Macché Chianti o Brunello, il vino italiano più conosciuto in Cina è la Vernaccia di San Gimignano. Fredda, elegante, docg, campeggia sulle tavole e nei ristoranti per cinesi ricchi, visto che una bottiglia a Shangai viene a costare non meno di 35 euro (contro una fascia di prezzo fra i 5 e i 16 euro in Italia). Tutto sommato neanche un’esagerazione per un bene di consumo che è quasi un “cult”. Intanto per i vini italiani in Cina il 2011 è un vero e proprio boom: più di 93 milioni di dollari esportati, pari ad un incremento del 91% rispetto all'anno precedente (quando erano circa 49 milioni), secondo i dati dell'Ice.
“Il consumo cinese di Vernaccia non è facilmente quantificabile – spiega la presidente del Consorzio del vino senese Letizia Cesani – ma abbiamo avuto modo di verificare, talvolta con sorpresa anche da parte nostra, che il nostro marchio è il più conosciuto fra i vini italiani”.
L’Italia, a differenza della Francia, ha stentato a trovare una giusta collocazione sul mercato cinese. Da una parte perché i vini di alta gamma sono poco conosciuti e subiscono la concorrenza della notorietà di quelli francesi, mentre i vini di fascia media non sono particolarmente concorrenziali con quelli cileni o australiani. Da alcuni anni però le cose sono cambiate. Il 2011 è stato da record per tutte le esportazioni del vino italiano: 11 milioni di ettolitri esportati solo nel primo semestre, con performance in forte crescita in Russia e in Cina, oltre che nei mercati storici di Germania, Regno Unito e Stati Uniti. L'attuale quota dell'Italia è di poco più del 6% del totale delle importazioni di vino dei cinesi (contro il 55% della Francia). Ma la politica commerciale del nostro paese si sta facendo sempre più aggressiva. “Le attese per l’export di bianchi in Cina il prossimo anno è di una quota del 38% del totale dei vini italiani” prosegue Cesani. E in questo segmento la Vernaccia si è conquistata un peso crescente, pur nella sua limitata nicchia produttiva: 90 aziende agricole su un territorio di 900 ettari e circa 5 milioni di bottiglie prodotte in totale. Il 45% della produzione è destinata all’export, Stati Uniti e Germania principalmente, ma c’è grande attenzione ai nuovi consumatori del mondo: “la previsione per quest’anno è di una inevitabile contrazione dei consumi interni di vino e dunque i produttori si stanno organizzando per l’export sui mercati emergenti”. Certo se la Cina intera deciderà di consumare Vernaccia ne resterà davvero poca per noi…
La Cina rappresenta uno sbocco crescente anche per una delle più prestigiose tenute di San Gimignano, villa Cusona dei Guicciardini Strozzi: 6/700mila bottiglie prodotte in un anno, di cui 250mila Vernaccia. “Per noi la Cina più che un partner attuale rappresenta un futuro molto promettente. Lo scorso anno l’export verso quel paese è stato poco più del 10% del totale, ma le richieste aumentano” sottolinea il direttore della tenuta Ivaldo Volpini.
“La Toscana, insieme al Piemonte, è una delle regioni più gettonate in Cina” fa sapere Fabio Carlesi, segretario generale dell’Ente vini Enoteca italiana, da quattro anni presente a Shangai con una propria società di promozione e vendita. “L’export dei vini italiani ha avuto performance esplosive: prima i cinesi preferivano i rossi, ma adesso stanno scoprendo anche i nostri bianchi”. E la Vernaccia deve il suo recente successo anche alla loro opera puntuale, incisiva, di promozione dei nostri vini nel mondo.
foto: http://vini-cantine.lifeandtravel.com/toscana/vini-in-primo-piano/vernaccia-di-san-gimignano-docg.html