Potrebbe essere l’inizio di una fiaba che il nonno, fattezze da nonno, seduto al fianco del lettino, racconta al suo pargoletto per fargli prendere sonno: “Così, mentre tutti erano concentrati sullo scandalo dell’abolizione dell’Articolo 18, zitti zitti fecero passare la modifica dell’Articolo 4, che poi non era altro che il segnale che il Sindacato ormai era buono solo per fare il brodo”. Solo che non è una favoletta, ma la semplice cronaca.
Si è fatto un gran parlare del Job’s Act e delle velleità renziane di rottamatore, senza valutare con realismo quello che stava effettivamente accadendo: mascherata dietro una simpatica facciata progressista, la benedizione dello smantellamento delle tutele ai lavoratori. Niente più che il sancire il percorso iniziato con il benedetto Pacchetto Treu, che decretava che il posto fisso era da conigli, non faceva bene al Paese, e che gran gioia poter scegliere tra il restare disoccupati e l’avere contratti di precariato vita natural durante!
Certo, che i Sindacati fossero ormai fuori gioco non è stata una novità per nessuno. Avevano lavorato duramente per arrivare a questo risultato: a partire dallo scisma iniziale tra le tre cifre di diversa estrazione politica e proseguendo con sterili dispettucci l’uno contro l’altro, per approdare ai regolamenti di conti interni, alla visione del Sindacato come di un terreno di incubazione per futuri politici, alla costante, disastrosa perdita di rappresentatività. Di fronte alla concreta impotenza sindacale all’alzare di voce delle varie lobbies imprenditoriali e finanziarie, il cittadino medio (mediocre) che si dà anche il caso fosse a volte lavoratore (ma solo a volte) ha reagito con la sagacia che ci si aspettava: ha buttato a mare tessera, conquiste e autocoscienza, per cominciare a fare la fila dai soliti baroni presso i quali perorare la propria singola(re) causa, in barba al concetto di forza di contrattazione collettiva.
Il lavoratore moderno è stupito dallo scarso impatto dell’azione sindacale, senza fermarsi nemmeno un secondo a pensare che, in fondo, l’azione sindacale la dovrebbe fare lui; perché se prendi la maggiore arma di imposizione delle proprie ragioni, lo sciopero, e nessuno vi aderisce per paura di perdere una giornata o due di paga, allora poi non ti devi sorprendere se nel prossimo contratto ci trovi, e nemmeno scritto tanto in piccolo, il ripristino dello jus primae noctis. Che poi: è certamente vero, come osservano molto originalmente in tanti, che nel corso del tempo spesso sono stati tutelati gli intutelabili. Ma il rovescio della medaglia è che se togli le tutele tutti gli altri, che se le meriterebbero, non le riceveranno; perché i datori di lavoro che comprendono come il benessere dei sottoposti sia la base minima per un lavoro abbondante e di qualità esistono, in Italia, forse solo nelle fiabe dei nonni.
E così, la favola della produttività di gran valore e a basso costo ha visto sbriciolarsi una cosetta come l’Articolo 4, che impediva ai datori di lavoro di spiare mediante mezzi degni di 007 il lavoro dei subalterni, pronti a prenderli in castagna in ogni momento in cui il malvagio lavoratore fa una telefonata personale, visita una pagina Facebook o, Dio non voglia, mangi un tramezzino alla scrivania per ridurre i tempi di consegna (sempre più cinesi) dell’ultimo lavoro. A quanto pare, faceva molto più paura l’Articolo 18, una cosa che non sfociava praticamente mai in un reintegro del lavoratore nelle proprie funzioni; a quanto pare, non fa specie a nessuno che le piccole attività (in Italia, il 98% delle imprese) sfruttino la possibilità di utilizzare contratti a chiamata velleitari e barboni, paghino il personale coi Voucher a vita, impieghino a strozzo solo poveretti cui hanno imposto l’obbligo di aprire partita IVA per non farli figurare dipendenti e non averli in carico (cosa che fa grandemente risparmiare su formazione e sicurezza, ad esempio, per non parlare della libertà di liberarsi dei pesi supposti morti).
La ditta moderna preferisce assumere per 15 personale interinale che costa il 40% in più di quello assunto in pianta stabile, pur di avere la sensazione di ebbrezza della possibilità di lasciare a casa tutti in qualsiasi momento (cosa che potrebbe comunque fare nel momento in cui mancasse il lavoro, però spendendo la metà), preferisce giocare in borsa che investire in progettazione, basarsi sul lavoro di terzisti indonesiani buttando via il 50% della produzione in resi e costi piuttosto che utilizzare persone capaci e costose. E per fare questo con serenità c’è bisogno di eliminare la contrattazione sindacale. Cosa che non è mai sembrata più facile di oggi.
Nel momento in cui riesci ad ammannire la favoletta che se stai a casa tu tanto fuori c’è la fila (vero: nel qual caso dovresti chiederti quanto vale un simile lavoro), o quella che per la ditta il maggior costo improduttivo è il personale, allora puoi fare tutto. Puoi creare cooperative di sinistra in cui gli operai siano pagati a giornata 4 Euro all’ora; puoi licenziare il sindacalista che in ossequio alla sua funzione critica pubblicamente l’operato dell’azienda, puoi ridurre, in nome di una magica spending review, le ore dedicate alle attività sindacali del 50% in un sol colpo, pulitamente, per Legge dello Stato, senza che nessuno alzi un dito, protesti, avvisi che in questo giochino c’è la sensazione che qualcosa non stia andando esattamente per il meglio (mentre i costi della PA aumentano sempre e il personale si riduce sempre, che dovrebbe far venire qualche sospetto).
Come canterebbe Bob Dylan: ammettete che le acque attorno a voi stanno crescendo ed accettate che presto sarete inzuppati fino all’osso, perché i tempi stanno decisamente cambiando, e non per il meglio.