Uno spettacolo semplice e bello, quello proposto dalla Compagnie Adrien M & Claire B sabato e domenica in Cavallerizza.
Con quel tanto di poesia da renderlo adatto alla cornice teatrale pur in assenza di un sostrato di significati o messaggi, Cinématique (versione 2015) è un viaggio onirico in un subconscio tecnologico, denso di eleganza e immaginazione.
Si tratta di una performance molto adatta ai tempi per l’uso della tecnologia e per la sua rappresentazione, esplicita ed evocativa al tempo stesso. Una messa in scena in cui il fattore informatico è sia utilizzato che rappresentato e diventa così occasione di interazione.
Un giocoliere e una danzatrice si muovono all’interno di una scena in continua evoluzione e movimento, in cui il terzo protagonista è proprio l’ambiente: matematico e immaginario, esso viene proiettato sulla scena ed è in grado di modificarla (virtualmente) costringendo le persone fisiche a rapportarcisi in funzione dei suoi cambiamenti.
Una soluzione che alla fine risulta infinitamente suggestiva, perché appunto sembra proiettare l’intelligenza artificiale alla conquista dell’esperienza artistica, riempiendo il vuoto che da sempre la distingue, nelle sue multiformi e ambiziose potenzialità, dall’essere umano: dotarla di libero arbitrio, di sensibilità empatica.
Il fatto poi che ci siano un giocoliere e una danzatrice in scena, capaci con la loro abilità di illudere l’occhio, di ipnotizzarlo, di attrarlo e distrarlo con l’eleganza dei gesti e la magia dei movimenti contribuisce sostanzialmente ad una rappresentazione, breve e intensa, di un piccolo viaggio della e nella mente.
Non a caso si tratta di uno spettacolo a cui hanno partecipato anche molti bambini, che credo abbiano potuto comprenderlo e apprezzarlo perché l’assenza di una “storia” e l’effetto dei gesti e delle scene rendeva la rappresentazione quasi una favola, un luogo in cui la fantasia prendeva forma.
Batto sul chiodo -l’unica cosa ad essermi mancata in effetti in questa rappresentazione – del messaggio. Credo sia un’esigenza che va decisamente al di sopra degli intenti voler cercare di dare interpretazioni alla messa in scena, che rimane allegramente leggera e priva di qualsiasi sostrato “intellettuale” che possa essere interpretato, in un modo o nell’altro, come metafora di qualcosa. Un gioco, più che altro, che ha nel movimento reale e virtuale il suo giocattolo.
Lo spettacolo rimane un’’esperienza in sé di magia, bellezza in movimento, stupore, senza cercare altro, senza voler dire di più.