Regìa: Russel Crowe
Top star: Russel Crowe
Australia, Turchia, USA 2014
Soldato semplice
Regìa: Paolo Cevoli
Top star de noantri: nessuno
Italia 2015
Il Gladiatore contro l’assessore alle varie ed eventuali, Palmiro Cangini. Da una parte sua maestà Russel Crowe, dall’altra il comico Paolo Cevoli, distanti anni luce ma accomunati dall’esordio registico. Solo al cinema e solo su queste colonne si può tentare un confronto del genere. E per andare subito al dunque: chi vince? Meglio Water Diviner o Soldato Semplice?
Calma.
Stando alla critica nessun dubbio, quello di Crowe è un mezzo capolavoro. Solita esagerazione, ma ci sta. Con lo status che si è guadagnato Crowe – che parte sempre da un calcio di rigore a porta vuota, grazie alla voce del doppiatore italiano Luca Ward – probabilmente anche un suo presepe vivente verrebbe considerato da Oscar. Water Diviner tecnicamente non delude: ben fatto, ben fotografato… State aspettando la bastonata dopo la carota, vero? Eccola: il film, pur essendo politicamente corretto (dedicato a tutti i dispersi della Prima Guerra Mondiale) non fa presa. La scena madre, la sorpresa che teoricamente dovrebbe far tirare fuori i fazzoletti, è tardiva, risolta sbrigativamente, e non scardina la linearità della vicenda.
Scricchiola – dal punto di vista logico e narrativo – l’amicizia che nasce col comandante turco, barcollano decisamente scene come quella in cui, per sfuggire alle forze dell’ordine, Il Gladiatore si arrampica sui tetti e la sua bella lo blocca, col rischio di farlo acchiappare, per dirgli: “Ti prego di non cadere”. Malino anche l’attore che interpreta uno dei figli e che si trova a dialogare con Crowe, in un confronto impari che infatti azzera il pathos. Se non altro l’attore potrà raccontare un giorno di aver fatto parte di un film di e con Russel Crowe. Buon per lui e male per noi.
Curioso che anche la storia proposta da Paolo Cevoli (pure sceneggiatore e produttore) sia ambientata nella Prima Guerra Mondiale, seppur in tutt’altra parte del mondo rispetto a Water Diviner. I paesaggi alpini sono un valore aggiunto, gli attori un po’ meno, tanto che viene da domandarsi perché non affidarsi a qualche volto un po’ più noto (e un po’ più bravo). Problemi di budget o scelta voluta per lasciare la ribalta a una storia che, più che di guerra, parla di rapporti umani, di coraggio e vigliaccheria? Mah.
La narrazione è semplice e Cevoli ogni tanto non resiste all’impulso di trasformarsi nell’assessore Cangini, ma c’è anche del buono, a partire dal suo personaggio, un maestro di scuola che ha idee a dir poco inusuali su Libro Cuore, piccola vedetta lombarda e religione. Un merito è che il film non è una serie di sketch, un demerito è l’incontro con il soldato austriaco più o meno a metà della pellicola, che abbassa di parecchio la “poesia” e alza i luoghi comuni.
Ma torniamo al dunque: meglio il kolossal del Gladiatore o il film dell’assessore Cangini? Premesso che la tentazione di assegnare il nostro voto a Cevoli è patriotticamente tanta, scavalchiamo il dilemma: non fossero i debutti registici di due personaggi conosciuti, staremmo qui a parlarne? No. Quindi arrivederci e grazie.