Firenze – Partirà martedì 7 maggio con la proiezione di “Rimetti a noi i nostri debiti” del regista Antonio Morabito, che sarà presente in sala, la 14/ma edizione di “Ciak sul lavoro”, rassegna cinematografica organizzata da Filcams Cgil e Associazione Anémic, in collaborazione con Spazio Alfieri (via dell’Ulivo, 6). La manifestazione, in programma fino al 29 maggio, proporrà sei titoli, tutti legati al tema del lavoro, sostenuti dalle testimonianze dirette dei rispettivi autori, e protagonisti, chiamati a incontrare e dialogare con il pubblico in sala.
Afferma Gabriele Rizza di Associazione Anémic: “Fra crisi invadente, disagio sociale, impoverimento culturale, età pensionabile e disoccupazione giovanile, precariato e incertezze, sfruttamento e incanaglimento, il quadro riflette lo “stato di salute” della nostra società, modificando da un lato i rapporti di forza fra capitale e lavoro, e franando dall’altro su un “nuovo” modello di sviluppo che va al di là delle reali emergenze economiche e che alla fine certo alternativo non lo è. Anzi”.
“La Filcams CGIL della Toscana e di Firenze sostengono quindi la rassegna cinematografica “Ciak sul Lavoro” perché il cinema che parla di lavoro lo fa attraverso storie e linguaggi che aiutano meglio a comprendere e ad aumentare la consapevolezza, la solidarietà e la coscienza collettiva, strumenti necessari per difendere e migliorare i diritti e la dignità delle lavoratrici e dei lavoratori, obiettivo e missione della Filcams e della Cgil” – dichiara Cinzia Bernardini, Segretaria generale Filcams Cgil Toscana.
IL PROGRAMMA
Si comincia martedì 7 alla presenza del regista Antonio Morabito con Rimetti a noi i nostri debiti, in anteprima per Firenze e primo film italiano originale prodotto da Netflix, che vede tra i protagonisti la premiata coppia Marco Giallini e Claudio Santamaria. Quasi un racconto morale che si divide fra cinismo e istinto di sopravvivenza, fra pubblico e privato, casa e lavoro, sullo sfondo di una Roma cupa e difficilmente riconoscibile. Morabito privilegia atmosfere claustrofobiche, scene in penombra e una fotografia desaturata, che incornicia le anime perse di questo girone dantesco. Film metaforico, una storia sospesa tra il grottesco e gli assurdi contrattempi della realtà, riflessione noir che riduce il mondo contemporaneo a un infernale sottobosco di poteri corrotti, dominato dalla tirannia del denaro. E dove si fa strada prepotente la questione sul libero arbitrio.
Mercoledì 8, ospite il regista Jacopo Quadri, tocca a Lorello e Brunello, ovvero i gemelli Biondi, contadini di un’utopia bucolica assediata dal mercato globale che vivono e coltivano il loro podere a Pianetti di Sovana, in Maremma. In quattro parti, dall’estate alla primavera, il film ne segue per un anno le vite, a mungere e vegliare, con la minaccia dei lupi che stanno ripopolando le macchie, le albe, la polvere, i recinti, il fieno, le morti e le nascite, gli animali. Il caldo, la siccità, la notte. Il tempo. La solitudine. Un film sul lavoro, la terra, le stagioni. Gesti antichi e precisi, ostinazione e sconforto, rabbia e passione. Quadri affronta in filigrana la crisi della società rurale e della cultura materiale, narra le sue dittature e i suoi resistenti, mettendo in discussione il potere della grande macchina industriale. Documentario in movimento perpetuo che non smette di spostare le zolle e di “interrogare” i suoi protagonisti.
Martedì 14 maggio, accompagnato dall’autore, sarà la volta di Il tuttofare di Valerio Attanasio, brillante esempio, moderno e scattante, di quel genere principe del nostro cinema, che fu la commedia all’italiana dei Risi, dei Monicelli, dei Comencini. Una commedia cattiva ma non acida, comica ma non farsesca, brillante ma non umoristica. Una storia “lineare”, densa e ritmata, compatta nella narrazione e leggera nello svolgimento. Sostenuta da un quartetto di attori in stato di grazia (strepitoso l’avvocatone che sa di latinorum di Sergio Castellitto). Specchio tragicomico del Belpaese, professionalmente annodato nelle maglie della “spintarella” e perennemente avviluppato nel giochino della raccomandazione e del veniamoci incontro. Naturalmente a fin di bene.
Mercoledì 15 sbarca il Collettivo Terzo Segreto di Satira con la sua opera prima Si muore tutti democristiani, dal chiaro riferimento autobiografico. Per i tre videomaker protagonisti del film, che realizzano documentari a tema sociale, e faticosamente provano ad arrivare a fine mese, è l’ora della rivincita: un doc per una onlus giudiziariamente chiacchierata, coinvolta in uno scandalo di riciclaggio di denaro e truffa ai danni degli immigrati. Che fare? Cinico e baro come il destino, sullo sfondo di un’Italia in crisi, che contrasta con le passioni e i sogni di cui si nutre, il film costruisce una riflessione ironica e tagliente sulla situazione contemporanea del Belpaese. Il titolo cita la prima pagina del manifesto del 28 giugno 1983, il giorno dopo le elezioni politiche.
Mercoledì 22 saranno Giancarlo Fontana e Giuseppe Stasi a parlarci del loro Metti la nonna in freezer, titolo esilarante per una storia dolceamara, ai limiti dell’assurdo, fra equivoci e travestimenti, con Fabio De Luigi, Miriam Leone e Barbara Bouchet. Commedia grottesca e scoppiettante sulla difficoltà di tirare avanti ai tempi della crisi dal retrogusto anglosassone, ma che nasce da una amara riflessione, in un contesto squisitamente nostrano: la precarietà abbinata all’insolvenza dello Stato che rendono il welfare famigliare l’unica àncora di salvezza. Opera prima di Fontana e Stasi, registi poco più che trentenni, diventati famosi grazie ad alcuni video virali diffusi sul web e ai cortometraggi realizzati per Sky e Sabina Guzzanti.
La chiusura della rassegna mercoledì 29 è affidata al film Le nostre battaglie di Guillaume Senez, presentato a Cannes 2018 e premio del pubblico e premio Cipputi all’ultimo Torino Film Festival, che sarà presentato dalla sceneggiatrice Raphaelle Desplechin. Al centro del film ci sono il lavoro, la famiglia, il sindacato, la solidarietà. Valori destinati a scontrarsi con la realtà molesta dei nostri tempi. Marito stordito, padre amorevole, lavoratore solidale, uomo solo, compagno deluso, Roman Duris imprigiona nel suo volto tutti i segni dell’inquietudine e dell’inadeguatezza. Senez gira con coerenza e rigore, senza fronzoli e scene madri. Segue le stagioni del cuore e i ritmi della giornata, intercetta le sfumature psicologiche dei protagonisti, con uno stile asciutto che unisce l’immediatezza alla Dardenne alla precisione formale.
Foto dal film “Il tuttofare”