(quattordicesima e ultima puntata)
Il calcio che cambia (assieme alla lingua italiana).
Una volta, e non stiamo parlando di secoli fa:
– non esisteva il giro palla (tantomeno il tiki taka);
– non esistevano le seconde palle, figurarsi i secondi o i terzi tempi sui colpi di testa (prego?);
– nessuno accorciava il campo o attaccava gli spazi;
– i falsi nueve…boh. Falsi che?;
– i laterali alti e bassi non erano ancora stati inventati (c’erano i terzini e le ali);
– i difensori centrali erano un concetto ancora da elaborare (c’erano lo stopper e il libero);
– il playmaker, il fantasista e il centrocampista interno erano termini senza significato (c’erano il mediano, volendo addirittura il centromediano metodista, il regista o al massimo la mezzapunta e la mezzala);
– le marcature preventive…boh. Marcature preventive?
– nessuno si sognava di analizzare il gioco tra le linee;
– nessun telecronista si azzardava a dire “senza soluzione di continuità”, “segnatamente” o a parlare del “campo per destinazione”; lo avrebbero preso in giro persino gli amici al bar.
Eppure, al netto di tutto ciò, il calcio viveva ugualmente di vita propria. E se la passava pure meglio di quello di oggi.
La perversione dei corsi e ricorsi storici.
I corsi e ricorsi storici sono un’affascinante perversione, tipo le trasmissioni di due ore sul calciomercato o la fregola di conoscere in anticipo le formazioni. Vista la rapidità con cui cambiano giocatori e allenatori, che senso hanno i corsi e ricorsi storici? Assodato che la Pincopallese United del 2019 non può essere la Pincopallese United del 2009, nemmeno la Pincopallese United del 1999 e tantomeno la Pincopallese United del 1989 (altri giocatori, altri allenatori, altre categorie), che importanza può avere o che curiosità può suscitare il fatto che non vinca contro il Real Vattelapesca o nella tal città dal 1979, quando oltretutto dal 1979 ad oggi ci saranno state sì e no quattro occasioni di incrociarsi?
Le partite da sospendere.
Premesso che è giusto, anzi giustissimo, sospendere una partita in caso di insulti a sfondo razzista (però attenzione: è razzismo o maleducazione? Se un giocatore è pelato gli urlano del pelato di m…, se è grasso del ciccione di m…, se ha una bella moglie del cornuto, se è di colore…cosa gli urleranno mai quei cafoni che ricorrono sistematicamente all’offesa?), premesso comunque che nei casi accertati di razzismo è giustissimo fermare le partite, non sarebbe anche il caso di farlo per i giocatori che, dopo aver segnato, fanno il gesto del cuore con le due mani unite verso la fidanzata in tribuna?
Imbarazzanti.
Dalla panchina non si vede una mazza. Ma agli allenatori sta bene così.
Esiste un motivo particolare per cui gli allenatori, dopo aver minuziosamente preparato in settimana la partita, dopo aver scartavetrato la pazienza dei giocatori leggendo e rileggendo i moduli propri e altrui, mostrando pregi e difetti della squadra avversaria in interminabili sedute video, la domenica decidono di NON vedersi la partita della propria squadra, piazzandosi in panchina a bordo campo? Parliamoci chiaro: dalla panchina, ad altezza giocatori, non si vede una mazza.
E’ un po’ come se un pittore , dopo aver dipinto ed esposto un quadro di un metro per due, se lo guardasse da 30 centimetri di distanza e dal basso.
Perché non vanno in tribuna i mister a vedersela dall’alto la partita, lasciando a un urlatore del proprio staff il compito di dare indicazioni? Problemi di comunicazione al giorno d’oggi coi super telefonini non ce ne sono. Poi per carità: contenti loro (di non vedere una mazza), contenti tutti.
(fine di questa inutile rubrica. Che tanto 14 puntate per sparlare sono state francamente troppe. Il calcio di oggi non è così interessante)