Circolo Rosselli, perché l’Italia non cresce

Firenze – Venerdì 24 gennaio al Circolo Rosselli di Firenze è stato organizzato un dibattito sul tema “Perché l’Italia non cresce” presieduto da Valdo Spini, Presidente della Fondazione Circolo Rosselli e, come noto, ex deputato ed ex ministro.

Sono intervenuti Pierluigi Ciocca, membro dell’Accademia dei Lincei, che è stato vicedirettore generale della Banca d’Italia dal 1995 al 2006, Roberto Boschi, del Centro Studi Banca Ifigest, Valeria Cirillo, ricercatrice in economia applicata presso l’Istituto nazionale per l’analisi delle politiche pubbliche e, infine, Emanuele Vannucci, del Centro interaccademico per le scienze attuariali e la gestione dei rischi (Cisa), ricercatore presso l’Università di Pisa. L’incontro è stato molto interessante dal punto di vista sia scientifico che politico. Le relazioni si sono soffermate sui problemi del presente, ma tenendo sempre la profondità storica dell’analisi.

Ciocca considera il periodo dal 2000 al 2020 una fase di forte crisi economica in cui sono emersi alcuni gravi problemi, come la disoccupazione, il vuoto di domanda e la produttività ferma. Secondo Ciocca le colpe di questa grave situazione economica vanno attribuite alla classe politica italiana, alle imprese che non investono adeguatamente e allo scadimento della società civile e della classe dirigente. In questo quadro difficile, Ciocca ha dato un giudizio positivo sull’euro, considerato come una moneta formidabile. Valeria Cirillo ha sottolineato, a partire da alcuni dati statistici, l’importanza della trasformazione del lavoro in Italia: dall’occupazione a tempo indeterminato siamo ormai sempre più passati a contratti a tempo determinato e part-time.

Secondo Cirillo sono i servizi piuttosto che il manifatturiero che danno lavoro in Italia. L’analisi proposta individua alcuni problemi strutturali dell’economia italiana: una manodopera a basso costo, bassa produttività e crescita stagnante. Le analisi di Roberto Boschi ed Emanuele Vannucci hanno invece proposto possibili soluzioni per una ripresa economica. Boschi individua alcune cause del declino. Ad esempio, dal lato dell’offerta, il basso livello di competizione nel mercato del lavoro e in particolare in molti settori non esposti alla concorrenza, non ha stimolato gli investimenti. Dal lato della domanda, invece, abbiamo avuto una ventennale politica di contenimento del deficit pubblico – con ininterrotti avanzi primari fino dal 1996 – che ha contribuito ad abbassare la domanda interna ed innescare una spirale perversa di stagnazione di investimenti e consumi. Ma emergono anche importanti e crescenti trend positivi; ne citiamo alcuni: la tenuta della produzione industriale, la tenuta del livello di automazione e l’azzeramento del debito netto. Secondo Boschi i dati ufficiali potrebbero sottostimare l’upgrade qualitativo che è avvenuto negli ultimi venti anni e che è tuttora in corso. Emanuele Vannucci, infine, ha suggerito che l’opposizione fra economia finanziaria ed economia reale potrebbe essere superata. Esiste infatti la possibilità di utilizzare gli strumenti finanziari per sostenere la crescita, purché vi sia stabilità politica e la classe di governo sia lungimirante e in grado di attuare e portare a termine ambiziosi progetti di riforma, scommettendo sulla crescita che ne deriva. Le relazioni hanno avuto un carattere puntuale. L’analisi politica emerge però chiaramente. L’Italia potrà tornare a crescere se si archivierà l’instabilità politica e le sue classi dirigenti saranno in grado di guardare con competenza e lungimiranza al futuro.

              

 

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