Quell’incipit del primo messaggio pubblico – “ Fratelli e sorelle, buonasera!” – già indica uno stile ben diverso da quelli a cui siamo stati abituati.
Recentemente l’Arcivescovo di New York Timothy Dolan ha ricordato alcuni degli altri piccoli atti significativi, come il rifiuto, nel saluto ai porporati, a sedersi sul trono, restando in piedi per rimanere allo sesso livello dei cardinali e il fatto che sia andato dai due cardinali più anziani e infermi per evitare che dovessero mettersi in coda, e ne ha sottolineato il suo unico protocollo, la sincerità. E poi, nell’omelia, la ripresa del tema della tenerezza e della misericordia (“Lasciamoci avvolgere dalla misericordia di Dio, confidiamo nella sua pazienza che sempre ci dà tempo …”) e molto altro ancora, come tutti sappiamo.
Vorrei ricordare anche la sua posizione sulla “teologia della liberazione”, sulla quale negli anni settanta nel Sudamerica acceso era il dibattito; Bergoglio non condivise le aperture di diversi membri importanti del suo ordine e assunse una posizione più moderata. Ma durante gli anni della dittatura argentina, si impegnò in prima persona per offrire rifugio e protezione ai religiosi perseguitati per la loro vicinanza alla teologia della liberazione. Il Colegio Máximo dei gesuiti, di cui era il provinciale, divenne in quel periodo una centrale di soccorso dove veniva fornito un nascondiglio sicuro e una via clandestina per poter lasciare il paese.
E ancora, il recente insolito invito rivolto da Papa Francesco a una organizzazione cattolica statunitense: “Siate testimoni della bellezza e della verità della sessualità umana”.
Perplesso mi lascia invece un’altra affermazione di Dolan, che leggo sulla stampa: “Ci sta riportando a San Pietro, agli Atti degli Apostoli, alla Chiesa dei primi secoli …”
Mi auguro che non sia così, almeno rispetto ai primi secoli.
A cavallo del I e II secolo una specie di proto catechismo cristiano spiegava il modo per finanziare i profeti e coprire le spese della comunità: “Prenderai perciò le primizie di tutti i prodotti del torchio e della messe, dei buoi e delle pecore e le darai ai profeti, perché essi sono i vostri Sommi Sacerdoti.” E prosegue dicendo che, se i poveri dicono di venire nel nome del Signore, dovranno sempre essere ospitati, ma al massimo per tre giorni; ma, se decideranno di restare di più, dovrà ad essi essere trovato un lavoro.
Ma in seguito, gradualmente, venne affermandosi il potere monarchico dei vescovi e, due secoli dopo, l’originale messaggio del Vangelo fu in parte oscurato da dispute dottrinali e da vere lotte per il potere. A partire dal quarto secolo, sono accadute anche cose tremende che non possiamo dimenticare: la storia di cristiani che perseguitano non i pagani, ma altri fratelli cristiani. Con Costantino inizia questa triste storia e, da quando, con Teodosio, il cristianesimo divenne l’unica religione ammessa nell’Impero che si stava sgretolando, queste persecuzioni peggiorarono in crudeli lotte contro le eresie.
Con Costantino veniva introdotto nel diritto dell’Impero il riconoscimento giuridico dell’eretico come un morbo letale, una sciagura da trattare con misure di pubblica sicurezza per reciderne al più presto le radici. A Costantino, per ragioni di stabilità del potere e dell’unità dell’Impero, serviva una Chiesa unita. La Chiesa incominciava a diventare uno stato nello stato; in seguito il clero ricevette doni favolosi dalle spoliazioni dei pagani.
Istruttiva, in proposito la lettura di “La Chiesa … dopo Gesù” di Roberto Renzetti.
Cito alcuni fatti.
Man mano che la Chiesa si costituiva come sistema di potere, il clero si dette una gerarchia e si affermò come autorità, all’inizio acquisita per meriti spirituali, ma in seguito conquistata con lotte anche molto dure. Di conseguenza crebbe l’insoddisfazione verso la gestione gerarchica delle diocesi, con la formazione di differenti sette cristiane, e nascevano le eresie.
Il vescovo di Antiochia, Ignazio, intorno all’anno 110, scrivendo agli Efesini,definiva gli eretici “bestie feroci, incurabili e cani idrofobi che mordono furtivamente”.
Ireneo di Lione (130-202), uno tra i primi Padri della Chiesa, definiva l’eretico portatore di ogni malvagità e in particolare che gli gnostici “erano dediti alla lussuria, … erano schiavi degli impulsi della carne, … disonoravano le donne, … praticavano incantesimi, … usavano formule magiche, … preparavano filtri d’amore”. (Lo gnosticismo era un movimento complesso che si è sviluppato nel II secolo).
Le due eresie con il maggior seguito, intorno alla metà del II secolo furono il montanismo e il marcionismo. La prima, di carattere apocalittico, prende il nome da chi la sviluppò, Montano, sostenitore del ritorno al Cristianesimo delle origini. Il movimento creò una contraddizione tra la pratica di vita di molti cristiani contemporanei e la profonda moralità del Cristianesimo primitivo e rendeva superflua la gerarchia della Chiesa. Per questo le comunità cristiane di allora lo considerarono eretico. La diffamazione fu uno degli strumenti di contrasto ai montanisti; secondo uno scrittore fedele alla Chiesa, tal Cirillo, Montano avrebbe “macellato piccoli bambini, tagliandoli in minuscoli pezzi per un infame banchetto”. La Chiesa perseguitò i montanisti fino alla loro sparizione quando, nel VI secolo, con il sostegno dell’Imperatore Giustiniano, fece bruciare le case dova risiedevano, con all’interno donne e bambini.
L’eresia marcioniana nacque nella stessa atmosfera spirituale di quella montanista e durò finché la Chiesa non ebbe un riconoscimento ufficiale, a partire da Costantino, dopodiché gli imperatori che si susseguirono la distrussero, su richiesta pressante della Chiesa stessa. Anche Marcione, il fondatore, nato intorno all’80, nella sua predicazione partiva dalla constatazione del venir meno dei costumi etici delle comunità cristiane, ormai in mano a ceti borghesi con maggiori disponibilità economiche dei primitivi destinatari dell’insegnamento di Gesù. Egli cercava di riportare il Cristianesimo ad essere la religione dei diseredati, a fare dell’amore verso il prossimo il suo nucleo centrale. Almeno fino al IV secolo, i seguaci di Marcione dominavano dalla Mesopotamia all’Egitto, al Mare del Nord.
La Chiesa cattolica reagì diffamando Marcione e i suoi seguaci. Giustino di Nablus (100-164 circa): Marcione “con l’aiuto dei demoni, è riuscito a far sì che molti pronuncino bestemmie … Se poi compiano quelle nefandezze di cui si favoleggia, … accompiamenti impudichi e pasti di carne umana, non sappiamo”. Il già citato Ireneo considerava Marcione un uomo senza pudore e un bestemmiatore e additava i suoi seguaci come bersaglio di bastonature: “Non vogliamo solo additare le bestie, ma anche colpirle in ogni modo”. E un dottore della Chiesa del IV secolo, Efrem, definì i marcioniti “lupi razziatori, sporchi maiali, spaventevoli sacrileghi”.
Non sono entrato qui nelle sottili dispute dogmatiche, che spesso venivano strumentalizzate in veri e propri scontri di potere che volevano dire, per esempio, assegnazione di vescovati, quindi influenze e ricchezze.
Et de hoc satis.