Ciance da Bar Sport atto V

(quinta puntata)

Il “ritocchino” all’ingaggio, a contratto ancora in essere.
Premessa doverosa: di Maurii Icardii e Wandee Naree frega niente. Il problema è che la discussione si è spostata dal centro alla periferia. Facciamo un passo indietro per provare a tornare in centro: pare di capire – leggendo e ascoltando parecchi giornalisti e opinionisti – che sia non condivisibile ma comprensibile battere cassa se si ha un contratto in essere (e oltretutto si è a metà stagione). Ci sta, se sei un top player o presunto tale. Non condivisibile ma comprensibile rompere le scatole alla propria società per chiedere un aumento, anche se l’accordo precedentemente sottoscritto dalle parti non è ancora scaduto ed è verosimile pensare che quel contratto, all’epoca, non fosse stato firmato con una pistola puntata alla tempia del giocatore e/o del suo procuratore. Se sei un top player e guadagni “solo” 4-5 milioni di euro a stagione (c’è da vergognarsi anche solo a scriverla, una roba così), non è condivisibile ma comprensibile chiedere un aumento, un adeguamento contrattuale ai 6-7 milioni che guadagna qualche altro top player. Mica vorrai fartelo scappare uno così, sai quante squadre sarebbero pronte ad accoglierlo e a dargli quello che chiede?
Che poi sarebbe anche bello capire, per noi comuni mortali, che differenza fa prendere 4 o 7 milioni, assodato che sei ricco da imbarazzare e che non dovrai mai andare a lavorare in catena di montaggio (peccato, perché una bella settimanella ogni tanto farebbe bene). Andiamo oltre, i numeri citati sono quelli della vicenda Icardi, ma il discorso vale per mille altre situazioni simili nel mondo del calcio. Fermiamoci un attimo, tutti quanti. Un minuto di silenzio. In effetti è la prassi, anche fuori dal mondo del calcio. Come no. Andate pure dal vostro capoufficio, con in tasca un contratto a tempo determinato, a chiedere un aumento, lasciando magari intendere di avere ricevuto un’altra opportunità lavorativa meglio retribuita. Vedete come va a finire, andate pure. Come dite? Populismo da Bar Sport, non si possono paragonare calcio e vita vera? Giusto, perbacco. Ma la decenza è trasversale. E che buona parte del giornalismo di settore non si scandalizzi e reputi tutto sommato “normale” – ad accordo ancora in essere – ridiscutere ciò che si era sottoscritto poco prima, e che le società di calcio non abbiano il coraggio di dire “o così o arrivederci e grazie” a chi batte cassa quando non ne ha il diritto, fa semplicemente schifo.

Dizionario ancelottese-italiano.
“Per quello che ha fatto, non ci è sembrato giusto negargli questa opportunità”, ha detto mister Carlo Ancelotti a proposito del trasferimento di Marek Hamsik in Cina. Traduzione in italiano corrente e sincero: “Marek, puoi andare, grazie di tutto”.

(durante una telecronaca): “Annullato il gol, era una buona occasione per segnare”.
Eh beh, sì, non c’è male.

Il doppio bordocampista.
Ormai è la deriva. Nei quarti di finale di Coppa Italia, in diretta Rai, è spuntato il doppio bordocampista, uno per ogni panchina. E ovviamente non sono mancate notizie interessantissime e utilissime tipo il bomber che manda baci al pubblico dopo aver fatto gol, oppure le pacche sulla spalla del mister al proprio giocatore, appena sostituito.

(durante una telecronaca): “E’ ben piazzato e chiude tutti gli specchi della porta”.
E’ una porta da calcio o una casa degli specchi?

(fine quinta puntata)

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