro scomparso, un accenno di storia d’amore tra gli assediati, la loro eroica difesa e infine l’arrivo della cavalleria con alla testa Kit Carson. Poco tempo dopo dovrebbe partire una storia (anche questa di due albi) disegnata da Corrado Mastantuono, ambientata su un fiume tra le foreste del nord, con un battello attaccato dai banditi e dagli gli indiani, e Gros-Jean che dà una mano ai quattro pards. Una terza storia apparirà su un maxitex, disegnata da Giancarlo Alessandrini, che narrerà di una grande congiura ai danni di Ely Parker, alias Donehogawa, l’indiano seneca commissario agli affari indiani. I cattivi cercheranno in un colpo solo di sbarazzarsi sia di Ely Parker sia di Tex. Sarà molto movimentata e si svolgerà in Arizona. Una quarta storia disegnata da Giovanni Ticci narrerà la fuga verso il Canada di un folto gruppo di indiani presi sotto l’ala protettiva di Tex. Una quinta storia disegnata da Rodolfo Torti sarà ambientata sulle Dragoon Mountains, con un iniziale assalto alla banca, la caccia ai rapinatori, il mistero di una borsa con il malloppo nascosta in una vecchia cripta, un anziano padre alla ricerca del figlio, una banda di apaches evasi dalla riserva di San Carlos. Una sesta storia, disegnata da Frederic Volante, è ambientata sui pascoli del Montana, dove Tex agirà da solo e su incarico dell’agenzia Pinkerton andrà alla ricerca di un agente scomparso, scontrandosi con un agguerrito barone del bestiame. Altre due storie già scritte sono in attesa di venire assegnate ai disegnatori.
Una novità nel mio modo di lavorare rispetto al passato – non essendo più pressato dalla fretta – è che non scrivo più molte storie contemporaneamente, a pezzi e bocconi, ma una sola alla volta, iniziandola e finendola.