Si chiama calcio.
E’ lo sport più bello del mondo. Cala, cala…
E’ lo sport più “parlato” in Italia. Ah, ecco, così va meglio.
Chi più chi meno, tutti hanno tirato calci a un pallone, e in virtù di questo si sentono in diritto-dovere di dare degli asini agli allenatori, oppure di complicare il giochino, vaneggiando di estrazioni del lotto travestite da moduli tattici (4-4-2, 3-4-1-2 e via di questo passo), come se davvero fosse un giocatore schierato mezzo metro più avanti o più indietro a fare la differenza.
E’ un gioco che non è semplicemente un gioco, per molti è una fede, addirittura una ragione di vita. Ma non per questo merita il rispetto da parte di chi continua a chiedersi cosa abbia di così speciale, infestato com’è da simulatori tra chi lo gioca e luoghi comuni tra chi lo racconta.
Ed è proprio su questi ultimi (luoghi comuni, frasi fatte e svarioni giornalistici) che vogliamo soffermarci in questo viaggio a puntate.
Palla al centro, iniziamo subito.
(durante una telecronaca): “E’ il risultato giusto, perlomeno fino a questo momento”.
Beh, certo. Non potendo leggere il futuro è improbabile che sia il risultato giusto in base a quello che deve ancora succedere.
(durante una telecronaca): “Entrambe le squadre cercano di non perdere facilmente il pallone, perché poi faticano a riconquistarlo”.
Dal che si evince che esistono squadre che perdono volentieri palla, perché poi sono brave a riconquistarla.
La Tal Squadra ha pagato l’inesperienza nelle competizioni internazionali.
E’ noto infatti che nelle competizioni internazionali le avversarie giocano in dodici, a volte in tredici, il campo di gara è quadrato anziché rettangolare, gli arbitri non ci sono e, soprattutto, al posto delle porte ci sono i canestri.
Questo è uno degli argomenti più affascinanti in assoluto. In sostanza la tesi è che calciatori poco abituati a giocare competizioni europee (nel caso di squadre di club) o competizioni internazionali (nel caso di squadre nazionali), paghino dazio all’inesperienza. Come se fosse un altro sport, con regole diverse. Vada per l’aspetto emotivo, ma oltre non riusciamo proprio ad andare. A noi verrebbe da semplificarla, dicendo che alzandosi il livello (una Champions League è ovviamente mediamente più qualitativa di una Serie A qualsiasi), è meno facile vincere, ma per fortuna siamo tra i pochi in Italia che non capiscono nulla di calcio, quindi andiamo avanti.
Il tal giocatore è bravo a procurarsi il rigore.
Truffa. Fuori da un campo di calcio si chiamerebbe così.
Palo, che sfortuna.
Funziona così: palo-fuori è sfortuna, palo-gol però non è fortuna, ma precisione chirurgica dell’attaccante. Tiro fuori di un millimetro è sfortuna, tiro dentro di un millimetro però non è fortuna. Boh.
(fine prima puntata)